Spending review: restano le pensioni d’oro, tagliati i buoni pasto agli statali
Di sicuro le misure di risparmio non passeranno attraverso il tanto sospirato taglio alle pensioni d’oro dei manager pubblici. Qui la notizia è già ufficiale: il governo ha accantonato il tetto sulle pensioni sopra i 6mila euro dando parere negativo a un emendamento presentato dal deputato PdlGuido Crosetto. Doveva essere una misura di equità nel gran calderone dei tagli ma nel Cdm in programma domani mattina non c’è n’è traccia. Da Palazzo Chigi filtra solo la promessa di riproporre la questione insieme alle misure sullo sviluppo. Si ripartirà da quell’emendamento che prevede che le pensioni erogate in base al sistema retributivo non possano superare i 6mila euro netti al mese mentre sono fatti salvi le pensioni e i vitalizi corrisposti esclusivamente in base al sistema contributivo. Per ora è tutto rimandato e il sistema continuerà ad elargire 109mila pensioni sopra gli 8mila euro che costano 13 miliardi di euro l’anno (dati Inps).
Nel pacchetto dell’ex liquidatore Bondi c’è infatti un’ipotesi di messa a dieta di 450mila dipendenti che già da due anni subiscono il mancato adeguamento all’inflazione dei contratti collettivi. I loro buoni pasto passerebbero dai 7-8 euro attuali a un valore di 5,29 euro che è la soglia minima esentasse per il lavoratore (per cui non viene denunciato ai fini Irpef) e per il datore di lavoro (non viene calcolato ai fini previdenziali).
Per il governo dalla dieta si ricaverebbero circa 10 milioni di euro. Una cifra che appare risibile ai sindacati di categoria che chiedono di ridurre i privilegi dei manage pubblici piuttosto affamare i dipendenti già in difficoltà. «Ridurre l’importo del buono pasto dei dipendenti pubblici a 5,29 euro, cioè la soglia massima esentasse, significa tornare al valore di acquisto di 15 anni fa e quindi togliere fisicamente il pane dalla bocca a tanti lavoratori senza far risparmiare in maniera significativa lo Stato».
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