giovedì 4 luglio 2013

Cassazione: "Dire Italia paese di Merda è vilipendio alla nazione"

Accadde che un vigile, a Montagnano, provincia di Campobasso, nel lontano 2 novembre 2005 fermò un uomo di 70 anni: la sua auto viaggava con un solo faro acceso. Ne seguì una vivace discussione tra il prossimo multato e l'agente. Quando contravvenzione fu, il guidatore si lasciò andare al seguente sfogo: "Invece di andare ad arrestare i tossici a Campobasso, pensate a fare queste stronzate e poi si vedono i risultati. In questo schifo di Italia di merda...". Il vigile zelante prese nota di quella frase e lo denunciò.

Mille euro di multa - In appello, il 26 aprile del 2012, per il viaggiatore senza faro che protestò aspramente contro la contravvenzione arrivò la condanna. L'uomo decise così di rivolgersi alla Cassazione. Oggi il verdetto: colpevole di "vilipendio alla nazione". Alla multa di ormai otto anni fa per il faro spento, oggi si aggiunge quella - salata - di mille euro per l'offesa al tricolore. L'uomo si era difeso sostenendo che non fosse sua intenzione offendere lo Stato e appellandosi al "diritto alla libera manifestazione di pensiero". Una tesi che è stata però bocciata dalla Prima sezione penale di Piazza Cavour, che spiega che si tratta di offesa alla nazione bella e buona, di una "espressione di inguiria o disprezzo che lede il prestigio o l'onore della collettività nazionale". Secondo la Suprema Corte, inoltre, c'è l'aggravante del dolo generico, che si concreta "nella coscienza e volontà di ledere il prestigio e l'onore dell'intera nazione".

"Offese brutali" - Gli ermellini aggiungono che "il diritto di manifestare il proprio pensiero in ogni modo non può trascendere in offese grossolane e brutali prive di alcuna correlazione con una critica obiettiva". Si riscontra, dunque, il reato 291 del codice penale. E ancora, la Cassazione insiste sulla gravità dell'ingiuria "al cospetto dei verbalizzanti e dei numerosi cittadini presenti sulla pubblica via". A nulla serve appellarsi ai "veri sentimenti nutriti dall'autore e dal movente, nella specie di irata contrarietà per la contravvenzione subita". Per le toghe, dunque, la condanna è sacrosanta e inappellabile.
La "pubblica difesa" - Inutile sottilineare come il caso abbia scatenato un immediato tam-tam sui social network, Twitter in particolare (proprio come quando la stessa frase fu rubata a Silvio Berlusconi, intercettato con Walter Lavitola e poi messo alla pubblica gogna con scarsi risultati). Anche in questo caso, più che di pubblica gogna, si può parlare di pubblica difesa. Il popolo dei cinguettii, pur con diverse eccezioni, nella stragrande maggioranza assolve l'uomo colpevole di "vilipendio". I commenti piovono a ritmo frenetico. C'è chi si limita a ricordare ai suoi followers, come@FraNato, che "secondo la #Cassazione è vilipendio alla Nazione dire che l'Italia è un pasede di m...in pubblico. Occhio". Ma c'è chi, invece, ci va giù pesante.

"Arrestatemi -  L'utente @rusmarco, per esempio, trova un escamotage per evitare la condanna: "Diremo allora Paese di m...Più generico". C'è chi si scandalizza, come @PaolaBrambillas: "NO COMMENT!!", grida tutto in maiuscolo. C'è chi provoca, come@matteosalvinimi: "L'Italia è un Paese di merda. Arrestatemi". Quindi qualcuno suggerisce di "shakerare" le parole, l'utente@migranoleruote: "E se provassimo con scusa merda se ti chiamo Italia?". @re_assoluto invece si indigna: "Ma che Paese di merda è quel Paese di cui è proibito dire che è un Paese di merda?". C'è chi, come @hiddenyears, fa due conti: "Ecco come far cassa! 1000 euro x 60 milioni di persone = 60 miliardi". @gabrichelini è arrabbiato nero: "Italia Paese di merda: dirlo è reato. E invece #esserlo è una #truffa aggravata ai cittadini". @Detta_Lalla, infine, è laconica: "Sono rovinata".

fonte Libero