domenica 28 giugno 2020

STORIA DELLA FRODE DEL CONTAGIO


In quest’articolo cercherò di mostrare che l’intero concetto di contagio (prima del “maligno”, in seguito dei microrganismi come i batteri, e infine dei virus), così profondamente radicato nella nostra società, sia in realtà frutto di una serie di manipolazioni della verità, oltre che di vere e proprie frodi scientifiche avvenute nell’epoca moderna.
E cercherò di mostrare che tali inganni siano stati messi in piedi e propagandati dal potere costituito, o per raggiungere determinati obiettivi geopolitici, oppure per implementare un maggior controllo sulla società. Per le mie riflessioni mi baserò principalmente sull’ottima conferenza del biologo Stephen Lanka (il cui link integrale troverete alla fine dello scritto) oltre ovviamente, e come sempre, sulle scoperte del grande Hamer, grazie alle quali possiamo conoscere davvero come funzionano la salute e la malattia (e quindi non farci ingannare…). Andiamo però con ordine.

Il concetto di contagio delle malattie è stato inventato nell’antichità, in Europa e nel bacino del Mediterraneo. Nessun altra popolazione del mondo ha tale concetto nella sua tradizione medica. Non è presente nella Medicina Popolare Cinese, nè nella tradizione indiana dell’Ayurveda, nè tantomeno all’interno delle popolazioni autoctone delle Americhe, dell’Africa e dell’Australia.
La prima malattia “contagiosa” di cui si ha notizia storica è quella che viene chiamata lebbra. La parola lebbra deriva dal latina lepra, che significa “squamare”, ma in molte lingue, come per esempio il tedesco, troviamo anche un termine più antico (in tedesco, Assautz, “gettare via”) che ha il significato generico di “esclusione dalla società”. Dobbiamo considerare che il contesto sociale medievale europeo, ed anche parte di quello antico, era dominato dal potere delle autorità religiose. E quasi sempre tali autorità avevano l’abitudine di dividere le malattie in malattie “sacre” e in malattie derivanti dal peccato (altro concetto tipicamente occidentale), perchè tale divisione (totalmente arbritraria) era molto utile per gestire la società: le malattie di ricchi e potenti erano etichettate come sacre, mentre le malattie di quella parte del popolo che si ribellava e non si sottometteva erano bollate come malvagie, derivanti dal peccato.
Così, una persona che presentava determinati sintomi, diversi da epoca in epoca e da regno in regno, poteva ricevere la diagnosi di “lebbra”, cioè di “esclusione dalla società”. La persona non poteva più nemmeno avvicinarsi ad una qualsiasi città “civile”, pena la morte. Possiamo intuire che tali “esclusi” vivessero quasi sempre pesanti conflitti biologici, fra i quali i più comuni erano conflitti di separazione e di attacco, che come sappiamo da Hamer portano sintomi alla pelle (dermatiti, psoriasi, vitiligine, melanomi, ecc.). Tali conflitti non andavano mai in soluzione definitiva, perchè il reinserimento nella società per i lebbrosi era impossibile, ma solo saltuariamente in soluzione parziale, quando magari parenti e amici riuscivano a raggiungere il malcapitato per rifornirlo di beni essenziali e per dargli un po’ di conforto. La pelle dei poveri “lebbrosi”, in realtà persone senza alcun peccato ingiustamente escluse dalla società, non poteva quindi che aggravarsi ulteriormente (molteplici recidive di separazione e di attacco da familiari, amici, branco) portando a varie sintomatologie di desquamazione generalizzata. Per questo la parola lebbra è stata col tempo associata alla desquamazione della pelle.

La “lebbra” è di solito storicamente considerata come la prima malattia contagiosa, anche se ovviamente i microrganismi, nel mondo antico e nel medioevo, non erano ancora stati scoperti.
L’illusione del contagio è probabilmente nata dal fatto che i lebbrosi, ovvero gli esclusi, spesso si riunivano in determinati posti, per potersi il più possibile aiutare. Se una persona di città frequentava quei posti (cosa proibita) per far visita a parenti o amici, poteva alla fine ricevere essa stessa la sentenza di “lebbroso”, e quindi venir “contagiato”.
Nel basso medioevo (dall’anno 1000 all’anno 1492) avvennero graduali ma importanti modificazioni di potere in Europa. Il predominio dalla Chiesa di Roma cominciò ad essere insidiato dagli emergenti Stati Nazione, oltre che da rivolte teologiche interne. Questi nuovi poteri, tuttavia, non rinunciarono affatto al concetto di contagio, e anzi lo utilizzarono ancora di più a fini di controllo della popolazione, e per determinati obiettivi politici.
Il termine “lebbra”, usato generalmente come sinonimo di “malattia contagiosa”, venne sostituito dal termine “peste”, che nel medioevo indicava in modo molto generico una vasta gamma di malattie gravi, che generalmente portavano alla morte.

Quando si voleva colpire duramente un territorio ribelle, una città, un quartiere, determinati gruppi etnici, determinati scambi e commerci consolidati tra popolazioni che infastidivano i potenti, si dichiarava una epidemia in atto in quella specifica zona. Questo, per la popolazione di quella zona, voleva dire essere messi in quarantena, sotto chiave, morti di fame, massacrati, avvelenati, sottoposti a qualsiasi tipo di vessazione e sperimentazione. Un terrorismo senza fine (vi ricorda qualcosa?).
Ovviamente, le condizioni di vita di quel territorio portavano ad una serie infinita di conflitti possibili tra la popolazione, con poi tutte le manifestazioni sintomatiche che in seguito sono state associate alla “peste”.
Nel XVI secolo vennero inventati i primi microscopi. (Tale invenzione avvenne in parallelo con quella dei cannocchiali, che aprì la strada ad un altra grande frode, quella dell’astronomia, che merita però una trattazione a parte…). Col tempo i microscopi aumentarono il loro potere ingrandente, finchè fu possibile osservare sia le cellule costituenti gli organismi viventi, sia i vari microrganismi simbionti. Si pensò quindi, anche qui, di fare la solita suddivisione arbitraria ed estremamente funzionale al potere: alcuni microrganismi vennero classificati come “buoni” e altri come “cattivi”, ovvero portatori di
malattie. Il generico e immateriale concetto di contagio trovava quindi una sua applicazione concreta e materiale.
Bisognava solo dimostrare che questi batteri malvagi causavano le malattie, e il gioco era fatto.

Seguendo la semplice logica, per arrivare a tale dimostrazione devono essere verificate, in ogni osservazione, 3 specifiche circostanze, che oggi sono conosciute come “postulati di Koch”. Robert Koch era un biologo tedesco del XIX secolo, contemporaneo di Louis Pasteur. Egli era un grande sostenitore della teoria patogena dei batteri. I risultati sperimentali hanno tuttavia sempre mostrato (e dimostrano tuttora) quanto segue, in relazione ai suddetti postulati.

POSTULATO 1: tutti i malati devono avere nel loro corpo il germe considerato causa della malattia. RISULTATO SPERIMENTALE: solo in circa la metà dei malati veniva rilevata la presenza del germe
Già questo fatto dovrebbe far crollare tutta la teoria. Si risolse però il “problemino” dichiarando che chi non possedeva il germe era un malato “atipico”…

POSTULATO 2: il germe considerato causa della malattia deve essere riproducibile in laboratorio
RISULTATO SPERIMENTALE: solo il 2 % dei germi conosciuti è riproducibile in laboratorio, e i germi riprodotti non si comportano allo stesso modo di quando sono inseriti nel sistema corpo (ovviamente…).
Questo fatto viene semplicemente ignorato, nel passato come ora.

POSTULATO 3: se inseriamo il germe considerato causa della malattia in una persona sana, questa deve sempre sviluppare la malattia RISULTATO SPERIMENTALE: questa cosa non avviene MAI

Con questa evidenza sperimentale ci possiamo seriamente chiedere come sia possibile che la teoria patogena dei germi abbia preso piede. In realtà, per salvare la sua teoria, Koch utilizzò indegni artefizzi, e fraudolente interpretazioni. Cominciò ad utilizzare in modo abominevole la sperimentazione sugli animali. Essi, durante le “sperimentazioni”, venivano torturari in ogni modo, facendogli vivere una marea di conflitti, finchè i poveri animali non sviluppavano una qualche “malattia”. Ovviamente tali torture includevano l’iniezione negli animali dei batteri, e in tal modo si pretese di dimostrare che i batteri avevano causato la malattia. Non si riusciva mai, tuttavia, a far sviluppare nella cavia la specifica malattia che, secondo la teoria, era causata da quel specifico batterio. Ciò tuttavia, incredibilmente, non scoraggiò Koch. Egli scrisse nei suoi studi che i batteri iniettati nella cavia provocavano una malattia “simile” (che, come capite, vuol dire tutto e niente), e risolse così, trionfante, la questione.

Robert Koch aveva inoltre un asso nella manica. Egli fu il primo che riuscì a fotografare i batteri. Tramite il “potere delle immagini”, diffuso nei media del tempo, riuscì a far passare le fotografie come la prova sia della esistenza dei batteri, sia del fatto che essi fossero la causa delle malattie. Quando però cercò di applicare le sue teorie per “immunizzare” la popolazione, uccise migliaia di persone, e fu quindi cacciato da Berlino e della Germania.
Ritornò in patria solo grazie a Otto von Bismark, cancelliere dell’impero tedesco, che ebbe una pensata “geniale”. Conoscendo le teorie di Koch, pensò di utilizzarle per ottenere vantaggi geopolitici. La Germania del tempo pativa infatti la concorrenza dell’impero inglese, che di fatto monopolizzava i commerci con le indie attraverso l’occupazione del canale di Suez. Utilizzando la teoria di Koch, e diffondendola come vera in tutta l’Europa, poteva però affermare (ovviamente in modo arbitrario) che le merci provenienti dalle indie contenessero pericolosi batteri, in grado di infettare la popolazione e causare epidemie. In questo modo poteva imporre quarantene su tali prodotti, e finanche proibirne l’importazione. Ciò avrebbe rappresentato un duro colpo per l’economia inglese.
Come vediamo, quindi, la frode del contagio è stata usata anche in passato, molte volte, a fini geopolitici, nelle lotte di potere tra nazioni.
Il corrispondente francese di Koch è Louis Pasteur. Dalla sua cricca è partita tutta la teoria dei virus, di cui ho già parlato nel mio articolo:

Dal “filone di ricerca” di Pasteur nacque l’industria delle vaccinazioni (antidoto al “veleno”, al virus), mentre del “filone di ricerca” di Koch nacquero, a partire dall’industria chimica dei coloranti, gli antibiotici e, in seguito, i chemioterapici. Pasteur era uno scienziato disonesto, al pari di Koch. Tuttavia, e qui uso proprio le parole
di Stephen Lanka, “… era abbastanza umano da documentare i suoi inganni in diari paralleli ai suoi libri di laboratorio primari. Egli decretò che questi documenti non dovevano mai essere pubblicizzati. La sua famiglia ottenne naturalmente grandi ricchezze. Ma l’ultimo antenato maschio di Pasteur non ha ubbidito a quel decreto e ha fatto trapelare i registri all’università di Princeton. Nel 1993 il professor Gerard Geisson pubblicò un’analisi in lingua inglese che rivelò che Pasteur aveva commesso frodi massicce in tutti i suoi studi. Ad esempio, gli animali vaccinati, se sono sopravvissuti, non sono stati avvelenati, gli animali del gruppo di controllo che sono morti senza vaccini sono stati avvelenati massicciamente, e così via. Questo era Pasteur.”

La credenza nel contagio ha raggiunto così, incredibilmente, i nostri giorni. Essa è stata enormemente potenziata da un’incessante e martellante propaganda (scuola, film, “studi”, “dibattiti”), che dall’Europa si è espansa sostanzialmente a tutto il mondo. Inoltre si è continuato ad inventare nuove “epidemie”, dovute (secondo quanto ci dicono) quasi sempre a “virus”: AIDS, suina, aviaria, mucca pazza, ecc. ecc., fino ad arrivare all’odierno Covid. Quasi tutti oggi credono nel contagio, e molti sono sicuri di averne “dimostrazione” dalla loro esperienza quotidiana. Per esempio, in molte malattie pediatriche considerate infettive, come le malattie esantematiche, sono tutti più o meno sicuri del contagio, perchè hanno visto che spesso diversi bambini si ammalavano insieme. Non si riflette però su altre evidenze.
Anzitutto, se fosse vera la teoria del contagio, tutti i bambini si ammalerebbero, non solo una parte. Inoltre, non è mai possibile provocare una specifica malattia in una persona sana mettendolo a contatto con dei batteri. Per esempio, non si riesce in nessun modo a far ammalare una persona sana, bambino a adulto, di varicella, pertosse o scarlattina, a piacimento e a comando, semplicemente mettendolo a contatto col batterio corrispondente, considerato “causa”.

Chi conosce Hamer sa bene che tutta la teoria del contagio è sbagliata. In 15 anni di osservazioni, anche quando parlavo con persone convinte di essere state “contagiate” da qualcuno, abbiamo sempre trovato, in verità, il conflitto corrispondente, e quindi la vera causa dei loro sintomi. Quando si ammalano diverse persone insieme, significa semplicemente che queste persone hanno vissuto conflitti simili in seguito, molto spesso, ad avvenimenti shoccanti comuni. Siamo stati abituati ad osservare la realtà dei sintomi in un determinato modo, attribuendogli determinate cause, fin da quando siamo nati. Genitori, maestri, preti, tutti ci hanno detto sempre la stessa cosa: i germi causano le malattie.
Se però abbiamo il coraggio di provare ad osservare le cose in modo diverso, e anche l’onestà intellettuale di andare a vedere quali sono le reali basi scientifiche della
teoria del contagio, allora possiamo davvero fare un salto evolutivo
.


A quel punto i potenti non potranno più prenderci per i fondelli, terrorizzarci, farci sentire in colpa, segregarci e umiliarci per raggiungere i loro sporchi fini. A quel punto non sarà più possibile quello che sta succedendo ora, con la farsa del coronavirus (che come abbiamo visto ha molti precedenti), con tutte le devastanti conseguenze che ancora dobbiamo vedere… Siamo ancora molto lontani da quel punto ma, se l’umanità è davvero capace di evolversi, forse un giorno ci arriveremo.





Fonte
8 GIUGNO 2020 DI USCIREDALLORRORE