martedì 1 novembre 2016

IL DIFFICILE COMPITO DI FARE IMPRESA NEL GOVERNO DELLE PROMESSE.


INTERVISTA ALL' IMPRENDITORE LORIS FILANTI

B – Sig. Filanti, subito una domanda, con’è la situazione economica-commerciale della sua zona: la riviera romagnola?

F – Sinceramente se mio figlio mi chiedesse se è il caso di darsi all’imprenditoria gli direi , brutalmente, NO. A meno che non si provi gusto a vivere nell’incertezza e ad essere continuamente spremuti, e non parlo solo di tasse. Gli ostacoli sul cammino di un imprenditore sono talmente tanti che è praticamente impossibile essere sicuri di essere completamente a posto su tutto: regole antincendio, regole sanitarie, certificazioni varie, controlli a sorpresa, o non, degli enti più disparati, ovviamente Guardia di Finanza in testa. Una burocratizzazione che impastoia il nostro, già difficile lavoro, rendendoci la vita a dir poco complicata. Un meccanismo perverso che ha come fine principale di fare cassa, ogni più piccola infrazione viene infatti pesantemente sanzionata. Quando servono soldi si spremono gli imprenditori.


L’aspetto peggiore è che questa procedura tende a farci sentire tutti evasori fiscali e soprattutto ad additarci all’opinione pubblica come tali. Io viaggio molto e ho rapporti continui con altri colleghi imprenditori, posso dire che la quasi totalità si attiene alle regole delle leggi in vigore. Se qualcuno no emette uno scontrino fiscale va incontro a problemi gravissimi, finanche alla chiusura dell’attività, dunque è nel suo interesse agire con correttezza. Lo stesso non si può dire per gli innumerevoli abusivi che agiscono in violazioni a tutte le leggi, fiscali e non, e che non rischiano praticamente nulla. Vengono tollerati e nel caso incappassero nelle maglie dei controlli non perderebbero niente perché, nei fatti, la loro azienda non esiste. L’unico interesse delle istituzioni è fare cassa, rastrellare quattrini a spese dei contribuenti. Sostenere l’attuale pressione fiscale, che può arrivare, e talvolta superare, il 70%, è impossibile. In poche parole se le mie attività avessero le ruote le avrei già trasferite all’estero, come del resto già altri imprenditori, più fortunati, hanno fatto. Purtroppo la tipologia delle mie imprese non mi consente di trasferirle. Vorrei parlare dei dati correnti che danno in aumento le presenze nel settore alberghiero, in realtà si tratta di dati “drogati”, dati alterati da situazioni contingenti: se le presenze aumentano per effetto di offerte al limite del possibile è ovvio che i clienti aumentano ma ciò che in realtà conta è quanto poi resta in cassa. Se si deve lavorare per andare a pareggio o addirittura in perdita allora il gioco non vale la candela. Voglio poi parlare del valore delle nostre strutture, faccio un esempio: un hotel sulla costa è andato all’asta al prezzo di € 4.900.000 scendendo fino a 1.200.000 senza ancora trovare un compratore. Questo per dire che i valori assegnati alle nostre strutture è obsoleto, anzi è fuori dalla realtà di mercato, il tutto andrebbe riconsiderato in base alle mutate condizioni economiche-finanziari, tenendo conto anche della grave crisi del mercato immobiliare. Ovviamente i danneggiati sono gli investitori che si ritrovano proprietari di beni che valgono, oggi, un quarto di quanto da loro pagato.

B – Sig. Filanti qual è la percentuale di impiegati, maestranze, di italiani e di immigrati impegnati nel settore alberghiero e ristorazione?
F – la presenza di stranieri è in grande aumento, nel mio settore, alberghiero, i non italiani sono presenti soprattutto nelle mansioni meno specializzate mentre gli incarichi più delicati, dirigenza, accoglienza etc, è ancora appannaggio degli italiani. Innegabilmente la presenza di stranieri è in costante aumento. In realtà, esistente un contratto nazionale di lavoro, non vi dovrebbero essere differenze tra lavoratori italiani e stranieri. Certi i furbi ci sono, spinti soprattutto dalla necessità di difendersi da un fisco troppo invasivo, ma la mia esperienza è che sono la minoranza, una minoranza addirittura trascurabile. Per quello che ho potuto
verificare l’Emilia Romagna, la Toscana, la Lombardia il settore alberghiero è condotto da imprenditori irreprensibili. Non dimentichiamo che il timore di essere duramente puniti per la più piccola infrazione costituisce un deterrente fortissimo.


B – Sig. Filanti come vede il futuro economico italiano e soprattutto come ritiene si evolverà lo stato sociale afflitto da anni di una gravissima crisi che smentisce le rassicurazioni del Presidente del Consiglio Renzi?
F – La vedo male, molto male. In uno stato in cui la corruzione è imperante e esiste una classe di innumerevoli privilegiati che gravano come macigni sulle finanze pubbliche è impossibile essere ottimisti. Oggi i veri ricchi sono i funzionari pubblici ed anche i grandi burocrati che, pur cercando di dissimulare il loro benessere, sono in cima alla piramide.

B – Lei ritiene utopico sperare in un miglioramento delle condizioni di vita del cittadino italiano, ritiene impossibile un’uscita dalla crisi in tempi brevi.
F – I nostri politici sono bravissimi a raccontarci favole, a riempirci di promesse che sanno di non potere mantenere, ad innalzare cortine fumogene che non ci consentono di vedere i problemi nella loro interezza. Abbiamo pessimi politici che sono ottimi imbonitori. Per iniziare a risalire la china occorre dare corso a interventi mirati, in grado di incentivare gli investitori attirando anche quelli stranieri. Riassegnazione delle areee dismesse, le innumerevoli cattedrali nel deserto, concedere le strutture in comodato d’uso e esenzione dalle tasse per i primi anni a patto che gli imprenditori si impegnino a creare lavoro, quindi ricchezza, quindi nuovi contribuenti. Una maggiore flessibilità sulla concessione del credito, una politica bancaria che tenga presente delle difficoltà dovute alla crisi e che venga in aiuto di chi è in difficoltà e non, invece, affrettarsi a dargli il colpo di grazia, una burocrazia più snella, una minore tassazione, Un’oculata politica economica basato sullo sviluppo e non sull’ arraffamento.