domenica 18 febbraio 2018

L’UNICO FASCISMO VIVO E TRIONFANTE E’ QUELLO TECNOCRATICO. LA LUCIDISSIMA ANALISI DI ENRICA PERUCCHIETTI

Un nuovo spettro si aggira sull’Europa, quello del fascismo. Non quello del liberismo, della ferocia del mercato e dei suoi aguzzini, della diseguaglianza sociale, dello smantellamento delle conquiste sociali, ma quello anacronistico del passato che viene oggi strumentalizzato per orientare l’opinione pubblica alle urne. In questi giorni la campagna elettorale è stata infatti monopolizzata da cortei antifascisti degenerati con scontri contro la polizia (es. Piacenza e Macerata) e tensione a Torino durante la giornata di ricordo delle Foibe. Archiviati nemici quali Isis o Corea del Nord, ora sembra che l’Occidente stia combattendo contro il risorgere del fascismo, oscurando di fatto ben altri problemi, quelli sociali, economici, di sicurezza: quelli che riguardano tutti i cittadini, tutti noi, tutti i giorni.

Nazismo tecnocratico ed élite finanziarie: alla ricerca del vero nemico

Come spiega l’amico Francesco Toscano nel suo nuovo libro Dittatura finanziaria. Il piano segreto delle élite dietro la crisi economica per conquistare il potere, il pericolo andrebbe identificato nel nazismo tecnocratico(pensiamo alla famigerata troika, formata da UE, BCE e FMI, tre istituzioni tecnocratiche mai influenzate da prassi e metodi democratici o controllabili dal basso). Il nazismo tecnocratico ha due obiettivi principali: dividere la società in classi differenti, e trasferire la sovranità dal popolo a una invisibile élite, una vera e propria oligarchia finanziaria mondialista che di certo non ha interesse per le sorti del popolo. Questo è il vero nemico che si dovrebbe combattere, mentre attraverso il metodo del divide et impera si lascia che i cittadini si scannino tra loro. Proprio come avviene in questi giorni: si genera caos per ottenere un ordine fittizio che era stato preordinato, deciso dall’alto. «L’impoverimento generalizzato della società europea» spiega Toscano «dovrebbe favorire il riemergere prepotente delle forze socialiste e di sinistra, teoricamente protese per natura nella difesa degli interessi dei più deboli. In realtà le sinistre al potere si sono dimostrate prone rispetto agli interessi del grande capitale finanziario che massimizza i suoi effetti distruttivi in regime di libera circolazione». Il nazismo tecnocratico, come mostro ampiamente nei miei libri, svuota il linguaggio che viene “riscritto” dai burocrati del politicamente corretto, seguendo i diktat della neolingua troikaorwelliana. Perdendo la sua dimensione simbolica e svuotando i termini del proprio originale significato, si impedisce di fatto all’uomo di pensare, permettendogli semmai di comunicare solo concetti che siano in linea col pensiero unico. Le deviazioni dall’ortodossia vengono represse o punite, attraverso etichette, stereotipi, albi di proscrizione. Critichi il mondialismo e la troika? Sei un complottista. Avanzi dei dubbi sulla migrazione incontrollata? Sei una razzista e un fascista. Parli di gender? Sei un omofobo, e così via.

In mano agli “esperti”: siamo un gregge passivo e acritico

Il potere approfitta di questo processo per orientare l’opinione pubblica in modo sempre più sofisticato, imponendo inoltre un principio di autorità: in un orizzonte in cui tutto rischia di confondersi e sparire sotto il peso delle immagini, in cui tutto diventa “relativo” e virtuale, per capire che cosa sia vero e cosa falso è necessario fare riferimento a un’autorità esterna (governo, politico, esperto, ecc.) per avere rassicurazioni e sapere come orientare le proprie scelte. 

Coloro che metteranno in dubbio l’obiettività e l’autenticità delle parole dell’esperto verranno bollati come bugiardi e disinformatori e quello che dicono come fake news. Come già spiegava il giornalista e politologo Walter Lippmann parlando di “gregge disorientato”, la popolazione diventa un semplice spettatore, un soggetto passivo che è stato abituato a osservare in modo acritico assorbendo le immagini e il loro contenuto. Una cavia e una vittima inconsapevole degli esperimenti e dei piani delle élite. Ognuno di noi si forma infatti delle opinioni da notizie e immagini che non sono state acquisite direttamente ma per lo più sono state comunicate e trasmesse da altri, pertanto riportate indirettamente e interpretate da costoro se non addirittura stravolte.

Ormai per fretta e mancanza di tempo acquisiamo in modo convulso le informazioni dai media senza avere la possibilità e i mezzi di verificarle. Le adottiamo cioè in modo passivo e acritico in quanto siamo stati abituati a fidarci dei mezzi di comunicazione. Non solo, perché ci viene inculcata una visione del mondo prima che ognuno di noi possa realmente esperirla, dando vita a preconcetti, schemi, categorie e infine stereotipi attraverso i quali interpreteremo la realtà che ci circonda. Ne consegue che anche la descrizione di un evento sarà influenzata dalla nostra filosofia di vita, dai codici o dalla griglia interpretativa che abbiamo acquisito fin dall’infanzia.

Gli stereotipi semplificano la vita: guai a chi li tocca!

La formazione e la sopravvivenza degli stereotipi con i quali interpretiamo la realtà funzionano anche come un meccanismo di difesa: nel mondo stereotipato che ci hanno inculcato, spiegava Lippman nel 1922 ne L’opinione pubblica, «le persone e le cose hanno un loro posto preciso e si comportano secondo certe previsioni». La divisione della società in buono/cattivo aiuta le persone a orientarsi nel mondo sebbene la griglia con cui esse si muovono sia di fatto stata inculcata dall’educazione e “saldata” successivamente dallo spettacolo e dai mezzi di comunicazione. Le categorie che ci sono state trasmesse, anche se non necessariamente vere, ci servono da bussola morale. Pensiamo, agiamo e ci comportiamo in base all’ambiente in cui siamo cresciuti e in base alle categorie che ci hanno trasmesso. La fluidità attuale della nostra società sta portando soltanto a un rimescolamento degli stereotipi: si abbattono quelli vecchi solo dopo aver creato il terreno fertile per inculcarne di nuovi nella società (pensiamo al caso del gender) e dall’altra si utilizzano vecchi schemi, sempreverdi, per creare fratture nella società, cioè dividendo per poi… comandare. Gli stereotipi offrono all’individuo «il fascino del familiare, del normale, del sicuro» e ogni attacco che venga sferrato su base critica agli stereotipi non può che assumere «l’aspetto di un attacco alle fondamento dell’universo; infatti è un attacco alle fondamenta del nostro universo, e quando sono in gioco cose grosse non siamo affatto disposti ad ammettere che ci sia una distinzione tra il nostro universo e l’universo». Se qualcuno dovesse infatti cercare di dimostrarci la falsità o la limitatezza degli stereotipi con i quali abbiamo interpretato e vissuto la nostra realtà, reagiremo persino con violenza ribellandoci: di fatto nessuno vuole scoprire di aver vissuto un inganno e di essere stato manipolato. Pertanto, come forma di difesa, la nostra attenzione si rivolge ai fatti che convalidano il nostro sistema di stereotipi e si distoglie da quelli che invece lo contraddicono.

Apriamo gli occhi, usiamo la testa!

Bisognerebbe lottare sempre, non solo in periodo elettorale, sia contro le politiche di austerità liberiste, sia contro il risorgere del fascismo, distinguendo però fenomeni, mandanti e protagonisti. Ragionando cioè con la propria testa, riappropriandoci della nostra coscienza critica, e quindi, della nostra libertà di pensiero. Invece si affamano i popoli, si aumenta il controllo, si reprime l’informazione alternativa, si lascia che la disparità aumenti, decimando le categorie ritenute inferiori (poveri, proletari e salariati in genere) e stringendo sempre di più il cappio. E noi osserviamo compiacenti perché ci hanno abituato a ragionare, a pensare secondo la loro logica. Quella del vero “nemico”.
http://www.ilmoralista.it/2018/02/15/lunico-fascismo-vivo-e-trionfante-e-quello-tecnocratico-la-lucidissima-analisi-di-enrica-perucchietti/
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