IL VOLTO DELL’ALCOOL. AMMAZZA IN SILENZIO.
Questa non è una predica. Ma devo.
Ho fatto 51 anni di sport, di cui due agonistici. Non ho bevuto quasi mai fino all’età di 48 anni. Dopo è stato un crescere, e negli ultimi 4 anni tutto si è avvitato fuori controllo, quasi uccidendomi (un tentato suicidio). Ho smesso di bere.
La parte Bukowski. Nel bere da pazzi c’è – se si è uno come me, cioè uno che ha stravissuto e che non guarda in faccia a nulla – un film di Tarantino vissuto però davvero. E ti strega, almeno, mi ha stregato. Dovete sapere che io sono un drogato di nascita, non credo di aver sangue, ma solo adrenalina in corpo. Era così alle elementari, quando ero sbeffeggiato come “Il moto perpetuo di Paganini” e giù sberle. Vivo pompando adrenalina, oggi a 59 anni più di quando ne avevo 19, e mi preoccupa. Ho fatto il reporter nel mondo, come è noto, senza mai pensare ai pericoli, pompavo adrenalina. Ho salvato vite rischiando la mia, ma manco me ne accorsi, era adrenalina. E uno così se sopra ci mette l’alcool immaginate…
Donna stracciata nuda dalle mie mani in mezzo a un locale e lingue in bocca, poi entrambi sbattuti fuori con lei che tiene il reggiseno spaccato a metà nella mano. La tranquillità di farmi fare un pompino alle 2 del pomeriggio al mare su una statale trafficatissima e in piedi fuori dalla macchina, lei dava il dito medio ai camionisti che suonavano. Essere trovati in due nudi nati, in coma etilico, su un lettino di un bagno alle 9 di mattina dalle famiglie coi figli, dopo una scopata da sanguinare. Ancora: io e un amico pisciavamo fatti fradici contro un’auto alle 4 del mattino, sentiamo un urlo alle spalle, giriamo il capo ed erano i Carabinieri. Ci siamo girati sorridendo, l'uccello di fuori e zampillo a tutta forza verso di loro, dicendogli “Prego?”. Mezzora dopo eravamo con le mani ammanettate dietro alla schiena sul pavimento di una cella di contenimento.
Sbagliare piano di un mega hotel a 5 stelle in un Paese del Medioriente, e sbucare barcollando là dove da 10 giorni tutti i dipendenti mi dicevano di NON andare. Era la suite di un principe saudita, zeppa di troie, ma anche di body guards senegalesi tutti di 1,90 e con fucili a canne mozze puntati alla mia pancia. Io manco per il cazzo, gli rido in faccia, gli do la schiena, me ne vado, ma non prima di aver ben guardato il culo di una di ste slave, che figa cazzo. Se mi ammazzavano non l’avrebbe saputo neppure la donna delle pulizia.
Svenire dentro una zuppa Won Ton in un ristorante cinese a Soho, Londra, poi su la testa e vomitarmi sulle scarpe. Manco per il cazzo, io e il mio amico Spuds compriamo un altro cartone della stessa birra che avevamo bevuto all'andata, e via. Ci siamo svegliati in una periferia, entrambi ci eravamo pisciati addosso. Cazzo ce ne fregava.
E altra roba così, tipo sfasciare un’intera casa, rotolarmi nudo nei vetri e avere uno della scientifica che arriva e fa “Ma questo è Barnard, il mio eroe. Mi ci faccio un selfie…”. Ma tante altre, tante, un film davvero.
La parte dell’orrore. Non dico che non rivivrei tutti quei momenti, ma il prezzo dopo è stato intollerabile. Mentre, non so per quale motivo, la mia lucidità di giornalista rimaneva intatta, anzi, migliorava, il resto si desertificava attorno a me, si bruciava, esplodeva, creavo dolore a persone che amavo da morire. I rapporti di lavoro saltavano, non solo ma anche perché ero diventato una bestia intrattabile. Se ripenso a come trattai Gianluigi Paragone la seconda volta che mi cacciò, sono fortunato che lui non mi abbia spaccato tutti i denti. Ero partito dalla ragione, questo lo rivendico, ma immaginate: dopo il programma sono al bar davanti, strabevuto, lui mi si avvicina col sorriso, io “fuck off” e gli faccio il segno di levarsi dal cazzo. Poi mi alzo mi avvento sul suo tavolo dove stava col regista, redattori e una tal figa, e a 20 cm dalla faccia gli urlo della testa di cazzo buffone, a lei do della gnocca fritta del cazzo, tiro un pugno al tavolo e me ne vado. Avevo ragione in partenza, poi…
Mi sono fatto spaccare un braccio dalla Polizia a Teramo, anche lì avevo ragione io, ma ve l’immaginate Barnard che, mentre gli dice che insultano la Costituzione, grida di voler essere arrestato e perché accada si butta di testa dentro a una volante? Non sono stati delicati con me. Poi ho perso la patente e mi sono beccato una denuncia dopo aver bevuto 7 Ceres in un Autogrill e averle tutte spaccate contro le pareti del bagno e gli specchi. I danni mi sono costati 8.000 euro, tutti dai pochi risparmi di mia madre, e mi sento una merda per questo.
Ancora, e sempre partendo da molte giuste ragioni, ma ho usato il lanciafiamme con la gente, avvitandomi anche in pubblico sul mio sito in una saga pietosa, a ragliare impotente di cose private, poveri lettori, e che degrado mi scese addosso. Ma il peggio è ancora altro.
Dovermi nascondere da Mamma Cobra, approfittando del fatto che è cieca e non poteva vedere la mia faccia stravolta dall’alcool. Ma Christian, l’uomo delle miniere in Amazzonia che le fa da badante, ci vedeva benissimo. E quante volte ha abbassato gli occhi per rispetto. Ma io gli vedevo in faccia lo schifo che ero, conciato così, e mi vergognavo come un’animale. Poi di peggio.
Una persona che amo più della vita che eroicamente resiste di fianco a me, che aveva avuto poco prima l’esistenza spaccata in due da un’orrenda avventura, e vederla nascondere i coltelli di cucina per paura che io tornassi a casa devastato alle 11 di mattina e l’ammazzassi o mi ammazzassi.
La mia depressione precipitava, fuori controllo. E’ vero ciò che disse l’immenso Steve Ray Vaughan, la chitarra più fantastica del Texas e forse del mondo, quando scrisse “Bevevo credendo di risolvere il problema, mentre bere era invece il peggior problema”.
Taglio corto. Fu una mattina alle 9 di diverse settimane fa che mi trovai al Pronto Soccorso del Sant’Orsola di Bologna dopo essere uscito da un semi-coma etilico, essermi strappato le flebo, per finire legato a una lettiga, poi liberato. Reggevo il referto, e c’era scritto questo: “Il paziente è noto a questo PS per abuso alcolico plurimo. Si raccomanda la presa in carico dal SERT di zona”.
Dal SERT.
Io, che per 8 anni assistetti mentre morivano di AIDS decine di ragazzi quasi tutti con quel nome sulla cartella clinica. Ne rividi, lì al Pronto Soccorso del Sant’Orsola di Bologna, gli occhi-buchi neri, i corpi deformati, la vita deformata dal Demonio delle sostsanze. No, non io. No, non massacro quella persona eroica che mai mi ha abbandonato.
Quel giorno dormii 48 ore, mi imbottii di Xanax, e chiusi con l’abuso d’alcool. Mai più ripetuto, né mai più si ripeterà. Barnard decide, e fa. Ma di più.
Io so che chi smette con il bere non toccando mai più una goccia, non è affatto guarito, esorcizza di continuo, non è sano. Il vero guarito è chi, come me oggi, beve due modesti bicchieri al giorno, la dose da nonno, ma MAI, MAI e MAI sgarra. Sapete voi il male di vivere che sento? No, non lo sapete. Quasi tutte le notti mi trascino con lo sguardo fisso sul selciato verso casa, il dolore fisico che sento per l’angoscia, per il non senso interiore, è insostenibile. Sapete quante volte mi sono detto “dai, torna indietro, ordina una bottiglia di vino e almeno per stanotte basta male, bastaaaaa!”. Non l’ho mai fatto. Due bicchieri sono due, si scrive 2, punto. E sapete perché?
Perché io quella faccia sopra non la rivedrò mai più, né la farò mai più vedere. Sono nato Mercurio, Cobra, Paolo Barnard, e se decido è così. Non mi faccio ammazzare la dignità in silenzio da quella merda dell’alcool. Mi ucciderò io quando lo deciderò, ma senza bere.
Voi regolatevi, a qualsiasi età vi capiti di bere come facevo io. Questa è la mia esperienza.
Paolo Barnard
http://altrarealta.blogspot.it/
Ho fatto 51 anni di sport, di cui due agonistici. Non ho bevuto quasi mai fino all’età di 48 anni. Dopo è stato un crescere, e negli ultimi 4 anni tutto si è avvitato fuori controllo, quasi uccidendomi (un tentato suicidio). Ho smesso di bere.
La parte Bukowski. Nel bere da pazzi c’è – se si è uno come me, cioè uno che ha stravissuto e che non guarda in faccia a nulla – un film di Tarantino vissuto però davvero. E ti strega, almeno, mi ha stregato. Dovete sapere che io sono un drogato di nascita, non credo di aver sangue, ma solo adrenalina in corpo. Era così alle elementari, quando ero sbeffeggiato come “Il moto perpetuo di Paganini” e giù sberle. Vivo pompando adrenalina, oggi a 59 anni più di quando ne avevo 19, e mi preoccupa. Ho fatto il reporter nel mondo, come è noto, senza mai pensare ai pericoli, pompavo adrenalina. Ho salvato vite rischiando la mia, ma manco me ne accorsi, era adrenalina. E uno così se sopra ci mette l’alcool immaginate…
Donna stracciata nuda dalle mie mani in mezzo a un locale e lingue in bocca, poi entrambi sbattuti fuori con lei che tiene il reggiseno spaccato a metà nella mano. La tranquillità di farmi fare un pompino alle 2 del pomeriggio al mare su una statale trafficatissima e in piedi fuori dalla macchina, lei dava il dito medio ai camionisti che suonavano. Essere trovati in due nudi nati, in coma etilico, su un lettino di un bagno alle 9 di mattina dalle famiglie coi figli, dopo una scopata da sanguinare. Ancora: io e un amico pisciavamo fatti fradici contro un’auto alle 4 del mattino, sentiamo un urlo alle spalle, giriamo il capo ed erano i Carabinieri. Ci siamo girati sorridendo, l'uccello di fuori e zampillo a tutta forza verso di loro, dicendogli “Prego?”. Mezzora dopo eravamo con le mani ammanettate dietro alla schiena sul pavimento di una cella di contenimento.
Sbagliare piano di un mega hotel a 5 stelle in un Paese del Medioriente, e sbucare barcollando là dove da 10 giorni tutti i dipendenti mi dicevano di NON andare. Era la suite di un principe saudita, zeppa di troie, ma anche di body guards senegalesi tutti di 1,90 e con fucili a canne mozze puntati alla mia pancia. Io manco per il cazzo, gli rido in faccia, gli do la schiena, me ne vado, ma non prima di aver ben guardato il culo di una di ste slave, che figa cazzo. Se mi ammazzavano non l’avrebbe saputo neppure la donna delle pulizia.
Svenire dentro una zuppa Won Ton in un ristorante cinese a Soho, Londra, poi su la testa e vomitarmi sulle scarpe. Manco per il cazzo, io e il mio amico Spuds compriamo un altro cartone della stessa birra che avevamo bevuto all'andata, e via. Ci siamo svegliati in una periferia, entrambi ci eravamo pisciati addosso. Cazzo ce ne fregava.
E altra roba così, tipo sfasciare un’intera casa, rotolarmi nudo nei vetri e avere uno della scientifica che arriva e fa “Ma questo è Barnard, il mio eroe. Mi ci faccio un selfie…”. Ma tante altre, tante, un film davvero.
La parte dell’orrore. Non dico che non rivivrei tutti quei momenti, ma il prezzo dopo è stato intollerabile. Mentre, non so per quale motivo, la mia lucidità di giornalista rimaneva intatta, anzi, migliorava, il resto si desertificava attorno a me, si bruciava, esplodeva, creavo dolore a persone che amavo da morire. I rapporti di lavoro saltavano, non solo ma anche perché ero diventato una bestia intrattabile. Se ripenso a come trattai Gianluigi Paragone la seconda volta che mi cacciò, sono fortunato che lui non mi abbia spaccato tutti i denti. Ero partito dalla ragione, questo lo rivendico, ma immaginate: dopo il programma sono al bar davanti, strabevuto, lui mi si avvicina col sorriso, io “fuck off” e gli faccio il segno di levarsi dal cazzo. Poi mi alzo mi avvento sul suo tavolo dove stava col regista, redattori e una tal figa, e a 20 cm dalla faccia gli urlo della testa di cazzo buffone, a lei do della gnocca fritta del cazzo, tiro un pugno al tavolo e me ne vado. Avevo ragione in partenza, poi…
Mi sono fatto spaccare un braccio dalla Polizia a Teramo, anche lì avevo ragione io, ma ve l’immaginate Barnard che, mentre gli dice che insultano la Costituzione, grida di voler essere arrestato e perché accada si butta di testa dentro a una volante? Non sono stati delicati con me. Poi ho perso la patente e mi sono beccato una denuncia dopo aver bevuto 7 Ceres in un Autogrill e averle tutte spaccate contro le pareti del bagno e gli specchi. I danni mi sono costati 8.000 euro, tutti dai pochi risparmi di mia madre, e mi sento una merda per questo.
Ancora, e sempre partendo da molte giuste ragioni, ma ho usato il lanciafiamme con la gente, avvitandomi anche in pubblico sul mio sito in una saga pietosa, a ragliare impotente di cose private, poveri lettori, e che degrado mi scese addosso. Ma il peggio è ancora altro.
Dovermi nascondere da Mamma Cobra, approfittando del fatto che è cieca e non poteva vedere la mia faccia stravolta dall’alcool. Ma Christian, l’uomo delle miniere in Amazzonia che le fa da badante, ci vedeva benissimo. E quante volte ha abbassato gli occhi per rispetto. Ma io gli vedevo in faccia lo schifo che ero, conciato così, e mi vergognavo come un’animale. Poi di peggio.
Una persona che amo più della vita che eroicamente resiste di fianco a me, che aveva avuto poco prima l’esistenza spaccata in due da un’orrenda avventura, e vederla nascondere i coltelli di cucina per paura che io tornassi a casa devastato alle 11 di mattina e l’ammazzassi o mi ammazzassi.
La mia depressione precipitava, fuori controllo. E’ vero ciò che disse l’immenso Steve Ray Vaughan, la chitarra più fantastica del Texas e forse del mondo, quando scrisse “Bevevo credendo di risolvere il problema, mentre bere era invece il peggior problema”.
Taglio corto. Fu una mattina alle 9 di diverse settimane fa che mi trovai al Pronto Soccorso del Sant’Orsola di Bologna dopo essere uscito da un semi-coma etilico, essermi strappato le flebo, per finire legato a una lettiga, poi liberato. Reggevo il referto, e c’era scritto questo: “Il paziente è noto a questo PS per abuso alcolico plurimo. Si raccomanda la presa in carico dal SERT di zona”.
Dal SERT.
Io, che per 8 anni assistetti mentre morivano di AIDS decine di ragazzi quasi tutti con quel nome sulla cartella clinica. Ne rividi, lì al Pronto Soccorso del Sant’Orsola di Bologna, gli occhi-buchi neri, i corpi deformati, la vita deformata dal Demonio delle sostsanze. No, non io. No, non massacro quella persona eroica che mai mi ha abbandonato.
Quel giorno dormii 48 ore, mi imbottii di Xanax, e chiusi con l’abuso d’alcool. Mai più ripetuto, né mai più si ripeterà. Barnard decide, e fa. Ma di più.
Io so che chi smette con il bere non toccando mai più una goccia, non è affatto guarito, esorcizza di continuo, non è sano. Il vero guarito è chi, come me oggi, beve due modesti bicchieri al giorno, la dose da nonno, ma MAI, MAI e MAI sgarra. Sapete voi il male di vivere che sento? No, non lo sapete. Quasi tutte le notti mi trascino con lo sguardo fisso sul selciato verso casa, il dolore fisico che sento per l’angoscia, per il non senso interiore, è insostenibile. Sapete quante volte mi sono detto “dai, torna indietro, ordina una bottiglia di vino e almeno per stanotte basta male, bastaaaaa!”. Non l’ho mai fatto. Due bicchieri sono due, si scrive 2, punto. E sapete perché?
Perché io quella faccia sopra non la rivedrò mai più, né la farò mai più vedere. Sono nato Mercurio, Cobra, Paolo Barnard, e se decido è così. Non mi faccio ammazzare la dignità in silenzio da quella merda dell’alcool. Mi ucciderò io quando lo deciderò, ma senza bere.
Voi regolatevi, a qualsiasi età vi capiti di bere come facevo io. Questa è la mia esperienza.
Paolo Barnard
http://altrarealta.blogspot.it/
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