giovedì 12 maggio 2011

LA STORIA DELLA NON STORICITA DI GESU (parte 2)

 («…infatti i possessori di campi o di
case, dovevano venderli portando il denaro ricavato e deporlo ai piedi degli apostoli. […]. Ma
un tale uomo chiamato Anania, d’accordo con Saffira sua moglie, vendette un terreno e
trattenne nascostamente parte del prezzo del terreno, consapevole sua moglie, e presane la
rimanenza la depose ai piedi degli apostoli. Ma Pietro gli disse: Anania, perché Satana si è
impossessato del tuo cuore, da farti mentire al soffio [spirito] santo e trattenere per te parte del
prezzo del terreno? […] non hai mentito agli uomini, ma a Dio. Anania udendo queste parole
cadde e spirò. E grande paura si suscitò in tutti quelli che udirono ciò. […]. Quindi trascorse
quasi tre ore dall’accaduto e la moglie sua che sconosceva quanto era accaduto, entrò. Ma,
giunta presso di lui, Pietro le chiese: dimmi, avete venduto il terreno per quel prezzo? Ma lei
rispose: infatti a tanto. Il Pietro così [rispose] a lei: perché vi siete accordati per ingannare
l’animo del Padrone [il “Temuto (Elohên), Onnipotente (Sahddaj) Padrone (Adonaj) IL
QUALE È (YHAWEH) in cielo (djvô = qeoV" = deus = dio)”]? Ecco presso la porta i passi di
quelli che hanno sepolto tuo marito e porteranno via anche te. Istantaneamente lei cadde ai suoi
piedi e spirò! […] ed una grande paura prese tutta la chiesa [la comunità] e tutti quelli che
udirono ciò…») (57). Pertanto, non è da meravigliarsi se i gestori della “Chiesa cristianacattolica”
siano stati, e permangono, fondamentalmente fautori di comportamenti illegali e,
spesso, anche criminosi, poiché il loro vero “fine” è condizionare psicologicamente i propri
fedeli con promesse di premi e minacce di castighi, continuando imperterriti a convincerli
dell’esistenza di una originaria colpa collettiva e di colpe individuali da scontare. I Papi tuttora,
coadiuvati da un efferato sistema gerarchico, continuano ad organizzare frequentemente
immensi raduni di giovani, seguendo le tecniche proprie delle “ideologie totalitarie” (al pari
del nazismo, del fascismo, ecc.). per accattivarsi le loro ingenue menti immature, pertanto
facilmente condizionabili, allo scopo di garantirsi la continua sussistenza nel futuro. Con i
Papi, l’ideologia del movimento cristiano ― divulgata fin dall’origine come fondata sulla
bontà, umiltà, rassegnazione e perdono ― in pratica non ha tardato rivelarsi sempre più «…
intollerante, implacabile e minacciosa contro tutti coloro che, in un modo o nell’altro, le si
oppongono o che, più semplicemente, si rifiutano di accettarla…» (58), tanto che la relativa
adesione richiede ai fedeli una completa accettazione incondizionata di pratiche fino a poter
implicare difficoltà nelle relazioni socio-ambientali laiche. D’altra parte, secondo Matteo (XII,
30) e Luca (XI, 23) l’inventato personaggio Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di
Giuseppe), spacciato come fondatore del cristianesimo, avrebbe detto, con tipica mentalità
paranoiacale, che “chi non è con lui è contro di lui”, per cui gli adepti al cristianesimo
dovevano considerare come nemico chiunque non era cristiano. Ancora peggio, secondo
Giovanni (XV, 6), il medesimo fantomatico personaggio avrebbe affermato: “Se alcuno non
rimane con me, sia gettato fuori come il sarmento e secchi, e si raccolga e si metta nel fuoco, e
si bruci”! Si pensi alle conseguenze che questa affermazione ha avuto soprattutto nell’ambito
della “Santa Inquisizione”! Questa posizione di forza che il cristianesimo assume contro tutto
ciò che si oppone alla sua espansione appare particolarmente evidente nella lunga invettiva
contro i farisei che Matteo (XXIII, da 1 a 38) pone in bocca al predetto personaggio. Poiché i
farisei, costituendo la corrente politica di rivendicazione della nazione ebraica, come sottolinea
Ricca (1979), «…vedevano, e a ragione, nel nascente cristianesimo un pericoloso movimento
antinazionale che, dopo essersi appropriato del loro Messia, lo aveva svuotato di quel
significato politico che era associato alla sua attesa. Al rifiuto dei farisei di accettare questa
deformazione della loro religione, i compilatori dei Vangeli rispondono aggiungendo,
all’appropriazione indebita, la diffamazione. […]. Se, nel[la] Genesi [del Vecchio Testamento],
la ferocia è palese, nei documenti del Nuovo Testamento essa è mascherata da una patina di
amorosa sollecitudine che consentirà alla Chiesa di spacciare le più nefande atrocità per opere
di bene; i suoi sacerdoti poterono spingere il loro pietoso zelo fino a bruciare sul rogo (previa
confisca dei beni) decine di migliaia di esseri umani, nel pio intento di salvare le loro
anime…» (59). L’ideologia del “Cristianesimo” (“Untianesimo” “Messianesimo”) che,
secondo i redattori dei Vangeli, sarebbe stata suscitata dallo storicizzato Yeschuah Bar-Yosef
(Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe), indipendentemente dal fatto che egli, in realtà non è
mai esistito, dalla descrizione evangelica può essere considerato o come un astuto
rivoluzionario o come un esaltato teomegalomane oppure come un semplice entusiasta
carismatico desideroso di giustizia. Tale ideologia è stata subito carpita e sfruttata dalle classi
dominanti, le quali avevano interesse a condizionare il popolo nello spirito di sottomissione
servile, onde poter mantenere la loro impostazione feudale con la propria gerarchia imperniata
su rigide normative per l’efficace controllo delle masse popolari. Infatti, le virtù e l’onestà,
ostentate dal cristianesimo, consentivano ai ricchi detentori del potere di godere impunemente
in apparente rettitudine il diritto dei relativi privilegi, in quanto esse, nel contempo, risultavano
efficaci a persuadere i poveri a vivere con gioiosa rassegnazione nella propria miseria. Inoltre,
è comprensibile che il “cristianesimo” abbia raccolto ampio consenso dall’apparato
burocratico del potere in quanto si è dimostrato in grado di funzionare come valido strumento
per controllare le masse popolari mediante l’irresistibile effetto psicologico derivante dalla
pretesa investitura divina del potere, oltre che con l’offerta agli sfruttati della speranza di
felicità eterna ultraterrena. L’organizzazione governativa continua a ritenere la religione come
strumento fondamentale per il mantenimento del potere statale sul popolo. In ultima analisi,
non vi è alcun dubbio che la “religione” non ha altro scopo che quello di consolidare gli
interessi comuni tra i gestori dell’“organizzazione governativa” ed i gestori
dell’“organizzazione religiosa” che continuano impunemente a rendersi responsabili di ogni
genere di illegalità. I veri e propri comportamenti riprovevoli dei Papi si svilupparono nel IV
secolo, allorché essi pretesero la prosternazione ed il baciamano dei fedeli, per inasprirsi
progressivamente nei secoli successivi tanto che, come precisa Deschner (1962), «…Dal VII
secolo […] entrarono nell’uso le incensazioni al Papa invece che all’imperatore. Nel Medioevo
l’ambizione dei gerarchi cattolici divenne abnorme e, rimanendo tale, persino i Patti
Lateranensi, stipulati nel 1929 fra l’Italia e Vaticano, contengono nell’art. 21 la frase seguente:
“Tutti i Cardinali godono in Italia degli onori spettanti ai Principi di sangue”. La totale
corruzione della Chiesa ebbe inizio col suo riconoscimento ufficiale sotto Costantino I [(306-
337)] ed i suoi successori [in specie Teodosio I (378-392) e Teodosio II (401-450)]. Oggi
ormai nessuno contesta il fatto che in quel tempo nella conversione al Cristianesimo era spesso
decisivo l’opportunismo e che un’autentica esperienza interiore non era più la regola. […]. Alla
completa mondializzazione della Chiesa contribuì l’afflusso della nobiltà, che dopo
l’innalzamento del Cristianesimo a Religione di Stato ed il suo adeguamento totale ai rapporti
sociali dominanti cominciò a diventare non solo cristiana, ma persino “clericale”, giacché il
clero venne gratificato con privilegi di status sociale sempre più allettanti. La maggior parte dei
Vescovi venne così a trovarsi in una situazione invidiabile e i rappresentanti più eminenti della
Chiesa non furono per nulla inferiori ai gradi più elevati della burocrazia statale…» (60).
Pertanto, è evidente che la religione “cristiana” (= “untiana”) è inevitabilmente nata, come
tutte le religioni, dalle esigenze umane del luogo e del momento, imponendosi spontaneamente,
ma mantenutasi nel tempo per l’abilità dei suoi interessati gestori, approfittatori, costituitisi in
“gerarchia ecclesiastica”. Quindi, il “cristianesimo” non ha avuto alcun singolo fondatore,
ma è stato prodotto da una particolare società umana per soddisfare i propri bisogni. Il relativo
processo costruttivo e stato magistralmente sintetizzato da Bonanate (1994) come segue: «…
Anche il cristianesimo, come tutte le religioni, è un prodotto dell’uomo, e l’uomo all’inizio
dell’era volgare si è costruito una religione in grado di rispondere a bisogni, consci o inconsci,
che egli aveva. Il cristianesimo si è imposto perché dava qualcosa di più delle altre religioni
allora esistenti. Sia quella pagana, sia quella giudaica, benché in modi e per motivi diversi,
lasciavano poco spazio al singolo: la prima lo sommergeva nei valori atavici della città, la
seconda nei valori etnici del popolo. La grande novità introdotta dal cristianesimo fu l’idea e la
realtà di una chiesa, cioè di un gruppo al quale si aderiva rimanendo membri della città o del
popolo in cui si era nati, capace però di trasmettere maggiori certezze illusorie di quelle che
ambedue sapevano conferire. La gerarchia ecclesiastica vedeva nella “successione apostolica”
[…] la garanzia dell’insegnamento impartito, in una fedeltà rigorosa al “deposito della fede”,
trasmesso senza interruzioni fin dal momento della fondazione della chiesa. Per questo motivo
proclamava di avere il potere e il compito di definire ciò che è verità e di assoggettare i fedeli
al suo ossequio. Quella verità [che, in realtà, era menzogna spacciata per verità] non la
conquistava la ragione (e quindi non si identificava con l’autentica verità filosofica), ma
apparteneva all’organismo suo custode, con il quale si trovava in un rapporto esclusivo e
determinante. Dal punto di vista sociologico si trattava di una innovazione di rilevante portata,
in quanto spostava l’accento da nozioni […], appartenenti all’esperienza irriflessa di qualsiasi
uomo (pagano o ebreo), al gruppo nel cui interno risiedeva tutta la “verità” […] resa
patrimonio comune di chiunque volesse accettarla…» (61). D’altra parte, nell’Opera «
jAlhqhV" lovgo"» («Discorso veritiero»), composta intorno al 170 d. C. dal filosofo platonico
Celso (II sec. d. C.) il rapido diffondersi del cristianesimo è attribuito all'impressione suscitata
nelle menti incolte dalle spaventose immagini del giudizio universale e del fuoco eterno
infernale quale punizione divina per i “peccati” commessi (62). Il personaggio, storicizzato col
nome Yeschuah Bar-Yosef (Gesù [il “Cristo”] Figlio di Giuseppe), inventato ed imposto, con
ogni evidenza non prima dell’esordio del III secolo, dai redattori dei vangeli come ispiratore
del “cristianesimo”. Ma, dalle descrizioni evangeliche risulta che egli, secondo la sua
esaltazione mentale (63), si sentiva semplicemente investito del compito di preparare l’umanità
alla presunta imminente “fine del mondo” ― che, in base alla fallita previsione profetica, si
sarebbe dovuta verificare nella stessa epoca della propria generazione ― ed al conseguente
giudizio divino secondo la mistica escatologica ebraica (66). Pertanto, non avrebbe
assolutamente potuto voler istituire una nuova religione! Tuttavia, come precisa Rodríguez
(1997), la Chiesa cattolica, nonostante ciò, «…continua a tener vivo l’inganno di considerarlo
come colui che ha instaurato l’istituzione e i precetti, i quali altro non sono che necessità
giuridiche ed economiche di una determinata struttura sociale delineatasi nel corso dei secoli a
colpi di decreti […]. Gesù […] [come descritto dai redattori dei Vngeli (Marco IX, 1; Matteo
XVI, 27-28; Luca IX, 27)], era convinto che il mondo sarebbe arrivato alla sua fine prima del
passaggio di una generazione [chiara “convinzione illusoria” “idea delirante”, altrimenti, se
non fosse stato “convinto” di quanto a breve scadenza si doveva rivelare una predizione fallita,
rientrerebbe, a buon diritto, nella numerosa schiera dei ciarlatani di ogni epoca]…» (65
LXXVII. LA STORIA DELLA “NON STORICITÀ” DI YESCHUAH BAR-YOSEF
(GESÙ [IL “CRISTO”] FIGLIO DI GIUSEPPE).
FERNANDO LIGGIO