venerdì 9 agosto 2013

No money, no ferie. Io resto in città!


Fine settimana con temperature africane. Ti aspetti strade vuote e deserte, ti auguri che almeno la città si svuoti e che sia finalmente più vivibile, per te che non puoi permetterti le vacanze al mare o in montagna e sei costretto a restartene chiuso in casa con le finestre spalancate e il ventilatore a palla. 
Macchè! Qui non è partito proprio nessuno! Sono rimasti tutti, e... è tutta una coda! Per strada, in coda per il solito ingorgo di macchine ferme e roventi al semaforo che lampeggia giallo. Al supermercato, in coda per pagare con la cassa che sembra un lontano miraggio, tanto è lunga la fila. Alle Poste, in coda con le bollette in mano ridotte in stracci unti e bagnati dal sudore dell’attesa oltre che dalle lacrime per il solito salasso.
La sensazione è che non sia partito proprio nessuno! Che siano rimasti tutti in città a tenerti compagnia. Eppure il sole è caldo, il cielo azzurro e poi... è non è tempo di ferie estive? Sì, ma non per tutti. Per molti infatti, le ferie non sono sinonimo di vacanze, almeno per quest’anno in cui la crisi morde più dell’afa. Considerato l’elevatissimo tasso di disoccupazione, la cassa integrazione, il precariato, il caro vita e stipendi e pensioni ai limiti della sopravvivenza, quei pochi fortunati che hanno le ferie perché hanno un lavoro dignitoso, insomma quei pochi che ancora possono permettersi di andare in vacanza, sono sempre di meno, sempre più pochi. 
Imu, Tares, mutuo, bollette da pagare, stipendi non sempre congrui e puntuali, precarietà del lavoro, fanno scegliere a molti la vacanza fantozziana del mordi e fuggi. E così aumenta il popolo dei “fagottari”: si parte la mattina, pranzo al sacco, si parcheggia anche un pò lontano dal mare e ci si accontenta… “Almeno nuje simme fortunati ca' teniàm o' marè. Ma chi sta a Milanò, aro' va?”.
Così al pari del crescere dell’afa e della canicola estiva, sale pure il termometro del malessere sociale. Si contano oltre nove milioni di nuovi poveri, persone che non sanno come gestire il proprio disagio: rimandano i conti da pagare, che poi si trasformano irrimediabilmente in debiti, che poi diventano sempre più alti, e le banche che non aiutano, e lo Stato che è assente, e le finanziarie che applicano tassi d’interesse prossimi all’usura.
In quest’estate torrida, arrivata con qualche temporale di troppo, quasi a consolare chi per mancanza di disponibilità è rimasto in città, solo il 32% degli italiani partirà per le tradizionali vacanze estive (di almeno una settimana), ovvero 19,2 milioni di cittadini. E, comunque, per la maggior parte di loro saranno vacanze all’insegna del risparmio confidando che in autunno, chi di dovere, metta in essere con estrema urgenza interventi mirati al rilancio del potere di acquisto delle famiglie, attraverso un processo di detassazione del costo del lavoro e di ripresa dei livelli occupazional