Torpore nella miseria, demenza nel potere
… nella situazione di divisione dell'Europa civilizzata da barriere, da interessi e da passioni che impediscono agli individui e alle nazioni di comunicare liberamente fra di loro e di rigenerarsi a vicenda, sono possibili solo le sommosse, ma non più le rivoluzioni; — ed infine, siccome la Rivoluzione è la condizione d'esistenza delle società, occorre che la società europea sia sconvolta, rimaneggiata, rimescolata, rinnovata da cima a fondo come uomini e come istituzioni; — occorre che il suo cuore incancrenito sia attraversato dal ferro rovente e che questa cauterizzazione sia l'incendio, la distruzione, la liquidazione del vecchio mondo.
Milleottocento anni fa l'impero romano si faceva vecchio; si dibatteva nelle convulsioni dell'agonia. Le scosse prodotte su questo grande corpo morto dalle lance dei barbari invasori non erano in grado di galvanizzarlo. La dittatura dei Cesari era caduta da Augusto ad Augustolo. Il popolo-re, guidato da appetiti materiali, da istinti guerrieri, domandava pane e spettacoli; andava nei circhi ad inebriarsi all'odore del sangue dei martiri. Le classi patrizie erano assillate dal lusso e dalla depravazione. Solo il feroce dispotismo dei Tiberio, dei Nerone, dei Caligola riuscì a mantenere una coesione sanguinosa fra le diverse parti del corpo sociale incancrenito; l'impero in declino era minacciato ogni giorno da una nuova usurpazione militare. La corruzione, la venalità delle cariche, il disprezzo delle leggi, l'assenza di ogni fede si erano infiltrati dappertutto.
Torpore nella miseria, demenza nel potere: questo era il quadro dell'impero romano crollante.
Germe di una nuova fase di civiltà, il cristianesimo — scontratosi con una valanga di Barbari, organizzazioni di ferro, intelligenze incolte che, ignorati ancora da tutti alla vigilia, si abbandonavano nudi sui pendii dei ghiacciai — si diffuse sul vecchio continente.
Fra la società romana della decadenza e le società borghesi odierne, tutto è simile: stesso disprezzo per una religione che non comprende le aspirazioni del secolo; stesso abbassamento sotto dispotismi senza gloria e senza sanzioni; stesse mostruose ricchezze; stesse miserie desolanti; stessi sentimenti di egoismo e di indifferenza; stessa negazione radicale del passato; stessa esplorazione avida nel campo dell'avvenire; stessa maggioranza di interessi materiali contro le nuove idee; stessa devozione ardente, stesse intelligenze di elite in minoranza per realizzarle.
Ma allora è l'annientamento, la rovina, il cataclisma, il giudizio finale, il caos, che la vostra voce sacrilega reclama sulle società moderne!
Sì, io reclamo tutto ciò; è colpa mia se l'umanità è perduta, tremante, gelata sotto il sudario di denaro che la copre, e se essa domanda invano la strada a chi ha la pretesa di guidarla?
Sì, io invoco il caos; e occorre chiamarlo in nostro aiuto, perché una società che vegeta, si trascina e agonizza come la nostra, è una società decomposta!
Sì, io invoco la morte; almeno c'è calore, vita e un intero mondo nuovo nella putrefazione delle tombe, mentre in mezzo alla corruzione e allo scetticismo che ci divorano non c'è altro che immobilità, impotenza e freddi cadaveri!
[…]
Non c'è più energia, non più onore, nel paese che si lascia taglieggiare, saccheggiare, sgozzare a piacere e misericordia da un pugno di banditi, e che guarda passare con indifferenza, fra file di pretoriani ebbri, i difensori del diritto legati, traditi, venduti da coloro che si dicevano loro amici, umiliati dai loro nemici come animali immondi!!
Non c'è più senso morale nel popolo che sancisce con un voto generale, pure forzato, l'assassinio, la tortura e il brigantaggio!!!
Non c'è più sensibilità, non c'è più cuore, nella nazione che lascia fucilare donne, bambini e vecchi e che presta giuramento ad un pazzo furioso e ubriaco!!!!
Non c'è più né odio, né amore, né indignazione capaci di disselciare una strada nella città capitale in cui i proletari curvano la testa e vanno a stordirsi al banco o ai fuochi artificiali!!!!!
Non c'è più sangue nelle vene di una popolazione che tende il proprio collo al coltello, i polsi alle manette, la schiena al piatto della sciabola, e che lascia sbavare sul suo onore le più ignobili gozzoviglie dell'orgia!!!!!!
Non c'è più slancio, non c'è più elasticità nelle fibre delle masse, quando l'odore del sangue sale alle loro narici ed esse non sobbalzano, non ruggiscono e non si vendicano!!!!!!!
Dite che il diritto di rivendicazione non muore mai!... Allora quand'è che il popolo lo eserciterà?... Da dove verranno i vendicatori?... Appoggiate l'orecchio su qualsiasi punto di questa terra imbrattata di sangue e bagnata di lacrime, e questa terra, le cui rocce dovrebbero ergersi e gli alberi spalancarsi per polverizzare l'infame che la insudicia, questa terra non freme quasi più.
Dove sono allora quei rumori terribili che presagiscono le Rivoluzioni? Dove c'è un sotterraneo che faccia risuonare il calcio del fucile? Dov'è la segreta da dove si sprigioni l'odore della polvere che si fabbrica o del piombo fuso? Dov'è una foresta il cui silenzio sia turbato per una notte dagli uomini senza paura che cospirano sotto lo sguardo di Dio? Dove sono, dunque, una opinione pubblica, una emozione potente, un uomo attaccato ai suoi principi o ai suoi colori, una coscienza che non possa essere comprata, una intelligenza che non sia falsata, un corpo che non sia infettato da un virus contagioso? […]
Io oso fissare il nord, invece di distogliere lo sguardo dalle nuvole che vi si addensano, dalla folgore che brontola, da quella potenza russa che ci spaventa con tutto il suo peso, e affermo: non ci sarà più rivoluzione finché non scenderanno i cosacchi.
[De la révolution dans l'homme et dans la société, 1852
http://finimondo.org/node/1494
http://altrarealta.blogspot.it/
Milleottocento anni fa l'impero romano si faceva vecchio; si dibatteva nelle convulsioni dell'agonia. Le scosse prodotte su questo grande corpo morto dalle lance dei barbari invasori non erano in grado di galvanizzarlo. La dittatura dei Cesari era caduta da Augusto ad Augustolo. Il popolo-re, guidato da appetiti materiali, da istinti guerrieri, domandava pane e spettacoli; andava nei circhi ad inebriarsi all'odore del sangue dei martiri. Le classi patrizie erano assillate dal lusso e dalla depravazione. Solo il feroce dispotismo dei Tiberio, dei Nerone, dei Caligola riuscì a mantenere una coesione sanguinosa fra le diverse parti del corpo sociale incancrenito; l'impero in declino era minacciato ogni giorno da una nuova usurpazione militare. La corruzione, la venalità delle cariche, il disprezzo delle leggi, l'assenza di ogni fede si erano infiltrati dappertutto.
Torpore nella miseria, demenza nel potere: questo era il quadro dell'impero romano crollante.
Germe di una nuova fase di civiltà, il cristianesimo — scontratosi con una valanga di Barbari, organizzazioni di ferro, intelligenze incolte che, ignorati ancora da tutti alla vigilia, si abbandonavano nudi sui pendii dei ghiacciai — si diffuse sul vecchio continente.
Fra la società romana della decadenza e le società borghesi odierne, tutto è simile: stesso disprezzo per una religione che non comprende le aspirazioni del secolo; stesso abbassamento sotto dispotismi senza gloria e senza sanzioni; stesse mostruose ricchezze; stesse miserie desolanti; stessi sentimenti di egoismo e di indifferenza; stessa negazione radicale del passato; stessa esplorazione avida nel campo dell'avvenire; stessa maggioranza di interessi materiali contro le nuove idee; stessa devozione ardente, stesse intelligenze di elite in minoranza per realizzarle.
Ma allora è l'annientamento, la rovina, il cataclisma, il giudizio finale, il caos, che la vostra voce sacrilega reclama sulle società moderne!
Sì, io reclamo tutto ciò; è colpa mia se l'umanità è perduta, tremante, gelata sotto il sudario di denaro che la copre, e se essa domanda invano la strada a chi ha la pretesa di guidarla?
Sì, io invoco il caos; e occorre chiamarlo in nostro aiuto, perché una società che vegeta, si trascina e agonizza come la nostra, è una società decomposta!
Sì, io invoco la morte; almeno c'è calore, vita e un intero mondo nuovo nella putrefazione delle tombe, mentre in mezzo alla corruzione e allo scetticismo che ci divorano non c'è altro che immobilità, impotenza e freddi cadaveri!
[…]
Ernest Cœurderoy
Non c'è più energia, non più onore, nel paese che si lascia taglieggiare, saccheggiare, sgozzare a piacere e misericordia da un pugno di banditi, e che guarda passare con indifferenza, fra file di pretoriani ebbri, i difensori del diritto legati, traditi, venduti da coloro che si dicevano loro amici, umiliati dai loro nemici come animali immondi!!
Non c'è più senso morale nel popolo che sancisce con un voto generale, pure forzato, l'assassinio, la tortura e il brigantaggio!!!
Non c'è più sensibilità, non c'è più cuore, nella nazione che lascia fucilare donne, bambini e vecchi e che presta giuramento ad un pazzo furioso e ubriaco!!!!
Non c'è più né odio, né amore, né indignazione capaci di disselciare una strada nella città capitale in cui i proletari curvano la testa e vanno a stordirsi al banco o ai fuochi artificiali!!!!!
Non c'è più sangue nelle vene di una popolazione che tende il proprio collo al coltello, i polsi alle manette, la schiena al piatto della sciabola, e che lascia sbavare sul suo onore le più ignobili gozzoviglie dell'orgia!!!!!!
Non c'è più slancio, non c'è più elasticità nelle fibre delle masse, quando l'odore del sangue sale alle loro narici ed esse non sobbalzano, non ruggiscono e non si vendicano!!!!!!!
Dite che il diritto di rivendicazione non muore mai!... Allora quand'è che il popolo lo eserciterà?... Da dove verranno i vendicatori?... Appoggiate l'orecchio su qualsiasi punto di questa terra imbrattata di sangue e bagnata di lacrime, e questa terra, le cui rocce dovrebbero ergersi e gli alberi spalancarsi per polverizzare l'infame che la insudicia, questa terra non freme quasi più.
Dove sono allora quei rumori terribili che presagiscono le Rivoluzioni? Dove c'è un sotterraneo che faccia risuonare il calcio del fucile? Dov'è la segreta da dove si sprigioni l'odore della polvere che si fabbrica o del piombo fuso? Dov'è una foresta il cui silenzio sia turbato per una notte dagli uomini senza paura che cospirano sotto lo sguardo di Dio? Dove sono, dunque, una opinione pubblica, una emozione potente, un uomo attaccato ai suoi principi o ai suoi colori, una coscienza che non possa essere comprata, una intelligenza che non sia falsata, un corpo che non sia infettato da un virus contagioso? […]
Io oso fissare il nord, invece di distogliere lo sguardo dalle nuvole che vi si addensano, dalla folgore che brontola, da quella potenza russa che ci spaventa con tutto il suo peso, e affermo: non ci sarà più rivoluzione finché non scenderanno i cosacchi.
[De la révolution dans l'homme et dans la société, 1852
http://finimondo.org/node/1494
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