martedì 22 novembre 2016

Referendum. L’Italia in bilico tra democrazia e oligarchia

Da sempre ho sostenuto che la nostra carta costituzionale avesse bisogno di una svecchiata. In questo senso ho sempre ritenuto che il parlamentarismo sia uno dei peggiori sistemi di governo, soprattutto se accompagnato dal meccanismo del bicameralismo perfetto. Eppure, se questa è una considerazione ineluttabile, non è certo accettabile che a mettervi mano sia un unico partito, peraltro erede del comunismo storico, e per ragioni che esulano dal miglioramento del sistema di governo.

Ho già spiegato che la “riforma” costituzionale attuale non amplia la partecipazione democratica dei cittadini. Semmai va nella direzione opposta: la restringe e obbliga la nostra democrazia all’interno di paletti che permettono alle oligarchie dominanti di rarefare il rapporto di responsabilità politica con gli elettori. Il risultato è un sistema di governo formalmente democratico, ma sostanzialmente elitario e oligarchico.



In cambio, l’illusione che viene data ai cittadini, soprattutto ai meno informati e a quelli politicamente polarizzati, è la velocizzazione dei processi decisionali e un abbattimento dei costi

della politica. Ma è chiaro che la velocizzazione dei processi decisionali è stata prevista per meglio soddisfare gli interessi delle élite e dei poteri forti, che più non tollerano le “lungaggini” dei processi democratici, considerati peraltro un ostacolo alla progressiva cessione di sovranità in favore degli organismi eurocratici.

Quanto invece all’abbattimento dei costi della politica, è altresì chiaro che ci troviamo davanti a uno specchietto per le allodole. Il risparmio di spesa derivante da questa riforma è davvero ridicolo e irrilevante nel mare magnum dei costi della politica italiana. E’ come risparmiare sul prezzo del caffè in una cena che viene a costarci 500 euro. Certo è però che trattasi di una propaganda di grande impatto agli occhi dei disinformati e di chi prende per oro colato le chiacchiere renziane, il cui fine unico è convincere a rinunciare a pezzi sempre più ampi di democrazia elettiva.

Le insidie di questa riforma sono note. Ne ho già ampiamente parlato in diversi articoli su questo blog. Ma giova ricordare che la peggiore in assoluto, o meglio uno dei suoi punti qualificanti, è la modifica dell’art. 117 Cost., che costituzionalizza definitivamente il principio di supremazia dell’ordinamento dell’Unione Europea su quello nazionale (statale e regionale). Sicché, qualora si volesse in un prossimo futuro uscire dall’Unione Europea, ciò non sarebbe possibile senza un procedimento di revisione costituzionale, che con la riforma attuale, qualora passasse, diventa davvero in salita. In altre parole, viene blindata la nostra permanenza nella UE.
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