LA VERSIONE DI MARIANA. UN SEMPLICE SCOOP E LA PROPAGANDA DI GUERRA DA FERMARE
Questo video – con mezzi modesti e un giornalismo che ritorna all’ABC del mestiere – è uno straordinario ‘scoop’: https://www.youtube.com/watch?v=pj5ElB3Fnp0.
Ogni episodio della nuova fase della guerra ucraina è soggetto a un trauma mediatico iniziale, quello che ci dà l’«imprinting», cioè l’apprendimento base del nuovo mondo su cui ci affacciamo e delle nuove credenze sulle quali dobbiamo far fede. Una volta educate le menti con uno choc, le riletture successive dell’episodio andranno controcorrente e perciò partiranno sfavorite.
Prendete il caso dell’ospedale della città ucraina di Mariupol. La stampa occidentale unanime il 9 marzo 2022 descrive un bombardamento aereo e spara in prima pagina la foto di una donna incinta che fugge discendendo una scala piena di detriti, con una faccia insanguinata e impaurita. Si scopre poi che si tratta della blogger e modella Mariana Vishegirskaya.
Centinaia di milioni di persone assistono all’orrore, portate a vedere gli orchi di Mosca che - come i soldati immaginari di Saddam Hussein - attaccano il luogo della massima vulnerabilità della vita umana: dove essa viene alla luce, al reparto ostetricia. Tutti credono di sapere cosa è accaduto perché tutti i giornali e tutte le TV raccontano la stessa storia.
Pochi giorni dopo sappiamo che Mariana ha partorito. Poi ancora, riappare in un’intervista rilasciata in Donbass a dei media in lingua russa. E lì, la sorpresa. Nega recisamente che ci sia stato un bombardamento dal cielo: «sono stati i soldati ucraini a occupare l'ospedale pediatrico. Non ci hanno dato nessun aiuto. Anzi, ci hanno portato via il cibo. E non c'è stato nessun attacco aereo. Inoltre, sul posto c'era un cameraman».
Ne parla anche il quotidiano italiano degli Elkann, ‘la Repubblica’: https://www.repubblica.it/.../mariupol_rapita_russi.../
Nell’articolo, tutto - fin dal titolo - porta a dipingere la sua fresca testimonianza, così tanto drammaticamente diversa dall’«imprinting» iniziale della narrazione, come il frutto di una prigionia, di una nuova costrizione. Come viene descritta? «Rapita dai russi». «Trasformata in attrice della propaganda, obbligata a fornire una versione che ai russi fa comodo». «Mariana non appare affatto tranquilla mentre racconta». Tutto l’articolo, come tanti articoli fotocopia di centinaia di testate dei paesi NATO, non ha ritenuto di doversi fare altre domande. L’enorme apparato di pubbliche relazioni occidentale ci vuole vendere a tutti i costi la necessità della guerra, perciò non può accettare intoppi e sconfessioni.
Tuttavia, per somma sfiga di questo apparato di venditori di armamenti, la giovane donna è originaria del Donbass, un luogo che le ha fatto conoscere la guerra ormai da anni, lasciandole totale scetticismo verso i paroloni e le manipolazioni della propaganda. Il Donbass è un territorio che il giornalista e fotografo italiano Giorgio Bianchi conosce come le sue tasche. Bianchi documenta coraggiosamente la crisi ucraina da molto tempo cercando notizie, testimonianze, immagini autentiche. Ha fatto una cosa semplice, stavolta per Visione TV: Bianchi ha cercato Mariana e l’ha intervistata. La donna conferma pienamente la radicale smentita delle versioni della prima ora, quelle difese con le unghie e con i denti dai giornaloni del Draghistan e dintorni. Una persona lucida, dalla mente limpida, autenticamente libera, altro che rapita! Se avete un minimo discernimento, sappiate riconoscere la semplicità di certe verità dagli occhi, dalle posture e dalle parole ferme di questa donna. I propagandisti si vergognino.
Noi tutti dobbiamo ringraziare Giorgio Bianchi per aver cercato fra le macerie un prezioso barlume di autenticità. È una piccola grande lezione che dobbiamo saper collegare al quadro generale, sempre più cupo e incarognito contro chi smonta l’industria dei buonissimi contro i cattivissimi.
Non un solo pezzo della guerra raccontata dai grandi media dev’essere preso per oro colato, niente.
Sappiamo che forze potenti vogliono bruciare ogni via per la pace e ci stanno conducendo direttamente a una guerra di più vaste proporzioni, preceduta da un inesauribile maremoto di propaganda e da un ridisegno della società e dell’economia in funzione di una lunga stagione di penuria. Un’ondata di impoverimento drammatico che però ingrasserà i fabbricanti d’armi, le loro grancasse nelle redazioni asservite, nonché legioni di politici che useranno molte parole patriottiche mentre svenderanno la patria.
Non arrendiamoci all’idea dell’inevitabilità della guerra mondiale e fermiamo questa follia.
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