150 EURO AL GIORNO PER PROTESTARE CONTRO TRUMP
150 EURO AL GIORNO PER PROTESTARE CONTRO TRUMP E DEVASTARE LE CITTA’! ECCO LE PROVE, INDOVINA CHI PAGA LA FECCIA CHE VEDI IN TUTTI I TG
Negli Stati Uniti non tutti hanno digerito a cuor leggero la vittoria del candidato repubblicanoDonald Trump, eletto, grazie ad una vittoria netta sulla rivale democratica Hillary Clinton, 45° Presidente della storia del Paese contro ogni pronostico e previsione. Migliaia di persone sono scese in piazza in molte grandi città per protestare contro la vittoria del “tycoon” al grido di “non è il mio presidente”, da New York a Washington D.C passando per Seattle e Oakland. Manifestazioni non sempre pacifiche, dove si sono registrati almeno un centinaio di arresti tra i manifestanti. A New York la polizia ha arrestato trenta persone che manifestavano davanti alla Trump Tower. Lo stesso è accaduto a Los Angeles, a Chicago, e in tutto il resto del Paese.
Che una parte di queste manifestazioni sia spontanea, nessuno lo vuole mettere in discussione. Ma se si analizzano a fondo questi moti di protesta contro il neo-presidente c’è anche dell’altro che merita di essere raccontato: ossia che un’altra fetta di queste proteste è de facto fomentata e finanziata ad arte da alcune associazioni molto potenti e influenti che fanno parte degli ambienti “radical” e progressistiamericani. Organizzazioni che hanno dalla loro parte un’ingente quantità di denaro da offrire a nuovi adepti e attivisti dell’ultimo minuto, tanto da pagarli fior di quattrini per farli scendere in strada ad esprimere pubblicamente il proprio dissenso contro The Donald.
Come? È davvero molto semplice. Facendo una banale ricerca su Craigslist, database molto popolare negli Stati Uniti che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti, incontri e quant’altro, si possono facilmente scovare delle curiose comunicazioni come questa: siamo a Seattle, nello Stato di Washington, una delle città teatro delle manifestazioni anti-Trump. L’annuncio è stato pubblicato nelle stesse ore – guarda caso – in cui tali dimostrazioni si sono succedute.
Che una parte di queste manifestazioni sia spontanea, nessuno lo vuole mettere in discussione. Ma se si analizzano a fondo questi moti di protesta contro il neo-presidente c’è anche dell’altro che merita di essere raccontato: ossia che un’altra fetta di queste proteste è de facto fomentata e finanziata ad arte da alcune associazioni molto potenti e influenti che fanno parte degli ambienti “radical” e progressistiamericani. Organizzazioni che hanno dalla loro parte un’ingente quantità di denaro da offrire a nuovi adepti e attivisti dell’ultimo minuto, tanto da pagarli fior di quattrini per farli scendere in strada ad esprimere pubblicamente il proprio dissenso contro The Donald. Come? È davvero molto semplice. Facendo una banale ricerca su Craigslist, database molto popolare negli Stati Uniti che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti, incontri e quant’altro, si possono facilmente scovare delle curiose comunicazioni come questa: siamo a Seattle, nello Stato di Washington, una delle città teatro delle manifestazioni anti-Trump. L’annuncio è stato pubblicato nelle stesse ore – guarda caso – in cui tali dimostrazioni si sono succedute.
La USAction nasce dalle ceneri della Citizen Action – guidata per anni dalla Booth – che contava attivisti e associazioni affiliate in 34 Stati: con l’avvento dell’amministrazione Clinton (1993) passò dall’essere un soggetto apartitico e indipendente a sostenere pubblicamente il Partito Democratico americano e l’allora presidente Bill Clinton. L’organizzazione venne coinvolta nello scandalo giudiziario Teamstersgate, a causa di un finanziamento illecito elargito a Ron Carey e alla sua rielezione alla guida del sindacato Teamsters, che rappresenta oggi operai e professionisti nel settore pubblico e privato. A causa di quella vicenda legale e di innumerevoli problemi finanziari, nel 1999 Heater Booth decise di accantonare Citizen Action e fondare la USAction.
E chi finanzia la lobby USAction e le sue battaglie mirate a “rafforzare le voci progressiste su scala locale e nazionale e aiutare i candidati affinché vengano eletti”? Semplici donazioni di privati cittadini? Non solo. Ebbene, come dimostrato dalle mail declassificate dagli hacker di DC leaksnei mesi scorsi, tra i più importanti finanziatori dell’organizzazione c’è lui, descritto dagli stessi hacker come “l’architetto di ogni rivoluzione e colpo di stato degli ultimi 25 anni”, il magnate e speculatore finanziarioGeorge Soros, nemico giurato di Donald Trump (e Vladimir Putin) nonché accanito sostenitore di Hillary Clinton e importante sponsor della sua ultima campagna elettorale. Come si evince da un documento declassificato, il presidente della Soros Fund Management e della Open Society Foundations, avrebbe infatti donato tra il 2010 e il 2011 a USAction – network di cui fa parte anche la Washington CAN! – una cifra pari a 300 mila dollari alla voce “USAction Education Fund” a favore della “più grande e importante organizzazione progressista degli Stati Uniti”.
E dunque è certamente verosimile che i soldi provenienti dalle cospicue donazioni del magnate siano state impiegati per pagare quegli stessi attivisti che abbiamo visto in strada mentre riversavano tutto il loro odio e disprezzo nei confronti del neo-presidente americano. Un nesso a dir poco inquietante, che la dice lunga su quanto Donald J. Trump sia scomodo e avverso ai poteri della grande finanza internazionale e delle élite progressiste, le quali hanno evidentemente fomentato e soffiato sul fuoco della protesta, sfociata nella poi violenza e nell’insulto, nei confronti di un presidente democraticamente eletto dalla stragrande maggioranza degli americani. Sembrerebbe la trama di un film ma a volte, si sa, la realtà supera la fantasia.
Negli Stati Uniti non tutti hanno digerito a cuor leggero la vittoria del candidato repubblicanoDonald Trump, eletto, grazie ad una vittoria netta sulla rivale democratica Hillary Clinton, 45° Presidente della storia del Paese contro ogni pronostico e previsione. Migliaia di persone sono scese in piazza in molte grandi città per protestare contro la vittoria del “tycoon” al grido di “non è il mio presidente”, da New York a Washington D.C passando per Seattle e Oakland. Manifestazioni non sempre pacifiche, dove si sono registrati almeno un centinaio di arresti tra i manifestanti. A New York la polizia ha arrestato trenta persone che manifestavano davanti alla Trump Tower. Lo stesso è accaduto a Los Angeles, a Chicago, e in tutto il resto del Paese.
Che una parte di queste manifestazioni sia spontanea, nessuno lo vuole mettere in discussione. Ma se si analizzano a fondo questi moti di protesta contro il neo-presidente c’è anche dell’altro che merita di essere raccontato: ossia che un’altra fetta di queste proteste è de facto fomentata e finanziata ad arte da alcune associazioni molto potenti e influenti che fanno parte degli ambienti “radical” e progressistiamericani. Organizzazioni che hanno dalla loro parte un’ingente quantità di denaro da offrire a nuovi adepti e attivisti dell’ultimo minuto, tanto da pagarli fior di quattrini per farli scendere in strada ad esprimere pubblicamente il proprio dissenso contro The Donald.
Come? È davvero molto semplice. Facendo una banale ricerca su Craigslist, database molto popolare negli Stati Uniti che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti, incontri e quant’altro, si possono facilmente scovare delle curiose comunicazioni come questa: siamo a Seattle, nello Stato di Washington, una delle città teatro delle manifestazioni anti-Trump. L’annuncio è stato pubblicato nelle stesse ore – guarda caso – in cui tali dimostrazioni si sono succedute.
Che una parte di queste manifestazioni sia spontanea, nessuno lo vuole mettere in discussione. Ma se si analizzano a fondo questi moti di protesta contro il neo-presidente c’è anche dell’altro che merita di essere raccontato: ossia che un’altra fetta di queste proteste è de facto fomentata e finanziata ad arte da alcune associazioni molto potenti e influenti che fanno parte degli ambienti “radical” e progressistiamericani. Organizzazioni che hanno dalla loro parte un’ingente quantità di denaro da offrire a nuovi adepti e attivisti dell’ultimo minuto, tanto da pagarli fior di quattrini per farli scendere in strada ad esprimere pubblicamente il proprio dissenso contro The Donald. Come? È davvero molto semplice. Facendo una banale ricerca su Craigslist, database molto popolare negli Stati Uniti che ospita annunci dedicati al lavoro, eventi, acquisti, incontri e quant’altro, si possono facilmente scovare delle curiose comunicazioni come questa: siamo a Seattle, nello Stato di Washington, una delle città teatro delle manifestazioni anti-Trump. L’annuncio è stato pubblicato nelle stesse ore – guarda caso – in cui tali dimostrazioni si sono succedute.
La USAction nasce dalle ceneri della Citizen Action – guidata per anni dalla Booth – che contava attivisti e associazioni affiliate in 34 Stati: con l’avvento dell’amministrazione Clinton (1993) passò dall’essere un soggetto apartitico e indipendente a sostenere pubblicamente il Partito Democratico americano e l’allora presidente Bill Clinton. L’organizzazione venne coinvolta nello scandalo giudiziario Teamstersgate, a causa di un finanziamento illecito elargito a Ron Carey e alla sua rielezione alla guida del sindacato Teamsters, che rappresenta oggi operai e professionisti nel settore pubblico e privato. A causa di quella vicenda legale e di innumerevoli problemi finanziari, nel 1999 Heater Booth decise di accantonare Citizen Action e fondare la USAction.
E chi finanzia la lobby USAction e le sue battaglie mirate a “rafforzare le voci progressiste su scala locale e nazionale e aiutare i candidati affinché vengano eletti”? Semplici donazioni di privati cittadini? Non solo. Ebbene, come dimostrato dalle mail declassificate dagli hacker di DC leaksnei mesi scorsi, tra i più importanti finanziatori dell’organizzazione c’è lui, descritto dagli stessi hacker come “l’architetto di ogni rivoluzione e colpo di stato degli ultimi 25 anni”, il magnate e speculatore finanziarioGeorge Soros, nemico giurato di Donald Trump (e Vladimir Putin) nonché accanito sostenitore di Hillary Clinton e importante sponsor della sua ultima campagna elettorale. Come si evince da un documento declassificato, il presidente della Soros Fund Management e della Open Society Foundations, avrebbe infatti donato tra il 2010 e il 2011 a USAction – network di cui fa parte anche la Washington CAN! – una cifra pari a 300 mila dollari alla voce “USAction Education Fund” a favore della “più grande e importante organizzazione progressista degli Stati Uniti”.
E dunque è certamente verosimile che i soldi provenienti dalle cospicue donazioni del magnate siano state impiegati per pagare quegli stessi attivisti che abbiamo visto in strada mentre riversavano tutto il loro odio e disprezzo nei confronti del neo-presidente americano. Un nesso a dir poco inquietante, che la dice lunga su quanto Donald J. Trump sia scomodo e avverso ai poteri della grande finanza internazionale e delle élite progressiste, le quali hanno evidentemente fomentato e soffiato sul fuoco della protesta, sfociata nella poi violenza e nell’insulto, nei confronti di un presidente democraticamente eletto dalla stragrande maggioranza degli americani. Sembrerebbe la trama di un film ma a volte, si sa, la realtà supera la fantasia.
Fonte
La Gazzetta della sera
http://altrarealta.blogspot.it/2016/11/150-euro-al-giorno-per-protestare.html
La Gazzetta della sera
http://altrarealta.blogspot.it/2016/11/150-euro-al-giorno-per-protestare.html
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