lunedì 4 luglio 2011

IMPERATRICE NUDA


Prefazione a Imperatrice nuda

È una circostanza notevole, ma non sorprendente, che i libri più importanti sulla medicina degli ultimi trent’anni sono stati scritti da non medici. I due che vengono prima alla mente sono fra loro contemporanei: Nemesi medica (1975-1976) del filosofo e sociologo Ivan Illich, e il libro che qui si presenta in una nuova ristampa, Imperatrice nuda (1976). Hans Ruesch era un romanziere di successo, prima di esibire con quest’opera una vena di critico e polemista che fa pensare ai vertici del genere, come Voltaire. 

In diversa maniera, i due libri sono capolavori di demistificazione della medicina moderna. Il primo, anche perché orientato piuttosto su un’analisi di taglio socio-culturale ed etico che su una critica scientifica, era destinato a un maggior successo accademico, ma è il secondo che aveva una maggiore capacità di impatto politico immediato. Questo spiega la tormentata storia editoriale di Imperatrice nuda, che l’autore sintetizza brillantemente nell’Appendice (1989). Ma i libri veramente importanti hanno una vitalità che impedisce di sopprimerli una volta che sono usciti (sia pure per un colpo di fortuna). Imperatrice nuda, in una versione ampliata, è stata tradotta in nove lingue, compresi giapponese, ebraico e finlandese. Ed è forse un segno di tempi migliori in arrivo se Stuart e Terry Hirschberg, i compilatori di una ben organizzata antologia per l’università americana, Past to Present. Ideas That Changed Our World (Prentice Hall 2003), hanno inserito ampi stralci della versione inglese di Imperatrice nuda accanto a brani tratti da L’origine delle specie di Charles Darwin, L’anello di re Salomone di Konrad Lorenz, e L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud. 

Illich concludeva il suo memorabile saggio con una diagnosi impietosa:

Il vero miracolo della medicina moderna è diabolico. Consiste nel far sopravvivere non solo gli individui, ma intere popolazioni, a livelli disumanamente bassi di salute personale.

In un certo senso, il libro di Ruesch spiega come questo miracolo diabolico, continuamente rinnovato, è stato ed è possibile. Una delle chiavi risiede nella metodologia della ricerca medica attuale, che in larga misura investiga i segreti della salute e della malattia umane sperimentando, spesso in maniera crudele, su animali come topi, criceti, gatti, cani, maiali, scimmie ecc.: centinaia di milioni ogni anno. Un programma di ricerca che si poteva prevedere fallimentare già in partenza (sulla base delle ben note differenze anatomiche, fisiologiche, immunologiche, etologiche ecc. tra le specie animali) è riuscito invece a diventare quello dominante nella moderna biomedicina. 

Dicevo all’inizio che il fatto che i libri più importanti sulla medicina siano stati scritti da non medici non è sorprendente. La ragione è che, per quanto un professionista possa padroneggiare meglio di un laico il linguaggio di una certa disciplina (e anche questo non è scontato!), questo tipo di competenza non è il solo né il principale requisito per un’analisi dei difetti del sistema di pensiero e di tecniche (il paradigma, per usare il termine dello storico della scienza Thomas Kuhn) nel quale il professionista è immerso. I pesci possono soffrire dell’inquinamento dell’acqua in cui vivono, ma sarebbe azzardato aspettarsi da loro un’indagine sulle cause di tale inquinamento. 

Ciò che inquina la ricerca medica – oltre all’inerzia accademica, comune del resto a tutto il sapere istituzionale – è il condizionamento da parte di interessi non secondi a nessun altro per volume di affari e internazionalità. Questa non è un’esagerazione. L’industria farmaceutica costituisce il più redditizio degli investimenti, e di gran lunga – più di banche, finanza, petrolio, editoria, bevande e quant’altro. Un’industria che gode di una tale supremazia economica, e che di fatto influenza direttamente e pesantemente la politica delle cosiddette ‘democrazie occidentali’ (a cominciare dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti), non cambia facilmente la propria rotta, anche se è una rotta di collisione con gli interessi della collettività. Così, per salvaguardare questa supremazia si corrompono e ricattano ricercatori e riviste, si nascondono per anni o decenni i dati scomodi, si prosegue con l’avvelenamento farmacologico di massa, e nel contempo si inebetisce l’opinione pubblica con una martellante propaganda sui benefici della ricerca biomedica, la quale è invece direttamente coinvolta in quell’avvelenamento. Con tutto ciò, non si deve credere che l’industria farmaceutica sia onnipotente. Nessun potere è onnipotente se i cittadini si mobilitano contro di esso in nome dei propri interessi vitali. Ma a tale scopo occorre che siano consapevoli di chi sia il nemico e di come combatterlo. 

Imperatrice nuda dà un fondamentale contributo in tal senso. La sperimentazione animale a scopo medico – la vivisezione – ha portato fuori strada la medicina in innumerevoli occasioni, con danni difficili da sopravvalutare. Se è ancor oggi un elemento centrale nella valutazione di efficacia e tossicità dei farmaci e di altre sostanze chimiche, lo si deve alla sua estrema ‘flessibilità’, intesa come la capacità di ottenere i risultati più favorevoli ‘su ordinazione’, e di permettere allo stesso tempo un alleggerimento delle responsabilità dell’industria nei casi, fin troppo frequenti, di danni sulle persone (“Dai risultati ottenuti mediante i test sugli animali non era possibile prevedere l’effetto tossico...”). 

Per rendersi conto dell’entità del problema, basterà riflettere sulla circostanza che la “reazione avversa da farmaco” (cioè l’avvelenamento dovuto a un farmaco correttamente prescritto) è negli Stati Uniti la quarta causa di morte. E se questa posizione elevata nell’infelice graduatoria sorprende, basterà citare un caso recente, quello di un antiartritico della Merck, il Vioxx, commercializzato a partire dal 1999 e ritirato solo poche settimane fa. Esso, da solo, ha provocato morti per un numero stimato attorno a 28.000 (ventottomila) – per intenderci, dieci volte il numero delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001 alle “Torri Gemelle” di New York. Una guerra al ‘terrorismo farmaceutico’ sarebbe tanto giusta e, anzi, necessaria, quanto sono state illegittime e controproducenti quelle scatenate contro Afghanistan e Iraq. Ma si può star certi che nessun presidente degli Stati Uniti la dichiarerà mai. Sono le stesse case farmaceutiche, in primo luogo, ad avergli permesso di occupare il suo posto. 

Gli sfruttatori fondano la loro permanenza sulla capacità di controllare, con lusinghe, inganni e intimidazioni, il comportamento delle masse degli sfruttati. Questi potrebbero rovesciarli in qualsiasi momento, data l’evidente disparità numerica, ma ciò non avviene, perché gli sfruttati – il che nel caso della medicina vivisezionista significa tutti noi – non si rendono conto né della propria forza (se si organizzassero), né di chi li sfrutta e come. Il libro di Ruesch che qui si ripresenta al lettore è un formidabile strumento per una presa di coscienza del problema nei suoi vari aspetti (scientifico, storico ed etico), e fornisce anche preziose indicazioni politiche. 

Un’avvertenza: il lettore non si faccia bloccare dalle descrizioni di alcuni esperimenti (soprattutto nella parte II), spesso francamente indistinguibili dalle fantasie di una mente malata, eppure attestati sulle più prestigiose riviste di ricerca biomedica. Era necessario, per la completezza della denuncia, che l’autore le riportasse; non è affatto necessario che il lettore le legga tutte. Il mio consiglio è di saltarle a piè pari ogni volta che sembri il caso, e passare al paragrafo o alla pagina successiva. Il libro ‘regge’ in maniera eccellente anche a questo trattamento, e non mancherà di dischiudere anche al più impressionabile dei lettori (al quale esprimo la mia comprensione) tesori di saggezza.


Marco Mamone Capria
Università di Perugia