“Ne sono morti una ventina in reparto, diciannove operai su ventisei. E la direzione non ha detto niente perché a loro e al sindacato interessava il lavoro e di tanto in tanto concedevano qualche adeguamento di stipendio, nient’altro” (pag. 32)
“La sofferenza della morte industriale. Lontana anni luce dall’immagine stratta della morte. Non conosciamo altro modo di vivere, dice Cesare. Enormi fabbriche che rastrellano la terra facendo strage di tutta la vita che trovano. Meccanismi che distruggono le menti, l’habitat necessario alla specie, e rompono l’equilibrio biologico. Uno solo di questi mattatoi fumanti e rumorosi può uccidere decine e decine di uomini […] Negli anni sono stati introdotti divieti, ma queste misure non sono state sufficienti a porre un freno al disastro. Nuove devastanti modalità di produzione sostituiscono le vecchie. Il capitale sfida le convenzioni internazionali e l’opinione pubblica con una violenta e insensata caccia al profitto […] La nefasta pratica della produzione intensiva applicata a livello mondiale separa, trita, ingurgita” (pag.78)
“Gli uomini che trascorrono la vita in fabbrica si chiamano operai. Esistono gli operai ed esistono gli altri uomini, dice Cesare […] Cesare ricorda il primo giorno in fabbrica, in fonderia, e dice Era come essere in guerra […] La vita dentro la fabbrica la conoscono gli operai, e gli altri uomini non la conoscono, dice Cesare. Nessuno conosce la fabbrica perché è organizzata come un carcere di massima sicurezza in cui a nessuno è consentito entrare, tranne ai carcerati, ai loro familiari e alle guardie, gli unici a cui è concesso vivere in quel luogo, dice Cesare” (pp. 78-79)
Fonte
Stefano Valenti, La fabbrica del panico, Feltrinelli 2013 – 2014, pp. 122, € 11, 00
da
http://www.carmillaonline.com/2015/07/11/hai-mai-conosciuto-un-essere-umano-piu-triste-di-un-operaio/
http://altrarealta.blogspot.it/
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