venerdì 2 ottobre 2020

Il virus della sottomissione

Volevo comprare una borsa… сhe costava 200 euro. Cara, per il nostro paese, e anche per me. D’altra parte, mi serve, ed è meglio spendere una volta e non pensarci più, perché è di marca, sarebbe stata indistruttibile facendo la sua figura.

Ed ecco, sono davanti alla bottega, pardon, boutique, e mi viene incontro  una bella commessa, pardon, consulente. MI sta dicendo qualcosa, ed io sto sorridendo, so già che comprerò quella borsa.

  • “Scusi”, insiste la commessa. “Per ora non può entrare.”
  • “Come?”
  • “Non più di due persone alla volta. Può aspettare fuori?”
  • “Grazie”, dico. “Mi ha appena fatto risparmiare 200 euro.”

La commessa non ha nessuna colpa, non è stata lei a stabilire queste regole.  Ma io non mi sono ancora dimenticata che cos’è la libertà e la dignità, non aspetterò fuori, è umiliante.

Stavo pensando questo camminando per la strada, scegliendo un locale per pranzare, mettendomi la mascherina per andare fino a tavolino, togliendomi la mascherina per mangiare, rimettendomi la mascherina per uscire dal locale. Si, stavo pensando alla libertà alla quale abbiamo rinunciato facilmente, come io ho rinunciato a quella borsa.-

 

Abbiamo acquisito in fretta le nuove abitudini, ma ancor più in fretta, l’abitudine alla sottomissione.

Quando si tratta dei bisogni di base, obbedisco. Comprare il cibo, ottenere un documento che serve, spostarsi dal punto A al punto B. Queste cose ormai non sono realizzabili senza sottomettersi alle regole odierne. Chi le ha inventate, perché, quanto siano sensate, non importa, è più facile accettarle.

Ma dopo, andiamo sempre in discesa.

Certo, tu, sconosciuto, mi puoi sparare un raggio in fronte, perché devo entrare in palestra già pagata per un anno.

Certo, permetterò ad un altro sconosciuto di esplorare il mio naso, ottenere un campione del mio DNA, studiarlo e farne ciò che si vuole: perché ho bisogno del certificato, devo prendere un aereo. E poi scendere dall’aereo. Non dirò nulla, anche se un anno fa tutto ciò era riservato soltanto ai medici che sceglievo io, non ai paramedici nell’aeroporto di Istanbul.

Odio il disinfettante, odio il suo odore, ma acconsento e metto le mani sotto il beccuccio. Non sono più io a decidere che odore deve avere la mia pelle, lo decide qualcun altro.

Non posso più rispondere “che te ne frega” in risposta alla domanda “con chi ha avuto i contatti nelle ultime due settimane?” Nessuno può rispondere così, se vuole mantenere l’illusione di una vita normale. E’ più facile accettare.   Vai a dire: non avete nessun diritto, è illegittimo, io ho pagato. “Zac”: 36,2°. Questione di un secondo.

 

NON ABBIAMO PAURA DELLA MALATTIA, ABBIAMO PAURA DI ESSERE NUOVAMENTE SALVATI DALLA MALATTIA.

Sono pronta a molto, pur di evitarlo: ecco la mia mascherina, le mie mani, le mie analisi e la lista dei miei contatti. Ecco il muscolo, ecco la vena, iniettatemi il vostro vaccino, anche la benzina, se preferite, ma lasciatemi in pace, lasciate che io viva e lavori.

A pensarci bene, è geniale: sono io, con le mie mani,  rinuncio ai miei diritti, per avere ciò che costituisce di nuovo il mio diritto. La nostra privacy, la nostra libertà in cambio alla possibilità di lavorare e pagare le tasse.

In un certo senso la situazione Covid a settembre è peggio che a marzo. Allora avevamo paura, ma anche una missione: avere cura degli altri, salvare le vite, salvare la civiltà. Ognuno di noi si sentiva parte di qualcosa di più grande.

Ma ora siamo un gregge di pecore più o meno docili, che daranno tutto ciò che hanno per essere tosate a zero, non per un prato di erba più verde. Questa è la nostra nuova realtà.

Non dobbiamo aver paura delle vaccinazioni, del chip e di altra fantascienza. Non dobbiamo aver paura del Covid.

Siamo infettati di una cosa ben più grave, il virus della sottomissione. Ricordate quel giorno quando avete pensato per la prima volta: ”Non c’è alcun segreto nei miei dati ed analisi medici”. Il giorno quando avete deciso che non c’è nulla di terribile nei divieti e nei controlli, che le limitazioni servono, che i diritti non possono esistere quando nel mondo c’è il virus, e che tornerà tutto come prima, quando avremo vinto.

Siete stati contagiati in quel momento.

 

(Alla Bogolepova, Gazeta.ru) https://www.gazeta.ru/comments/column/bogolepova/13268551.shtml

Ho tradotto questo articolo russo (attualità) per chi vuole capire dove stiamo andando e soprattutto, che non esistono delle isole felici; il mondo ormai è una infinita riproduzione delle fotocopie. Se ci piace così, va bene, se non ci piace, dovremmo cambiare noi.

Olga Samarina

http://altrarealta.blogspot.it/