lunedì 27 febbraio 2023

SCIENTOCRAZIA: LA CENSURA E IL SILENZIAMENTO DEI DISSIDENTI




Canali YouTube cancellati o demonetizzati, profili social, siti e blog chiusi, video oscurati, persone a cui viene impedito di commentare o pubblicare. La furia censoria iniziata nel 2020 con l
’oscuramento dei contenuti non allineati da parte dei grandi colossi della rete è diventata oggi conclamata. Persino sfacciata, come se dovesse fungere da un lato come arma contro coloro che osano dissentire o esprimere ancora il proprio pensiero, dall’altra come gesto intimidatorio per spingere le masse a una forma di autocensura.

Complice la pandemia che viene strumentalizzata con la creazione di task force sulle fake news fino alla proposta di introduzione di disegni di legge contro la disinformazione e di regolamentazione comunitaria della rete, i casi di censura si sono moltiplicati negli ultimi mesi, rendendo evidente come il potere si avvalga della censura per inibire il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero e persino di fare informazione.


Il potere non ha più interesse a uccidere in pubblica piazza i propri nemici, come avveniva in passato durante le persecuzioni o l’Inquisizione, rischiando pertanto di creare dei martiri; il potere adesso vuole invece rieducare e convertire le menti di costoro al proprio volere. Curarli, se possibile. E se la rieducazione di costoro dovesse risultare impraticabile, “vaporizzarli”, cancellandone ogni traccia in una moderna forma di damnatio memoriae.

È in atto una campagna che, da un lato, strumentalizza la violenza e il cyberbullismo e, dall’altro, con piena modalità schizoide, fa uso di questi metodi per attaccare, dileggiare, censurare, denigrare e screditare i giornalisti indipendenti e tutti coloro che non si allineano al catechismo del pensiero unico.

Questo processo ha avuto inizio qualche anno fa, è rimasto sottotraccia, imponendosi gradualmente, finendo per divenire negli ultimi mesi un efficace grimaldello per le multinazionali del Big Tech che sono finite a dettare le regole e a imporre la censura.


La battaglia contro le fake news, infatti, è una moderna caccia alle streghe che ha un duplice scopo: da un lato portare alla creazione di una informazione certificata, dall’altro ottenere la legittimazione morale della censura.

Si è partiti con la graduale costituzione di siti atti allo smascheramento di bufale, per arrivare a una loro autoinvestitura a novelli censori del web e alla autoproclamazione dei “professionisti dell’informazione”: secondo il principio di autorità, quello che essi scrivono dovrebbe essere accolto in modo acritico come dogma.

Nei mesi passati, per sostenere e legittimare di fronte all’opinione pubblica la censura di Donald Trump, taluni sono arrivati a parlare di “censura costruttiva” spiegando come in una situazione di emergenza sanitaria sia “etico” e doveroso oscurare i contenuti “pericolosi” per salvaguardare la collettività dal rischio di disinformazione. Sorvolando sull’aspettando paternalistico di tale atteggiamento autoritario, molti si sono fatti convincere da questo argomento, arrivando a sostenere che sia lecito silenziare le voci controcorrente che dissentono e mettono a rischio la liturgia del pensiero unico, discostandosi per esempio dai “dati ufficiali” e dalla scienza. Scienza, però, che viene piegata al biopotere e che insieme ai suoi dogmi è finita per assumere un’aura di religione con i suoi feticci e i suoi culti superstiziosi, divenendo l’esatto opposto di quello che dovrebbe essere: un culto dogmatico, infallibile, inviolabile, manicheo. Una scientocrazia.

In una società che critica e contesta qualsiasi tema e mette sotto esame qualsiasi autorità, da quelle politiche a quelle religiose, le uniche autorità che restano inattaccabili sono quelle identificate come le ancelle della “scienza”, le cui voci si diffondono e dispiegano attraverso i media di massa, entrando quotidianamente nelle nostre case tramite televisione, radio e quotidiani, con il chiaro intento di imporci cosa pensare in base al nuovo catechismo scientocratico.


Scacciata infatti la religione da una società sempre più laica, si è fatta strada la scientocrazia con i suoi pilastri e i suoi diktat, con la sua furia censoria e la volontà di piegare e soggiogare chiunque metta in discussione le sue verità di fede ed eserciti ancora il pensiero critico. Soprattutto, con la sua psicopolizia assetata di censura.

I social network e la loro censura privata rappresentano oggi una delle più potenti armi a supporto del discorso politicamente corretto e contro la diffusione di qualunque idea alternativa a quelle che quel discorso ammette. YouTube, Facebook, Twitter, Google stanno diventando sempre più potenti, trasformando spesso le loro azioni in atti autoritari nei confronti degli utenti, con conseguenze che pesano sul dibattito di una società democratica, andando a ledere lo stesso diritto di pluralismo e di informazione.
ENRICA PERUCCHIETTI

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venerdì 24 febbraio 2023

Dovevate capire

1)Dovevate capire quando vi hanno conteggiato anche i suicidi, quelli messi sotto da un camion e, persino, i morti di freddo.
Tutti, anche quelli deceduti durante le guerre puniche.
Allora dovevate capire. Invece niente.
2)Dovevate capire quando hanno bruciato i morti e vi hanno detto che lo facevano per il vostro bene.
Hanno eliminato le prove, per il vostro bene, s'intende.
Allora dovevate capire. Invece niente.
3)Dovevate capire quando non hanno cercato le cure ma i sieri.
Hanno detto che c'era emergenza e l'hanno affrontata con la prevenzione. I sieri, ammesso e non concesso, servono a prevenire, ma, ripeto, ci dicevano che eravamo in emergenza, e pur tuttavia non cercavano cure.
Allora dovevate capire. Invece niente.
4)Dovevate capire quando hanno detto che si trattava di malattia nuova e sconosciuta e Ve l'hanno detto mentre la chiamavano SARS-COV 2, e ci hanno messo il 2 perché era proprio simile alla SARS-COV 1.
Come Rambo 1 e Rambo 2.
Una malattia nuova e sconosciuta uguale ad una che già c'era e conoscevamo.
SARS-COV 1 e SARS-COV 2, Ve l'hanno anche detto esplicitamente. Allora dovevate capire. Invece niente.
5)Dovevate capire quando avete visto ambulanze che giravano - a sirene spiegate - senza meta e senza paziente a bordo e, poi, si fermavano senza apparente motivo, magari davanti ad un bar.
Allora dovevate capire. Invece niente.
6)Dovevate capire quando li avete visti ballare festosi, negli ospedali, mentre la gente moriva nelle corsie laddove avrebbero dovuto trovarsi questi signori, mentre, invece di curare, ballavano. Allora dovevate capire.
Invece niente.
7)Dovevate capire quando hanno messo il Segreto di Stato sugli atti del Comitato Tecnico Scientifico.
Segreto di Stato su ciò che si dicevano questi signori nelle loro riunioni. Allora dovevate capire. Invece niente.
8)Dovevate capire quando hanno detto che era regolare un uomo solo al comando. Un uomo (di fa per dire) solo, che vi annientava quotidianamente a colpi di DPCM, fatti un passare per legittimi e costituzionalmente corretti.
Allora dovevate capire. Invece niente.
9)Dovevate capire quando hanno detto che, per combattere la malattia, era necessario acquistare costosissimi banchi a rotelle. E, poi, li hanno acquistati davvero. Allora dovevate capire. Invece niente.
11)Dovevate capire quando vi dicevano che gli ospedali erano straboccanti di malati e, invece, non c'era nessuno. I pronto soccorso erano incredibilmente vuoti. Allora dovevate capire. Invece niente.
12)Dovevate capire quando hanno consentito ai Medici di Base di nascondersi come topi di fogna e di non rispondere nemmeno al telefono.
Il tutto mentre i pochi Medici coraggiosi che curavano - e guarivano! - venivano minacciati di radiazione. Allora dovevate capire. Invece niente.
13)Dovevate capire quando hanno istituito il Numero Telefonico Verde 1500 per l'Emergenza e, poi, non hanno mai risposto a Nessuno, , nemmeno per sbaglio. Allora dovevate capire. Invece niente.
14)Dovevate capire quando creavano ansia parossistica dicendo che i posti in terapia intensiva scarseggiavano e che c'era il pericolo di dover scegliere chi curare, e, poi, in tre anni, non hanno costruito nemmeno un posto letto in più. In nessun ospedale d'Italia. Nemmeno uno in tre anni. Allora dovevate capire. Invece niente.
15)Dovevate capire quando l'Inventore dei Tamponi ha detto che non potevano essere usati per diagnosticare la malattia.
E, invece, li hanno sempre usati per diagnosticare la malattia.
E così diagnosticata la malattia, vi tenevano agli arresti domiciliari, in attesa di inocularvi.
Ripeto: il tutto per mezzo di un Tampone che il suo stesso Inventore aveva detto che non poteva essere usato così.
Allora dovevate capire. Invece niente.
16)Dovevate capire quando il Dott. Giuseppe De Donno - nonostante avesse trovato un cura pressoché miracolosa (il plasma iperimmune) - fu costretto a girare un video vergognoso in cui si "sottometteva" (parola Sua!) alle cosiddette Istituzioni Sanitarie, a Mattarella, al Papa, all'anima de li mejo mortacci loro, a tutti, e, per di più, appariva spaventato a morte, spaventatissimo. E guarda caso, mori qualche settimana dopo.
Allora dovevate capire. Invece niente.
17)Dovevate capire quando hanno iniziato a negare violentemente gli effetti avversi e, a maggior ragione, allorquando hanno insistito nella negazione di migliaia di evidentissimi effetti avversi.
Negazionisti (della Verità).
Allora dovevate capire. Invece niente.
18)Dovevate capire quando mettevano la mascherina solo per le foto di rito e poi - immediatamente dopo il click del fotografo - la toglievano.
Attori.
Allora dovevate capire. Invece niente.
19)Dovevate capire quando avete sentito dire la cazzate più inverosimili a gente improbabile come Pregliasco, Bassetti, Galli, Crisanti, Capua e, soprattutto, Burioni. Gente che più cazzate profferiva e più monopolizzava la TV. Allora dovevate capire. Invece niente.
20)Dovevate capire quando LORO hanno preteso il Vostro CONSENSO INFORMATO su una cosa a cui - sempre LORO - vi hanno perentoriamente OBBLIGATO, anche con violenza fisica e verbale.
Allora dovevate capire. Invece niente.
21)Dovevate capire quando hanno messo in piedi la sceneggiata del camioncino per i gelati che - secondo la loro narrativa - doveva portare, in giro per l'Italia, i sacri sieri arrivati a Roma a 80 gradi sotto zero.
Teatrino di infimo ordine.
Allora dovevate capire. Invece niente.
22)Dovevate capire quando il Ministero della Salute e l'Agenzia Italiana del Farmaco hanno presentato Ricorso al Consiglio di Stato contro l'Ordinanza del Tar Lazio, nella quale si disponeva che i Medici potessero «prescrivere i farmaci che essi ritengono più opportuni secondo scienza e coscienza», ovvero senza essere obbligati ad attenersi ai protocolli A.IFA., che prevedevano solo Tachipirina e Vigile Attesa. Allora dovevate capire. Invece niente.
23)Dovevate capire quando il Super Premier vi ha detto: "Non ti vaccini, ti ammali, muori".
Allora dovevate capire. Invece niente.
24)Dovevate capire quando, mentre, a gennaio 2020, dichiaravano (in sostanziale segreto) lo Stato di Emergenza, a febbraio, dicevano di non creare allarmismi e di abbracciare un cinese. Allora dovevate capire
Invece niente.
25)Dovevate capire quando avete saputo che nel 2017 hanno emesso dei Bond che avrebbero incassato solo se ci fosse stata una Pandemia entro la primavera del 2020.
E Pandemia c'è stata, proprio nella primavera del 2020. E loro hanno incassato.
Proprio davanti a tutti!
Allora dovevate capire
Invece niente.
26)Dovevate capire quando avete saputo delle schifezze che combinavano nel laboratorio di Wuhan e, pur tuttavia, li avete creduti quando hanno dato la colpa al pangolino e al pipistrello.
Allora dovevate capire
Invece niente.
27)Dovevate capire quando vi hanno detto che il sacro siero funzionicchia.
F-u-n-z-i-o-n-i-c-c-h-i-a ... ...
Allora dovevate capire
Invece niente.

Mario Giordano club

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lunedì 20 febbraio 2023

STIMOLAZIONE DEL RITMO SENSOMOTORIO

Il ritmo sensomotorio, chiamato anche μ-ritmo, si trova nella banda 12-15 Hz, tra i ritmi alfa e beta. Lo si potrebbe definire anche come un ritmo “a vuoto”, che il cervello genera per sostenere la connessione tra il corpo e la mente. Il ritmo sensomotorio possiede una particolarità che non è ancora stata del tutto compresa: la sua ampiezza cresce quando ci troviamo nello stato di calma. Ma ci basta iniziare a fare qualcosa che coinvolge le aree motorie del cervello per vedere diminuire drasticamente l’ampiezza del ritmo sensomotorio.
Il ritmo sensomotorio ha un particolare: basta immaginare un’azione o un movimento per diminuire la sua ampiezza. Per questo motivo, ascoltando il programma che contiene il ritmo sensomotorio dovete non solo evitare qualsiasi movimento, dovete sforzarvi a non immaginare il movimento.
Tra l’altro, non solo l’uomo, ma anche i gatti possiedono il ritmo sensomotorio.
La caratteristica più importante di questo ritmo è la realizzazione della connessione tra il nostro corpo e la mente. Se il ritmo sensomotorio non funziona bene ne risente anche la salute. Per esempio, i bambini iperattivi con la sindrome della scarsa attenzione hanno il deficit di questo ritmo.
Gli scienziati hanno stabilito che durante il sonno il ritmo sensomotorio limita i movimenti del corpo. Se la sua ampiezza è piccola, avremo, probabilmente, un sonno nervoso e superficiale. In una persona sana durante il sonno l’ampiezza di questo ritmo aumenta, si dorme tranquillamente quasi senza muoversi. Questa immobilità è assicurata proprio dal ritmo sensomotorio.
A CHE COSA SERVE LA STIMOLAZIONE DEL RITMO SENSOMOTORIO?
  • Il miglioramento del sonno. Non è necessario ascoltare il ritmo sensomotorio direttamente prima di andare a dormire, il suo effetto sulla qualità del sonno sarà assicurato anche se doveste ascoltarlo di giorno. Alcune persone si addormentano molto bene con i suoni dei programmi che contengono il ritmo sensomotorio. Dalle ricerche è stato stabilito che basterebbero soltanto 10 sedute della stimolazione del ritmo sensomotorio per migliorare la qualità e la durata del sonno.
  • Contro l’ansia e la depressione. In quei casi quando siete contemporaneamente ansiosi e depressi non avete l’alternativa: dovete rivolgervi al ritmo sensomotorio. Per uscire dalla depressione è possibile utilizzare anche i ritmi più alti, come beta e gamma, ma in alcune persone questa stimolazione è capace di abbassare la depressione aumentando, in compenso, i livelli dell’ansia; per questo motivo la soluzione migliore è la stimolazione con il ritmo sensomotorio.
  • Il miglioramento della concentrazione. Quando avete una difficoltà di concentrarvi potreste usare il ritmo sensomotorio come sfondo durante gli studi o altre occupazioni che richiedono la concentrazione. Facendo così rafforzerete l’attenzione e migliorerete la concentrazione. Tenete presente che in questo caso l’azione del ritmo sensomotorio sarà simile all’azione dei bassi ritmi beta, e non apporterà altri effetti positivi.
  • Il miglioramento dello stato fisico e della salute. E’ stato scoperto che le persone fisicamente forti e gli sportivi possiedono le maggiori ampiezze del ritmo sensomotorio. Al contrario, coloro che hanno delle patologie e fanno poca attività fisica hanno l’ampiezza del ritmo sensomotorio bassa. Si suppone che la stimolazione del ritmo sensomotorio permetta di sollecitare la guarigione migliorando la salute. Questo ritmo sarà utile anche agli sportivi, permettendo loro di migliorare i loro risultati. All’Istituto di Sviluppo della Coscienza è stato scritto un particolare programma, “L’agopuntura neuroacistica, il cui obiettivo è il miglioramento della salute.
  • Il ritmo sensomotorio e l’epilessia. Si sa che le persone che soffrono dell’epilessia non possono utilizzare i programmi neuroacustici. Esiste però un’eccezione: il ritmo sensomotorio. Gli studi clinici hanno dimostrato che l’ascolto regolare dei programmi con il ritmo sensomotorio riduce il numero degli attacchi, e in alcuni casi permette persino di vincere questa malattia. I programmi dell’Advanced Mind Institute che contengono il ritmo sensomotorio sono gli unici che possono essere usati dalle persone che hanno questa malattia, tutti gli altri programmi possiedono delle controindicazioni.
  • Il miglioramento dei riflessi spinali. Gli studi hanno dimostrato che la stimolazione con il ritmo sensomotorio migliora i riflessi somatici spinali e può essere utilizzata nei disturbi legati alle disfunzioni in questo campo, per esempio, per curare uno shock spinale. Possiamo così affermare che il ritmo sensomotorio è l’unico ritmo che agisce anche sul midollo spinale. Spetta alla scienza capire tutti gli aspetti di questo ritmo; probabilmente, il ritmo sensomotorio è una chiave per risolvere molti problemi legati alla salute umana.
Questa breve guida nelle particolarità del ritmo sensomotorio permette di capire la specificità dei programmi che stimolano l’attività sensomotoria del cervello.
Il Ritmo Sensomotorio aiuta a combattere lo stress, migliora la concentrazione, il sonno. Aiuta anche a trattare l’epilessia e, in alcuni casi, a vincere questa malattia. Non esistono delle controindicazioni per ascoltare i programmi che contengono il ritmo sensomotorio. Potete sempre rivolgervi al servizio di supporto sul nostro sito, risponderemo volentieri a tutte le vostre domande.

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 Gli studi neuroacustici dimostrarono clinicamente l’azione positiva del ritmo sensomotorio sulla salute, sul miglioramento del collegamento tra il corpo e la coscienza, sull’aumento della resistenza ai veleni e alle tossine, e sulla cura dell’epilessia. Fu notata la sua azione positiva sullo stato delle persone autistiche, dei malati di epilessia, di coloro che soffrono la sindrome della scarsa attenzione. Gli sportivi allenati presentano il ritmo sensomotorio diverse volte più forte rispetto a coloro che non praticano lo sport.
Il programma «Stimolazione sensomotoria» vi permetterà di migliorare la connessione tra il corpo e la coscienza, permettendovi di controllare meglio il proprio corpo.
Nel corso delle osservazioni condotte dall’Istituto dello Sviluppo di Coscienza fu confermato l’effetto positivo del ritmo sensomotorio sulla salute: il nostro cervello, se lo aiuteremo ad acquisire un maggiore controllo del corpo, è il miglior medico, perché in tal caso potrà liberarci da molti problemi.
Vi consigliamo di adoperare questo programma quando state lavorando su altre malattie croniche. Una stimolazione sensomotoria farà un effetto positivo sulle persone che soffrono d’insonnia, vari disturbi psicosomatici, la depressione, le malattie del sistema nervoso.




blog consigliato




UFO?

E così si è scoperto che l'UFO abbattuto dal NORAD, era, in realtà, un pallone aerostatico appartenente al "Northern Illinois Bottlecap Balloon Brigade", un gruppo di arzilli vecchietti amanti del meteo.
Un pallone aerostatico costato 12 dollari, tirato giù con un missile "Sidewinder X" del valore di 400mila dollari, lanciato da un caccia F-22 che costa 150 milioni di dollari e che, per volare, consuma 100mila dollari l'ora...
FA-VO-LO-SO!!

Ps questo post è realizzato in collaborazione con space balls
nico forconi


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lunedì 13 febbraio 2023

domenica 12 febbraio 2023

Il prodotto della scienza è una gigantesca montagna di merda



Premessa

La Scienza non è il metodo scientifico. La “Scienza” – maiuscolo tra virgolette – è oggi una istituzione, apolide e transnazionale, che si è appropriata fraudolentemente del metodo scientifico, ne ha fatto il suo monopolio esclusivo, e di questo si serve per taglieggiare la società – in proprio o per conto terzi – dopo essersi autoproclamata novella Chiesa della Certificazione del Vero [1].

Un elettricista che cerca di individuare un guasto o un cuoco che mira a perfezionare una ricetta, stanno applicando il metodo scientifico, senza neanche sapere cosa sia, e funziona! Ha sempre funzionato da migliaia di anni, prima cioè che qualcuno ne codificasse l’algoritmo, e continuerà a farlo, nonostante i moderni inquisitori.

Chi scrive non è un erudito, non cita fonti per convinzione ideologica, ma ha imparato in tenera età come si scrive “epistemologia”. Ha poi sguazzato per anni nei liquami dell’associazione a delinquere di cui sopra, fino a quando, senza esser riuscito ad assuefarsi al mefitico fetore, non ha trovato una onorevole via d’uscita. Popper, Kuhn, Feyerabend, sono stati tutti pensatori che avevano compreso appieno la perversione di certi meccanismi istituzionali, ma che non avrebbero neanche potuto immaginare che il marciume avrebbe dilagato in modo così incontrollato e tirannico nella società, fino al punto che uno scienziato possa raggiungere il potere di impedirti di uscire di casa, o di possedere un’automobile, o di importi di mangiare i vermi. A parte TK, lui aveva capito tutto, ma questo è un altro discorso.

In questo scritto non si parlerà del ruolo che ha la scienza nella società contemporanea, del suo progressivo divenire culto, del progressivo erodere degli spazi di libertà e di partecipazione civile in suo nome. Non si parlerà del rapporto coi media, e del potere che hanno i questi di far passare gli sproloqui di un mediocre professore borioso per verità acclarate. Non si parlerà quindi delle massime cariche dello stato che dichiarano guerra all’antiscienza, che dichiarano vittorie a plebisciti mai indetti, dove la gente viene portata alle urne a ricatti e bastonate.

Non si parlerà di come la “vera scienza” – ossia quella che afferisce al rispetto del metodo scientifico – sia violentata dal virologo internazionale e dai CTS del mondo, che prendono decisioni incoerenti, letteralmente a cazzo di cane, e pretendono che chiunque si adegui senza dubitare.

Non si parlerà neanche della tendenza a intavolare sterili dibattiti internettiani a partire dall’articolo che ci dà ragione sulla rivistona Lancette o Brianza Medical Journal, o Manure. Né della ovvia tendenza a fare raccolta ciliegie da parte del deboonker del momento. “Eh ma il professor Giannetti di Fortestano è un noto cialtrone, lol”. I perculatori d’ufficio dell’ipse dixit sono oggi dei meticolosi applicatori di una rigorosa gerarchia delle fonti e delle opinioni, basate su improbabili quanto rigorosi ranking di prestigio qualitativi, o peggio altrettanto improbabili quanto arbitrari indici bibliometrici quantitativi.

Qui troverete raccontato il motivo per cui la scienza non è ciò che dice di essere, e proprio per questo motivo ha assunto tale ruolo nella società.

Tutto quello che trovaterete qui scritto è ampiamente risaputo e documentato in libri, longform, articoli su settimanali divulgativi e persino articoli su riviste peer-reviewed (LOL). Googlate “publish or perish”, “reproducibility crisis”, “p-hacking”, “publication bias”, e decine di altri termini correlati. Io di fonti non ne fornisco, perché come ho detto è contrario alla mia ideologia. Il valore aggiunto di quanto vado a scrivere è una descrizione immediata, sicuramente partigiana e senza censure, dei meccanismi osceni che pervadono tutto il mondo scientifico, dal reclutamento degli studenti di PhD alle pubblicazioni.

Non c’è inoltre nessuna “vera scienza” da salvare, in contrapposizione a “lascienza”. La tesi di questo scritto è che la scienza è strutturalmente corrotta, e che i conflitti di interesse che la attanagliano sono così profondi e pervasivi, che solo una radicale ricostruzione – dopo la sua demolizione – dell’istituzione universitaria può salvare la credibilità di una ristretta cerchia di studiosi, quelli che cercano faticosamente, onestamente e umilmente, di aggiungere tasselli alla conoscenza del Creato.

Lo scienziato e la sua carriera

Per “scienziato” oggi si intende un ricercatore, impiegato a vario titolo presso università, centri di ricerca pubblici o privati, think tanks. Quella dello scienziato è una carriera completamente diversa da quella di ciascun lavoratore, e ricorda quella del cursus honorum della classe senatoria romana. Il cursus honorem della soia. Il CV di uno scienziato è diverso da quello di tutti gli altri lavoratori. Tra parentesi, la cosa più difficile per uno scienziato è compilare un CV intellegibile al mondo reale, qualora volesse tornare a guadagnarsi da divere onestamente fra i comuni mortali. Provate a fare un Europass dopo sei anni di post-doc LOL.

Lo scienziato è uno studente modello, nel corso di tutta la carriera scolastica prima e universitaria poi. Studente modello significa disciplinato, con voti negli ultimi percentili dei test standardizzati, e anche buone capacità relazionali. Riesce a farsi notare durante gli ultimi anni dell’università (cosiddetta “undergraduate”, che però stranamente in Italia è la magistrale o specialistica o come cazzo si chiama oggi), fino a trovare la raccomandazione (letteralmente) da parte di un professore per iscriversi a un programma di PhD, o dottorato, come si chiama fuori dall’Anglosfera. Il PhD è un programma universitario elitario, lungo dai tre ai sei anni a seconda del paese e della disciplina, dove viene addestrato a fare “lo scienziato”.

Durante il PhD nei primi anni segue corsi di altissimo livello tecnico, tenuti dai migliori professori del suo dipartimento, ai quali si affianca una prima fase di avviamento alla ricerca, sotto forma di “research assistant”, o RA. Questa fase, che sancisce il passaggio dalla “conoscenza consolidata” dei libri di testo alla “frontiera della ricerca scientifica”, avviene esplicitamente sotto la guida di un professore-mentore, che con buona probabilità seguirà lo studente dottorando durante la rimanente parte del corso di dottorato, e quasi sempre nel corso di tutta la carriera. L’agoghé della soia. Non tutti i dottorandi verranno ovviamente accoppiati a un mentore “vincente”, ma solo quelli più determinati, ambiziosi, e che mostrano vivacità nei corsi.

Nel corso di questa fase di RA, lo studente viene svezzato a quelle che sono le vere pratiche della ricerca scientifica. È una fase davvero cruciale, è il momento in cui lo studente passa dagli ideali romantico-prometeico-faustiani della scoperta del Vero, alle nottate passate a smanettare con dati che non hanno senso, fra errori nel codice e un generale sbigottimento di fronte al senso smarrito. Perché sto facendo tutto questo, perché devo trovare proprio QUEL risultato? Non è contrario a tutti gli schemini razionalisti che condividevo su facebook due anni fa, quando prendevo per il culo il terrapiattista di turno? Come sarebbe a dire che se la stima non supporta l’ipotesi allora devo cambiare la specificazione del modello? È a questo punto che in genere pone al mentore delle timide domande dal vago sapore “epistemologico”, che in genere vengono evase con supercazzole positiviste sulla scienza che prosegue per errori, o con un discorso che suona più o meno così: “Ti succederà di non capire. Ci sono due modi di non capire: non capire aspettando di capire, o non capire rompendo i coglioni. Scegli tu. A ottobre ti finisce la borsa.”

I più puri a questo punto cadono in depressione, dalla quale usciranno trovandosi un lavoro onesto, con o senza pezzo di carta. Gli arrivisti, gli psicopatici e gli ingenui Fachidioten andranno invece avanti come treni, inarrestabili nella loro sfolgorante carriera votata al prestigio.

Dopo la prima fase di RA, durante la quale contribuisce alle pubblicazioni del mentore – con o senza menzione tra gli autori – passa alla fase successiva, più matura, fatta di costruzione di una propria pipeline di ricerca, collaborazione da coautore con il mentore e i suoi altri coautori, partecipazione a conferenze, tessitura di una rete relazionale con altre università. Al coronamento di questa fase c’è il conseguimento del titolo di PhD, che però a questo punto non è niente altro che una formalità, dal momento che i conseguimenti del dottorando parlano da soli. La “dissertazione”, o “difesa” infatti non sarà altro che un seminario dove lo studente presenta il suo lavoro di maggior rilievo, già pubblicabile.

Ma ora lo studente è già lanciato: a seconda della disciplina e della fortuna, avrà già firmato un contratto da “assistant professor” in “tenure track”, o da “post-doc”. La sua carriera futura sarà quindi determinata esclusivamente dalla sua abilità nello scegliere i cavalli giusti, ossia i progetti di ricerca sui quali puntare. È infatti entrato nel mondo infernale del “publish or perish”, nel quale la sua probabilità di essere confermato “a vita“ dipende esclusivamente dal numero di articoli che riesce a pubblicare su riviste peer-reviewed “buone”. In molte scienze dure il limbo dei post-doc, durante i quali lo scienziato si sposta di contratto in contratto come un monaco errante, nell’impossibilità di vivere relazioni stabili, può durare anche dieci anni. La “tenure track”, ossia il periodo dopo il quale possono decidere se confermarti o meno, dura più o meno sei anni. Un ricercatore che riesce a diventare strutturato stabile in una università prima dei 35-38 anni anni può ritenersi fortunato. E questa non è affatto una peculiarità del sistema italiano.

Dopo l’agognato “posto fisso” da professore, può forse il ricercatore rilassarsi e mettersi a lavorare solo su progetti sensati, di qualità, che richiedono tempo e pazienza e che potrebbero anche non portare da nessuna parte? Può lavorare su progetti che possono anche sfidare il famoso consensus? Ha tempo di studiare per poter recuperare un po’ di visione di insieme? Sebbene l’istituto della “tenure”, cioè il posto fisso da professore, sia stato pensato proprio per questo, la risposta è no. Qualcuno lo fa anche, conscio di finire emarginato e ignorato dai suoi pari, nel dipartimento e fuori. Based, ma finisce nell’ultima stanza in fondo vicino al cesso, non vede una lira di fondi di ricerca, non lo invitano alle conferenze, e gli appioppano i dottorandi più sfigati per fare ricerca. Se simpatico viene trattato da zio eccentrico e preso bonariamente in giro, se antipatico viene prima odiato e poi ignorato.

Ma in generale, se sei sopravvissuto a dieci anni di publish or perish – e non tutti ci riescono – è perché ti piace farlo. Quindi continuerai a farlo, anche perché i premi sono ambiti. Aumenti di stipendio, named chairs, posto da editor delle riviste, fondi di ricerca, consulenze, inviti alle conferenze, grants milionari in qualità di principal investigator, interviste ai giornali e in televisione. Letteralmente soldi e prestigio. La corsa alle pubblicazioni non finisce, anzi a questo punto diventa sempre più spietata. E lo scienziato, ora di fatto un manager della ricerca, con decine di dottorandi e post-doc a disposizione come forza lavoro, perderà sempre più contatto con la materia della ricerca per interessarsi di politica accademica, soldi e pubbliche relazioni. Sarà il dottorando ora a “sbagliare” il codice al posto suo, fino a trovare il risultato sperato. Non dovrà neanche chiederglielo esplicitamente, nella maggior parte dei casi. Tanto comunque nessuno si accorge quasi mai di niente, perché a nessuno frega niente. Ma come, e il peer review?

Il peer-review

Migliaia di pagine sono state scritte su questo istituto, sui pregi, sui difetti, su come migliorarlo. È stato ridicolizzato e trollato a sangue, ma la conclusione recitata dagli alfieri della scienza è sempre la medesima: è il sistema migliore che abbiamo e ce lo dobbiamo tenere. Il che è in parte vero, ma la sua supposta aura di infallibilità è la principale responsabile dello stato penoso nel quale versa l’accademia. Vediamo come funziona.

Il nostro ricercatore Anon ha il suo bel Pdf scritto in Latex intitolato “The Antani Problem: is it Quintana or Setta?” (citazione boomer), e lo sottomette al Journal of Liquid Bullshit tramite la sua piattaforma web. Il Chief editor del JoLB prende il pdf, dà una occhiata veloce, e decide a quale associate editor smistarlo, in base all’argomento. L’editor prescelto dà un’altra occhiata veloce e decide se 1) mandare una breve lettera dove dice ad Anon che il suo lavoro è sicuramente bello e interessante ma unfortunately it is not a good fit for the Journal of Liquid Bullshit, I reccomend similar outlets such as Journal of Bovine Diarrhea, or Liquid Bovine Stool Review oppure 2) inviarlo ai referee. Ma fermiamoci un attimo.

Cos’è il Journal of Liquid Bullshit?

Il Journal of Liquid Bullshit è un “field journal” nell’ambito della disciplina generale “Bullshit” (Medicina, Fisica, Statistica, Scienze Politiche, Economia, Psicologia, etc), che si occupa del campo più specialistico Liquid Bullshit (Virologia, Astrofisica, Machine Learning, Regime Change, Labour Economics, etc). Non è una rivista gloriosa come Science o Nature, e non è una rivista prestigiosa nella disciplina (Lancet, JASA, AER, etc). Ma è una buona rivista, sulla quale pubblicano comunque regolarmente nomi importanti nel campo della merda liquida. Al contrario di quelle più prestigiose, legate in genere ad enti specifici o a editrici universitarie, la maggior parte di queste riviste è pubblicata (online, si intende) da editrici for profit, che campano vendendo a caro prezzo pacchetti di abbonamenti alle università.

Chi è il Chief editor? L’editor è una personalità di spicco nel campo del Liquid Bullshit. Sicuramente un Full Professor, minimo 55 anni, decine di pubblicazioni di rilievo, citatissimo, è stato keynote speaker in svariate conferenze annuali dell’American Association of Liquid Bovine Stools. Durante le conferenze ha costantemente un capannello di gente intorno.

Chi sono gli Associate editors?

Sono professori associati o full, con numerose pubblicazioni, anche se relativamente giovani. Ben connessi, ben lanciati. Il compito dell’associate editor è quello di gestire il manoscritto in tutte le sue fasi, dalla scelta dei referee alle decisioni circa le revisioni. L’AE è chi ha tutto il potere sul paper, non solo ovviamente per la decisione finale, ma anche per la scelta dei referee.

Chi sono i referee

I referee sono degli accademici, contattati formalmente dall’AE per valutare il paper e scrivere una breve relazione. Separatamente, inviano anche una raccomandazione privata all’AE sul destino del paper: accettazione, revisione, o rigetto. Il lavoro dei referee non è pagato, è tempo sottratto alla ricerca o molto spesso al tempo libero. Il referee riceve solo il paper, non ha alcun modo di valutare i dati o i codici, a meno che (cosa rarissima) gli autori non li mettano a disposizione sulle loro pagine web personali prima della pubblicazione. Difficile in ogni caso che il referee si metta a perdere tempo a smanettare. La valutazione richiesta al referee infatti è solo di natura metodologico-qualitativa, e non di merito. La valutazione “di merito” infatti spetterebbe alla “comunità scientifica”, che replicando il lavoro degli autori, sotto le stesse o altre condizioni sperimentali, ne giudicheranno la validità. Anche un bambino capirebbe che c’è un conflitto di interessi grande come una casa. Il referee infatti può attivamente sabotare il paper, e l’autore può tranquillamente sabotare i referee quando sarà il loro turno a giudicare. Infatti, quando i paper si scrivevano a macchina e viaggiavano per posta, il sistema usato era quello della review in “doppio cieco”. Dal manoscritto si toglieva il frontespizio: il referee non sapeva chi stava giudicando, e l’autore non sapeva chi fosse il referee. Da quando esiste internet, tuttavia, gli autori hanno trovato sempre più conveniente pubblicizzare i loro lavori in formato “workings paper”. Ci sono molte ragioni per farlo e non mi dilungo, ma la cosa è ormai talmente diffusa che ai referee basta una brevissima ricerca su google per trovare il working paper, e con esso i nomi degli autori. Ormai sempre più riviste hanno rinunciato a far finta di credere alla revisione in doppio cieco, e inviano ai referees il pdf completo di frontespizio. I referees non sono più quindi degli anonimi arbitri, soprattutto perché hanno dei forti conflitti di interesse. Ad esempio al referee può capitare tra le mani il paper di un suo amico o collega, o di uno sconosciuto che dà ragione – o torto – alla sua ricerca. Un referee può anche “rivelarsi” anni dopo all’autore, ad esempio davanti a un bicchiere, durante gli eventi alcolici nel corso di una conferenza, ovviamente in caso di report favorevole. Sai, sono stato referee del tuo paper al journal X. Può far comodo, se c’è una certa confidenza. Non dimentichiamo infatti che i referee è gente che a sua volta sta cercando di pubblicare i loro articoli su altri giornali, o addirittura gli stessi. E non tutti i referee sono uguali. Un “buon” referee è merce rara per un editor. Il buon referee è quello che risponde in tempo, e scrive report prevedibili. Ho conosciuto professori affermati che si vantavano di ricevere decine di paper al mese da referare “perché sanno che glieli rigetto tutti subito”.

Come funziona quindi questo processo di peer review?

Non dobbiamo immaginarci gli editor come gente avulsa dal mondo, ma con le mani estremamente in pasta. Un editor infatti ha un potere enorme, e non si diventa editor se non si dimostra di bramare a questo potere, oltre ad esserselo meritato, secondo le logiche perverse del cartello. Il potere enorme dell’editor consiste nell’influenzare la sorte di un paper in tutte le fasi della revisione. Può scegliere referee favorevoli o sfavorevoli a un paper: le faide scientifiche e i loro partecipanti sono note, e sono soprattutto note agli editors. Può anche schierarsi con il referee di minoranza e chiedere una revisione (o il rigetto).

Ogni ricercatore di alto livello sa quali sono gli editors amici, e sa quali possono essere i potenziali referee nemici più pericolosi. Gli articoli vengono spesso calibrati, cercando di leccare il culo all’editor o ai referee potenziali, strizzando l’occhio alle loro agende di ricerca. È in questo contesto infatti che si sviluppa il mercato delle vacche delle citazioni: se ho paura del referee Tizio, ne citerò più lavori possibili. Oppure altra strategia (valida per giornali minori e lavori di nicchia) è ignorarlo completamente, altrimenti l’editor neutrale potrebbe sceglierlo come referee semplicemente scorrendo la bibliografia. Molti referee inoltre, in fase di revisione, fanno di tutto per pompare le loro citazioni sostanzialmente spingendo gli autori a citare i loro lavori, anche se poco pertinenti. Ma questo accade su riviste minori. [2]

La cosa più rilevante da comprendere della natura del peer review, è come sia un processo a cui partecipano soggetti consapevolmente e strutturalmente in conflitto di interessi. La cosa divertente è che questo stesso sistema è anche usato per allocare i fondi di ricerca pubblici, come vedremo.

Il fatto che ogni tanto qualche articolo “scomodo” riesca a bucare il muro del peer review non deve ovviamente ingannare: il processo, seppur ben guidato, rimane ancora in parte casuale. Un referee può raccomandare l’accettazione inaspettatamente, e l’editor può farci ben poco. In ogni caso poco male: un articolo scomodo ogni tanto non contribuirà mai alla crazione del consensus, quello che fa comodo agli apparati finanziatori ultimi, e anzi dà all’osservatore esterno l’illusione che ci sia un dibattito franco.

Ma quindi si può davvero truccare i risultati di una ricerca e farla franca?

Generalmente sì, anche perché si bara a vari livelli, generalmente lasciandosi dietro vari schermi di plausible deniability, ossia espedienti che ti permettono di dire che ti sei sbagliato, che non lo sapevi, che non l’hai fatto apposta, che è stato il dottorando, che il cane ti ha mangiato i dati grezzi. Certo, nel raro caso che si venga scoperti non ci fai una bella figura, e il paper generalmente finirà “retracted”. Un discreto marchio di infamia sulla carriera di un ricercatore, che se però riesce a nascondere le prove della sua malafede conserverà comunque la cattedra, e tra qualche anno tutti si saranno dimenticati. Dopotutto son cose che fanno tutti: peccato, pietre, eccetera.

Ogni tanto, sempre più di frequente, capita qualche retraction grossa, dove si scopre che i dati di qualche lavoro ben pubblicato erano completamente inventati, e che i risultati erano troppo belli per essere veri. Questo accade quando qualche giovane emergente psicopatico esagera, e attira troppo l’attenzione su di sé. Questi casi estremi di frode totale sono sicuramente più numerosi di quelli scoperti, ma come detto non serve inventarsi i dati per trovare un risultato pubblicabile, basta pagare una scimmia che provi tutti i modelli possibili su tutti i sottoinsiemi possibili. La giustificazione a posteriori del perché hai escluso il sottoinsieme B si trova sempre. Volendo puoi anche ometterla, tanto se non hai pestato i piedi a nessuno è escluso che qualcuno si metta a fare le pulci al tuo lavoro. Addirittura nelle scienze sperimentali può capitare che nessuno sia riuscito a replicare gli esperimenti di paper importantissimi, e ci hanno messo quindici anni a scoprire che forse si erano inventati tutto. Andatevi a cercare su google “alzheimer scandal” LOL! Non c’è nessun incentivo reale nell’accademia a scoprire articoli farlocchi, se non letteralmente vantarsene su twitter.

I fondi per la ricerca

Per fare ricerca servono soldi. Non ci sono solo le attrezzature dei laboratori, che non sono comunque necessari in numerose discipline. C’è anche e soprattutto la forza lavoro. I laboratori e in generale la ricerca è infatti mandata avanti da gente sottopagata, cioè dottorandi e post-doc (in italia noti come “assegnisti”). Ma non solo, ci sono anche spese per software, acquisto dataset, viaggi per conferenze, seminari e workshop da organizzare, con gente da invitare e a cui pagare viaggio, albergo e cena in ristorante decente. Considerate l’importante lato PR di questo aspetto: invitare un professore importante, magari un editor, per una vacanzetta di due giorni e farselo “amico” può sempre tornare utile.

Oltre a tutto questo, c’è da considerare che in genere le università trattengono una quota dei grants vinti da ogni professore, e con questa quota ci fanno varie cose. Se il professore sfigato che non vince i grants deve cambiare la sedia, o il computer, o vuole andare a presentare a una conferenza sfigata dove non è invitato, dovrà andare col cappello in mano dal direttore di dipartimento a chiedere i soldi, che in buona parte proverranno dai grants vinti dagli altri. Non so come funzioni in Italia, ma nel resto del mondo è certamente così. Questo significa ovviamente che un professore che vince grants avrà più potere e prestigio in seno al dipartimento di uno che non li vince.

In breve, vincere fondi è un obiettivo fondamentale per ogni ricercatore ambizioso. Non vincere grants, anche per un professore con la tenure, implica diventare una sorta di reietto. A non vincere grants è quello strano, coi capelli arruffati, che ha l’ufficio in fondo al corridoio vicino al cesso. Ma come si vincono i grants?

I grants vengono dati da appositi enti – pubblici o privati – per l’erogazione di fondi alla ricerca, che pubblicano dei bandi, periodici o speciali. Il professore, o gruppo di ricerca, scrive un progetto di ricerca, nel quale dice cosa vuole fare, perché è importante, come intende farlo, con quali risorse e quanti soldi gli servono. La commissione a questo punto nomina dei referees “anonimi” esperti nel campo, che fanno la peer review sul progetto. Non ci vuole poco a capire che se sei un esperto nel campo, sai benissimo chi andrai a valutare. Se avete letto fino a qua, saprete anche benissimo che i referees hanno un gigantesco conflitto di interessi. Basta infatti una supercazzola per affossare il progetto della banda rivale, o favorire l’amico con il quale condividi la stessa agenda di ricerca, mentre nessuno avrà il coraggio di affossare il progetto del raìs del campo. La commissione infine valuterà il profilo accademico del richiedente, ovviamente contando il numero e il prestigio delle pubblicazioni, nonché il totemico H-index.

Abbiamo quindi un sistema dove pubblica chi ottiene i grants, e ottiene i grants chi pubblica. Il tutto governato da un inestricabile intreccio di conflitti di interesse, dove a risultare vincenti sono le connessioni informali – e in ultima istanza interessate – del singolo ricercatore. Connessioni informali che, ricordiamolo partono dal dottorato. Quello che è presentato come un sistema asettico, oggettivo e informale di valutazione meritocratica, assomiglia nella migliore delle ipotesi al sistema per assegnare l’appalto del rifacimento del parcheggio dei bus di un paesino dell’agro Pontino negli anni Ottanta.

L’agenda di ricerca

L’abbiamo nominata varie volte, ma cos’è davvero una agenda di ricerca? Sinteticamente possiamo dire che l’agenda di ricerca è un filone di ricerca in un certo sotto-campo di una sotto-disciplina, legato ad una ipotesi di partenza, e/o a una particolare metodologia. Questa ipotesi di partenza tenderà sempre a trovare conferma da chi porta avanti l’agenda. La metodologia invece verrà sempre presentata come risolutiva, e di gran lunga superiore alle alternative. Agenda di ricerca, per continuare con l’esempio di prima, potrebbe essere il rapporto fra colore e peso specifico degli escrementi bovini e produzione di latte. Oppure metodi non-parametrici per stimare la produzione di escrementi data la composizione della dieta.

Attorno all’agenda di ricerca vengono costruite o bloccate le carriere: un ricercatore con agenda “hot”, magari in un campo relativamente nuovo, avrà molte più probabilità di pubblicare bene, e quindi di prendere grants, e quindi di pubblicare bene. In genere si viene lanciati sull’agenda hot durante il dottorato, se l’advisor ti consiglia bene. Ad esempio può darsi che l’advisor abbia in mente un filone, ma non gli va di mettersi a imparare una nuova metodologia a 50 anni, quindi manda avanti il giovane coautore. Spesso quindi il prof cinquantenne, ormai “full professor”, si trova a diventare fra i leader di un filone di ricerca “d’avanguardia” senza averne mai davvero padroneggiato le metodologie e le tecnicalità, limitandosi dunque al lato manageriale e di marketing della questione.

Come già spiegato, intorno alle agende si formano delle vere e proprie bande, che agiscono per monopolizzare il dibattito sull’argomento, dando vita a un vero e proprio pseudo-dibattito controllato. Gli articoli “seminali” dei boss non si potranno mai demolire totalmente, semmai arricchire, espandere. Si potranno esplorare le questioni da un altro punto di vista, sotto altre dimensioni, utilizzare nuove tecniche di analisi, altri dati, che porteranno a conclusioni sempre via via diverse. La cosa chiave è che nessuno dirà mai “scusate raga ma qui stiamo perdendo tempo”. L’unico tempo perso nell’accademia è quello che non porta a pubblicazioni e quindi a grants.

Ma quindi chi detta l’agenda? La dettano – direttamente – i big players della ricerca, ossia i professori al top della carriera a livello internazionale, editors delle riviste più prestigiose. Indirettamente la dettano quindi i finanziatori ultimi della ricerca, diretti e indiretti: multinazionali e governi, sia direttamente che indirettamente, tramite l’azione delle lobby e dei vari potentati internazionali.

Il grosso equivoco alla base della scienza, e quindi della giustificazione del suo finanziamento di fronte all’opinione pubblica, è che questo incessante e caotico “ricercare per pubblicare” riesca comunque ad aggiungere tasselli alla Conoscenza. Ciò è largamente falso.

Infatti, le agende di ricerca non si parlano mai tra loro, e soprattutto non sembrano mai giungere ad una conclusione. Dopo anni di pseudodibattito l’agenda sarà stata talmente “arricchita” da centinaia di articoli pubblicati, che provare a dargli un senso sarebbe un lavoro duro e ingrato. Ingrato perché di fare questo lavoro non interessa a nessuno. Fondi sono stati spesi, e cattedre sono state prese. Il filone infatti prima o poi si secca: l’argomento smette di essere di moda, quindi di essere appetibile per le riviste top, passa via via su riviste minori, i dottorandi nuovi smetteranno di interessarsene, e se i leader del filone tengono alla carriera, passeranno ad altro. E ricomincia la giostra.

Le domande fondamentali poste all’inizio dell’agenda non avranno trovato risposte soddisfacenti, e le problematiche concettuali e metodologiche sollevate nel corso dello pseudo-dibattito accademico non saranno certamente state risolte. Un osservatore esterno che dovesse studiare tutta la letteratura di un filone di ricerca non potrà fare a meno di notare che i risultati “da portare a casa” sono ben pochi. Fra risultati inconcludenti, metodologie errate o applicate erroneamente, il contributo netto portato alla conoscenza è quasi sempre zero, e la risposta qualitativa, o “di buon senso”, rimane sempre la migliore.

Conclusioni

Abbiamo fin qui descritto lo scientificio. Il suo funzionamento, gli attori in esso coinvolti e il loro reclutamento. Abbiamo descritto come il conflitto di interessi – e la corruzione morale e sostanziale – governino ogni aspetto della professione accademica, che non è quindi in grado, nel suo complesso, di offrire alcun punto di vista oggettivo e imparziale, su nulla.

Il prodotto della scienza è una gigantesca montagna di merda: risposte sbagliate, incomplete, platealmente false e/o irrilevanti. Risposte a domande che nella maggior parte dei casi nessuno sano di mente avrebbe voluto porre. Una montagna di merda dove nessuno, fra quelli che vi sguazzano, sa un cazzo. Nessuno capisce un cazzo, e a domande malposte vengono date dietro pagamento risposte pilotate. Una montagna di merda dentro la quale mani febbrili cercano – e trovano – la giustificazione mistico-religiosa del potere, dell’arbitrio e della tirannide contemporanea.

Certo, ci sono le eccezioni. Certo, ci sta il prof. che è passato attraverso le maglie del sistema, e ora grazie alla posizione ha una piattaforma per dire qualcosa di interessante. Ma è una voce isolata, ridicolizzata, utilizzata per aizzare i consueti due minuti d’odio televisivi o social. Non c’è nessun bambino da salvare nell’acqua sporca. Il bambino è morto. Affogato nei liquami.

Il “dibattito accademico” è ormai un processo totalmente autoreferenziale, che non porta ad alcun risultato quantitativo (o qualitativo) tangibile. L’intera ricerca accademica non è altro che un gigantesco schema Ponzi per aumentare le citazioni, che servono a ottenere grants e pompare l’ego e il conto in banca – ma soprattutto l’ego – di carrieristi di professione.

La scienza come istituzione è un elefantiaco apparato ipertrofico, corrotto fino al midollo, la cui unica funzione – oltre a riprodurre incestuosamente sé stesso – è fornire la legittimazione del potere. Sicuramente un tempo era in grado di fornire anche la base della conoscenza tecnica necessaria alla riproduzione e al mantenimento del potere stesso. Oggi non più, la produzione inarrestabile della montagna di merda lo rende impossibile. Al più riesce a selezionare, nominalmente ed assegnando semplicemente un gettone di presenza attraverso le scuole più d’élite, i rampolli della nuova classe dirigente.

Quando qualcuno vi magnifica l’ultimo ritrovato della scienza, l’unica risposta possibile che si può dare è “non compro niente, grazie”. Se qualcuno vi dice che sta agendo “secondo scienza”, scappate.

di “Birbo Luddynski”

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giovedì 9 febbraio 2023

il caso del monologo di chiara ferragni


Ci sono avvenimenti, fatti, discorsi nei quali, se hai voglia, puoi leggere con straordinaria chiarezza lo spirito di un'epoca. È certamente il caso del monologo di chiara ferragni a Sanremo. C'è dentro tutto, ma proprio tutto, quello che ci contraddistingue:
1) Spleen della mediocrità, anzi proprio della scarsezza. Più sei incapace a leggere, scrivere, recitare, cantare, ballare ecc... più sali in alto e più vieni venerato. Questo perché? Perché le classi dominanti adottano strategie per abbassare sempre di più il livello della cultura popolare. Dunque servono modelli in cui chiunque, anche il più mediocre dei mediocri possa riconoscersi. Mai vista una recitazione/lettura più mal fatta, ridicola, patetica, neanche a un saggio delle elementari. Quindi prima serata nazionale nella trasmissione più seguita dell'anno. Serve un popolo di semi primitivi per far restare in piedi un sistema basato sullo sfruttamento sistematico.
2) Delirio narcisistico patologico e autoreferenzialità totale. Io, io, io, io, io e ancora io. Un mondo di individui soli, tristi, vuoti, perennemente attaccati a un terminale, in lotta con il resto del mondo per un tozzo di pane, che hanno bisogno di pompare, oltre ogni livello di grottesco, il nulla che sono.
3) Sentimentalismo d'accatto / la Narrazione. Narrazione, quella cosa che ha completamente preso il posto dei fatti, della realtà, della razionalità. Una sorta di pensiero magico da poveretti, una globalizzazione della peggior televisione americana divenuta linguaggio ufficiale del potere. Ti fanno lavorare come uno schiavo per due soldi? Ma è bellissimo, sei libero ed è tutta una meravigliosa avventura. La società dello spettacolo di debordiana memoria completamente fuori controllo. Un mondo di palloncini e cuoricini a coprire il puzzo della morte.
4) Vittimismo, piagnisteo. Altro cardine fondamentale dell'ideologia dominante. La funzione è doppia. Uno: rendere gli individui sempre più fragili, deboli, incapaci di lottare, affrontare la vita, sempre rannicchiati in un angolo a piangersi addosso e dipingersi come oggetti di soprusi, vessazioni di ogni genere. Quel che esiste lo si ingigantisce a dismisura, il resto lo si inventa senza ritegno. Tutto è tragedia, offesa, freccia avvelenata che trapassa il cuore. Due: fatti fuori i diritti sociali, vero incubo dei padroni, bisognava inventarsi qualcosa per continuare a mettere in scena la lotta politica. Ecco dunque i difensori dei diritti dei piagnoni in eterna guerra con coloro che vogliono negarli. Inutile specificare che è solo teatrino da poveracci.
Alberto Scotti




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giovedì 2 febbraio 2023

CORRADO MALANGA : " chi ha Anima e chi non ha Anima

CORRADO MALANGA : " chi ha Anima e chi non ha Anima " .......Malanga: I cosiddetti poteri forti, cioè coloro che comandano e hanno comandato questo pianeta, quindi le grandi famiglie e non solo i grandi banchieri, ovvero le grandi famiglie monarchiche di tutto il pianeta, non hanno la parte animica.
Sapete, chi è animico si riconosce; la parte animica si riconosce da un paio di osservazioni fondamentali… chi è animico, non è amante delle regole. Chi è animico, è sostanzialmente molto creativo. Chi è animico, non ha interesse per il potere, non ha interesse per i soldi. Non ha interesse: è anarchico sostanzialmente. Chi non è animico, segue invece percorsi che consentono di salire nella scala sociale, per essere considerato uno che comanda e avere un sacco di soldi.
I nostri poteri forti quindi, non hanno la possibilità in futuro di avere molta coscienza, molta consapevolezza di sé. Non c’è nessuna differenza tra un essere umano non animico e un alieno senza parte animica, tutti e due hanno poca coscienza di sé. In questo contesto, credono che vivere in eterno sia un traguardo importante per loro. Non sanno invece che è nell’acquisizione dell’esperienza della morte, cioè del nascere e del morire per iniziare e finire, che c’è la vera consapevolezza della coscienza.
La coscienza ha costruito l’universo, per imparare l’unica cosa che non sapeva. Siccome la coscienza è eterna, non sa cosa vuol dire cominciare e finire, non lo sa. L’unica possibilità che ha per saperlo è quella di vivere in un corpo che nasce, che vive e che muore.
Ma chi lo sa questo? Chi è animico, chi ha chiara consapevolezza di essere anima, mente, e spirito: ovvero le tre componenti di questa specie di “trimurti”, di “Santissima trinità” come la chiamano le religioni del nostro pianeta. Ma chi non è animico, chi segue le regole e ha paura di morire, non sa dentro di sé che c’è l’eternità dietro la morte. L’animico avrà, dunque, paura di soffrire, ma non ha paura di morire.
Perché il non animico segue le regole? Perché le regole della società sono la rappresentazione di una scatola dentro la quale egli è. Se segui le regole sei dentro la scatola, se non segui le regole sei fuori. Siccome chi non è animico non ha una coscienza e consapevolezza di sé, non sa chi è, ed ha bisogno di riconoscersi in un gruppo di regole, ha bisogno di riconoscersi come appartenente a quella scatola lì, se no, non sa chi è.
I grossi agglomerati di esseri umani che possono andare dai metal Punk, ai partiti politici, alle grosse religioni, al gruppo dei filatelici, rappresentano comunque una serie di scatole in cui la gente si incontra e si riconosce e dove agisce una coscienza collettiva… ma l’uomo è un’altra cosa. L’uomo è una singola parte che non ha bisogno di riconoscersi nel comportamento degli altri. Chi se ne frega di cosa fanno gli altri. L’essere umano cosciente è un uomo, è colui che cammina, mentre gli altri magari un po’ a pecora, gli vanno dietro.
Domanda: Ma questa parte animica, quanto è veramente interessata a cambiare le condizioni di questo pianeta?
Malanga: La parte animica, è molto poco interessata, perché è poco consapevole, soprattutto all’inizio del suo percorso, di quello che è venuta a fare qui. In ipnosi, vengono fuori delle risposte incredibili. Si prende il soggetto, lo si porta in ipnosi profonda e durante l’ipnosi profonda quello che viene fuori è questo: si chiede alla parte animica “ti piace il tuo contenitore (involucro fisico)?” “si, mi piace, però è scemo, lui non capisce”, oppure “l’abbiamo scelto tutti”… perché la parte animica parla al plurale: “noi tutti= io sono”.
Io chiedo: “sai che ci sono dei signori che vengono a prenderti?”, “si lo so”, “e sai cosa vogliono?”, “sì, la mia energia”, “e tu gliela dai?”, “Sì, perché tanto ne ho tanta”.
“Invece no – rispondo io – non gliela devi dare l’energia, perché quella energia è tua e non la devi dare ad un altro, perché se gli dai energia, l’altro non imparerà mai a fare il suo percorso coscienziale, quel percorso che tu stai facendo. Se tu dai la tua energia all’altro, l’altro poi finisce che non muore mai e se non muore mai non impara che cosa vuol dire morire. Tu lo devi costringere in qualche modo a seguire un percorso di acquisizione di consapevolezza, che non passi attraverso il tuo sfruttamento”.
Ebbene, l’anima non sa questa cosa, non la capisce, non la comprende fino all’istante in cui tu non le ricordi che lei una volta era la parte di un tutto. Lei era una grande anima, un’anima mundi, dove in realtà anima mente e spirito, queste tre componenti con tre coscienze diverse, albergano dentro questo corpo. Quel che i cattolici chiamano il tabernacolo della Santissima Trinità.
Non a caso, questi corpi erano una sola sfera, non c’erano l’anima, la mente, lo spirito. Prima c’era la coscienza, che è Dio, la creazione. Ad un certo punto della nostra evoluzione, le tre sfere che prima erano unite si sono divise in tre, perché bisogna cercare di costruire l’universo duale, con delle barriere per far capire che ci sono i buoni e cattivi, l’acceso e lo spento, l’alto e il basso, il comunista e il fascista…. In realtà non è vero niente: non c’è il dualismo e quindi non ci sono le barriere, non c’è il dentro e non c’è il fuori, ma noi siamo parte di un tutto.
Se uno comprende questo, comprende anche che qualcuno ha usato il sistema del “divide et impera”, la coscienza è stata presa, manipolata, e divisa in tre. E la coscienza non sapeva cosa stava succedendo, perché non ne aveva esperienza e così si è fatta fregare facendosi dividere in tre.
È così che hanno fatto gli alieni che hanno creato i nostri governanti, che non sono alieni, ma alienati forte… E cosa fanno quando devono mantenere il loro potere? Facile: trasformano la lotta tra il popolo e loro, in una lotta tra una parte del popolo e l’altra parte del popolo.
Facciamo un esempio: la Fiat. Gli operai contro Marchionne. Cosa fa Marchionne? Fa un referendum interno alla Fiat per dividere gli operai, per vedere quali saranno a favore o contro. Cosa fa la ministra della pubblica istruzione, quando ha tutti gli studenti contro? Decide che gli studenti si debbano confrontare tra di loro e crea un dualismo tra studenti bocconiani e gli altri, tra ricchi e poveri, tra studenti anti-sistema e studenti normali, dove il normale ha un significato ben preciso.
Normale per la società vuol dire “appartenere al numero più numeroso”. Non vuol dire altro. E allora ecco cosa fa la Chiesa… Inventa il “divide et impera”, perché bisogna cambiare tutto per non cambiare niente. Quindi è evidente che i nostri alienati padroni del nostro pianeta, hanno imparato dagli alieni, che sono miliardi di anni più vecchi di noi e da questo punto di vista la sanno lunga.
Domanda: Qual’è la minaccia principale verso la parte animica?
Malanga: Devo dire che non esistono minacce reali. Perché alla fine dei conti, solo chi non ha capito niente, come l’alieno e l’alienato, può pensare e per un solo attimo farsi illusione di poter vincere questa battaglia, cioè di prelevare la coscienza e la parte animica ad un altro, per avvantaggiarsene. Solo un cretino può fare una cosa del genere. Il quale poverino non è cretino nel senso dispregiativo, ma non avendo la coscienza della parte animica, ma solo la coscienza della parte mentale, della parte spirituale, non avendo quindi consapevolezza di sé, pensa a questo suo progetto di rubare all’altro l’esperienza, evitando così di farla e di soffrire…
La parte animica, per quanto possa essere stata dissociata e staccata dagli altri suoi due pezzi, finisce sempre per vincere anche se l’abbiamo trovata inconsapevole all’inizio delle nostre ricerche e ora la troviamo più consapevole di prima, perché basta che uno solo comprenda una cosa, che tutti gli altri la comprenderanno, perché nell’universo siamo dentro tutti, nello stesso istante, nello stesso momento.
L’universo fisico non è locale, secondo la fisica di Bohm. Quindi, non esiste né lo spazio, né il tempo, né l’energia ma siamo tutti la stessa cosa. Cioè appena io scopro e mi ricordo chi sono, così se lo ricordano tutti a livello inconscio poi a livello conscio, magari leggono qualcosa di quel che ho scritto io e dicono: “ma lo sai che quello che scrive questo signore, e come se l’avessi sempre saputo?”
Prof. Corrado Malanga – Ricercatore Universitario Presso Dipartimento di Chimica dell’università di Pisa. Ha pubblicato circa 50 lavori su riviste internazionali di Chimica, ma non è per questo che negli ultimi anni è diventato famoso tra il popolo non allineato alla verità del mainstream, piuttosto lo è per la sua ricerca di oltre 40 anni, su UFO e Alieni e in particolare sulle abductions. La ricerca e la divulgazione di Corrado Malanga riguardano particolarmente i rapimenti alieni (Abduction), che studia mediante tecniche di Ipnosi Regressiva e Programmazione Neuro Linguistica.
Articolo di Cristina Bassi 
http://altrarealta.blogspot.it/