IL DISUMANESIMO

Dall'alto della sua mediocrità, del suo riciclarsi nel  tempo, zeppola non ha mai tradito se stesso, né tantomeno i suoi padroni. In prima linea se conveniva altrimenti anche no. Il silenzio. 

Un mio vecchio insegnante di chitarra, che la sapeva lunga, mi ripeteva sempre una verità amara:
“Sai quanti artisti non vedranno mai la luce della ribalta? Quanti, pur pieni di talento, tengono nei cassetti spartiti e canzoni che non saranno mai ascoltate?”
Quello che arriva in radio, in TV, o nelle playlist delle piattaforme non è frutto di una selezione onesta. È solo la punta dell’iceberg. Sotto, un oceano di voci soffocate, di penne ignorate, di melodie mai nate per il grande pubblico.
La differenza non è il talento. È il “gancio”, la spinta, la mano giusta che ti tira su. O, più banalmente, il culo di essere sponsorizzati da chi comanda.

Per questo non sorprende se Zeppola– e con lui una schiera di colleghi – non abbia mai avuto nulla di davvero profondo da dire. Non oggi, non dal 2020, ma da sempre.
Chi ha le tasche piene di denaro, chi mangia alla mano che lo nutre, non può mordere.
Il sistema è semplice: se ti schieri davvero contro, sei fuori. Tagliato via come un ramo secco. È la sorte di tanti che hanno provato a non piegarsi: artisti che hanno denunciato ipocrisie e menzogne. Ieri erano icone scomode, oggi non trovano spazio nemmeno in un palinsesto di provincia.

E allora ecco i ribelli da palcoscenico che ci rifilano oggi: trasgressivi quanto basta per sembrare autentici, ma mai abbastanza da graffiare davvero. Un’invenzione di marketing. Una sceneggiata che serve solo a distrarre, a far credere che esista ancora opposizione, quando in realtà è tutto già approvato, sponsorizzato, sterilizzato.

Intanto i loro concerti riempiono gli stadi. E a cantare i loro ritornelli siete voi: voi che siete stati obbligati a piegarvi alla cartina miracolosa, voi che siete stati minacciati, reclusi, e oggi applaudite chi – consapevole o meno – è complice di un attacco all’umanità.
Gli artisti? Attenti a non bruciarsi, a non compromettere la carriera. Ma così facendo hanno scelto il silenzio. Hanno scelto di essere decorazioni del potere, non voci controcorrente.

Oggi più di ieri, lo slogan “mai più” rischia di finire nel cestino. Perché il rock – quello vero – è sotto assedio.
Ci sono guerre che vale la pena combattere, e altre che non si combattono non per mancanza di cause, ma per mancanza di coraggio.

Così il “DISUMANESIMO” avanza brandendo la sua falce, con la complicità di tutti noi. Mentre assistiamo al cibo lanciato dal cielo su Gaza, ricordiamo che solo un anno fa c’erano connazionali pronti ad arruolarsi contro la Russia.
Ma oggi, come ci ricorda Zeppole, non c’è niente di intelligente da dire. Meglio una neutralità che conviene, che due parole che bruciano.

Antonio Ruben 

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