giovedì 8 agosto 2013

Navi dei veleni affondate nel Mediterraneo, cosa viene a galla


Navi dei veleni affondate nel Mediterraneo, cosa viene a galla



88affondamenti sospetti dal 1979 sino al 2000 (cliccaqui per leggere tutte le navi
affondate in modo sospetto con relativo carico a bordo), la quasi totalità di questi
nella
parte sud del Mediterraneo con, ad esempio, un drammatico interessamento del Mar
Tirreno
adiacente alle coste della Calabria.Verità che emergono lentamente dopo oltre due
decenni di misteri che poi, forse, misteri non sono più. Se non altro in quei termini
negazionisti
che in un primo tempo hanno assalito tutto e tutti. Insieme agli affondamenti un
mare con tutta probabilità malato che forse ha ingoiato di tutto, dai rifiuti tossico-nocivi
fino ai rifiuti radioattivi. Poi, col tempo, arrivano pure le morti




Quelle sospette di Amantea e dintorni, innumerevoli, purtroppo, e quella di Natale de
Grazia (ucciso), capitano di corvetta, uomo onesto dello stato che su quelle rotte,
circa quegli affondamenti stava cercando di far luce nel buio degli abissi. Tra il suono
armonioso delle onde e con l'andare del tempo si delineano pezzi di una storia
estremamente
dolorosa, dura da mandare giù senza sdegno e strazio. Nella lunga ricostruzione degli
eventi qualcuno ha già scritto, da tempo, la sua certezza e verità: "avvelenati dalla
'ndrangheta, avvelenati dallo stato".
Per oltre vent'anni l'armatore Ignazio Messina ha negato che la motonave Rosso, arenatasi
il 14 dicembre 1990 sulle coste calabresi, trasportasse siluri-penetratori per sparare rifiuti
tossico-radioattivi dentro ai fondali marini. Nessuno ha mai trovato la prova che
l'imbarcazione nascondesse questo segreto e i magistrati hanno chiuso il caso. Senonché
adesso spunta un documento choc del 22 maggio 2003.
Quattordici pagine dove l'allora sostituto procuratore generale di Reggio Calabria, Francesco
Neri, propone di assegnare la medaglia d'oro al merito di Marina al capitano di corvetta
Natale De Grazia: suo collaboratore chiave nell'inchiesta sulle navi dei veleni, morto in
circostanze sospette la notte del 12 dicembre 1995. Ed elencando ciò che l'ufficiale aveva
scoperto riguardo alla vicenda Rosso, il magistrato scrive: «De Grazia, mediante
l'escussione testimoniale del comandante Bellantone della Capitaneria di porto di Vibo
Valentia, accertava personalmente che a bordo della nave che si era spiaggiata, vi erano i
cosiddetti "penetratori", indicati dai marinai come "munizioni"».
Non solo.
Stando a quanto riferisce Neri sulle indagini di De Grazia, «i documenti di carico erano
falsificati». Il che si somma al fatto che «lo stesso Bellantone aveva lanciato l'allarme
radioattivo ai vigili del fuoco, i quali intervennero regolarmente sui luoghi, senza però
stranamente certificare nulla». Dopodiché, citando le parole di Neri, sarebbe emerso
che il comandante Bellantone «sapeva che a bordo della nave vi era un carico "pericoloso",
perché a suo dire era stato già allertato dal comando della Marina militare». E se tutto
questo fosse ancora poco, per sollevare qualche dubbio sull'andamento dei fatti, va aggiunto
che a bordo della nave, «proprio sulla plancia di comando, Bellantone aveva
sequestrato le identiche mappe di affondamento» della O.d.m. (Oceanic disposal
management), azienda che aveva proposto a decine di nazioni di seppellire in mare le
scorie tossico-nocive.


Un quadro sconcertante, nell'insieme. Anche perché Neri, ricostruendo i giorni successivi
allo spiaggiamento della Rosso, racconta che l'imbarcazione fu smantellata dall'armatore dopo
che l'azienda olandese Smit Tak (specializzata nel recupero marino di rifiuti tossici e
radioattivi) «aveva lavorato con la completa "sorveglianza" del sito, reso inaccessibile da
parte di un servizio segreto non meglio identificato». Tutto normale? Tutto da interpretare
come una banale prassi operativa?
Le domande, in queste ultime settimane, stanno tornando a farsi dense attorno al capitolo
delle navi dei veleni. Sia per l'ipotesi lanciata da Neri che sulla Rosso ci fossero i famosi
missili-penetratori, sia perché il settimanale "Corriere della Calabria" ha pubblicato alcuni
passaggi dell'audizione di Emilio Osso davanti alla Commissione parlamentare ecomafie.
Sede in cui questo istruttore di polizia municipale, al fianco della Procura di Paola nelle
inchieste ambientali, ha definito quello che la Rosso trasportava il 14 dicembre 1990
«difforme» dal piano di carico ufficiale. «Inoltre», riferisce Osso a "l'Espresso", «tre container
non sono più stati rinvenuti». Dettagli impossibili da sottovalutare, a questo punto.
Schegge di un mistero che pochi vogliono risolvere.



Fonte: http://futuribilepassato.blogspot.it/2013/05/navi-dei-veleni-affondate-nel.html
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