martedì 6 maggio 2014

Chi controlla le menti, controlla il potere

La Fabbrica della Manipolazione - Libro«Tutte le convinzioni, i costumi, i gusti, le emozioni, gli atteggiamenti mentali
che caratterizzano il nostro tempo sono stati in realtà programmati al solo
fine di sostenere la mistica del Partito e impedire che venga colta
la vera natura della società contemporanea».

(George Orwell, 1984)
«Un governo del terrore funziona nel complesso meno bene del governo
che, con mezzi non violenti, manipola l’ambiente e i pensieri e i sentimenti
dei singoli, uomini, donne e bambini».
(Aldous Huxley, Ritorno al Mondo Nuovo)



Chi controlla le menti, controlla il potere. Quale dominio, infatti,
potrà mai essere più forte, capillare e apparentemente inattaccabile
di quello esercitato non sulle cose o sui corpi, ma sull’immaginario che
guida e ispira la volontà di ognuno di noi?
Del resto, da che mondo è mondo, nessun tipo di potere ha mai potuto
rinunciare del tutto a esercitare un qualche dominio sull’immaginario
dei suoi sottoposti: quella magica mistura di fascino e timore, di
cura e paura, che suggestiona le menti e rende improbabile o persino
indesiderabile qualsivoglia tentativo di ribellione.
Con l’avvento della moderna “società di massa”, tuttavia, il potere
ha dovuto agire su un numero indefinito di persone, molte delle quali
spesso affettivamente sole e prive di punti di riferimento. L’arte del
controllo, pertanto, ha finito per divenire “scienza”; una “scienza della
manipolazione” di sconcertante raffinatezza, che non si limita più a
esercitare una mera suggestione o una superficiale “induzione al timore”,
ma riesce efficacemente a influenzare comportamenti e modi di
essere, a volte senza nemmeno dover fare uso della coercizione fisica.

Un potere nascosto è inattaccabile
È un dato di fatto che la nostra coscienza, in genere, “rifugge”
dal pensiero che un potere esterno possa avere un tale ascendente
sulle nostre scelte da condizionarle sensibilmente. Infatti, anche se
molti di noi potranno forse accettare l’idea che un potere intrappoli
i corpi con la violenza o al limite possa condizionare certe scelte
superficiali inerenti alla sfera economica o a quella dei “gusti”, a
chiunque di noi appare istintivamente impossibile – nella misura in
cui ci ripugna – ammettere che “qualcuno” possa indirizzare il modo
di pensare di interi gruppi umani, modificare il “sentire” di intere
generazioni o arrivare persino a generare modelli di pensiero e a
influenzare le scelte morali o etiche.
Eppure, al contrario di quello che non riusciamo, o vogliamo, ammettere,
si può dire che oggi, specie in Occidente, gli sforzi del potere
sono diretti al controllo della “mentalità di massa”, con un livello di
priorità identico, se non maggiore, a quello del controllo sulla macchina
militare o sulle risorse economiche. Un potere, quello presente nelle
moderne società “democratiche”, che, a differenza di quanto avveniva
dei secoli passati, risulta veramente efficace, soprattutto se rimane
“nell’ombra”, palesandosi il meno possibile, come dichiarava già nel
XIX secolo il primo ministro britannico Benjamin Disraeli:
«Il mondo è governato da tutt’altri personaggi, che neppure immaginano
coloro il cui occhio non giunge dietro le quinte»1.
Un potere nascosto, infatti, ha l’indubbio “pregio” di essere praticamente
inattaccabile: dal suo “rifugio segreto” può serenamente contemplare
l’alternarsi dei vari rappresentanti “eletti dal popolo” senza
mescolarsi ad essi e, pertanto, senza dovere subire il fatale tramonto
che prima o poi accompagna la storia di ogni leader o partito; può inoltre,
se vuole, favorire ora l’uno ora l’altro dei “poteri visibili” o anche,
se lo ritiene necessario, contemporaneamente due schieramenti appa
rentemente opposti, che potranno così, più o meno incoscientemente,
perseguire in maniera diversa l’unico fine cui mira tale potere.
Soprattutto, però, un potere nascosto – o comunque non immediatamente
identificabile dai più – ha la straordinaria possibilità di fare
quello che a nessun governo o potere visibile è dato compiere fino in
fondo, ovvero manipolare quasi alla perfezione i sentimenti e la mentalità
di massa senza dare l’impressione di farlo: può controllare i popoli
entrando nel loro immaginario.

La fabbrica della manipolazione
Quando le persone si imbattono nell’espressione “manipolazione di
massa”, la prima immagine che in genere viene loro in mente è quella
di una TV (o in generale di un mass media) che veicola idee, suggestioni
e contenuti nei cervelli dei suoi fruitori. Questa immagine è parzialmente
giusta, perché se “nell’immediato” sono soprattutto i mass
media a veicolare direttamente determinati contenuti a livello di massa,
tuttavia la fase del “bombardamento massmediatico” è molto spesso
l’ultimo anello di una catena invisibile, dietro la quale si nasconde
quella che potremmo definire “la filiera” o “fabbrica” della manipolazione;
in effetti i mass media, in ultima analisi, non fanno altro che far
rimbalzare nell’etere (e nelle menti degli individui) idee e contenuti,
che hanno già alle spalle una loro fase di elaborazione; cioè, per dirla
con le parole dello studioso americano Ben Shapiro, «la televisione riflette
quelli che la creano e trasforma tutti gli altri».
Il primo e decisivo passaggio della manipolazione di massa, infatti,
avviene in realtà manipolando i manipolatori; ovvero, secondo un certo
tipo di linguaggio, “creando le élite” destinate a loro volta a diffondere
un certo tipo di messaggi. Stiamo parlando di quei personaggi definiti
nel mondo anglosassone bright & best, i “migliori e più brillanti” – artisti,
scrittori, musicisti, star, opinion makers e persino studiosi e scienziati – i
quali, per interesse o per personale convinzione, inducono con la loro
opera uno “stato d’animo” nelle masse.

Ma cos’è, esattamente, uno stato d’animo?
L’espressione risale all’esoterista francese René Guénon, straordinario
studioso delle grandi tradizioni spirituali dell’umanità, edotto anche,
per esperienza e conoscenza personale, sul labirintico e occulto mondo
dei “fabbricanti di opinioni”. Con état d’esprit, lo studioso francese indicava
un “clima” culturale e spirituale fabbricabile dalle élites, attraverso
influssi da utilizzare allo scopo di creare una certa “tendenza” nelle
masse. Uno “stato d’animo” lo si può generare, ad esempio, attraverso
la diffusione di una cultura orientata, di spettacoli, momenti d’aggregazione,
letteratura o mode; tuttavia, secondo Guénon, i creatori di “stati
d’animo” ottengono risultati davvero efficaci soprattutto nella misura in
cui prescindono da qualsivoglia scrupolo di tipo “etico” e considerano
ogni “influsso” veicolato verso le masse solo in un’ottica strumentale.
Un vero creatore di états d’esprit, infatti, sa anche che una menzogna da
lui stesso riconosciuta come tale può essere utile e lecita, se serve a un certo
scopo, ritenendo come principio che solo “una certa élite” possa conoscere
le vere finalità verso cui indirizzare i più.

Scriveva Guènon:
 «È noto l’adagio Vulgus vult decipi , che alcuni commentano: “Ergo decipiatur!”.
[…] Si può così tenere per sé la verità e diffondere nello stesso
 tempo errori che si sanno essere tali, ma che si ritengono opportuni»2 .

Al tempo stesso, un vero “manipolatore occulto” non si lascerà trascinare
nel gioco degli “apparenti opposti”, né in campo politico né in
campo culturale, ma saprà utilizzare e persino incoraggiare tendenze
apparentemente divergenti per i suoi scopi. Destra e sinistra, progresso
e conservazione, e tutti gli altri “dualismi” a cui i “profani” sono
abituati avranno, in sostanza, un valore relativo nelle vere stanze del
potere. Non solo: il potere, se è davvero tale, potrà persino permettersi
il lusso di tollerare o addirittura di generare una “pseudo-opposizione”,
da usare come “specchio per le allodole” verso cui dirottare ogni
possibile dissenso.

tratto da; La fabbrica della manipolazione
La Fabbrica della Manipolazione - Libro