LA DECADENZA ITALIANA
Elly Schlein è la fotografia della decadenza della politica italiana. Una figlia di papà svizzera, cresciuta tra privilegi e salotti radical chic, catapultata a capo del Pd senza aver mai dimostrato nulla nella vita. Eppure, con la sua aria da studentessa fuori corso che predica dalle aule occupate, si permette di “sfidare” Putin, uno statista. La Schlein incarna la comicità con disinvoltura, un’oratrice da salotto borghese, convinta che la geopolitica si influenzi con i cartelloni scritti con i pennarelli. La sua idea di politica estera è una recita scolastica in cui lei si atteggia a statista mondiale mentre, in realtá, non riuscirebbe nemmeno a risolvere i problemi del suo condominio.
Ma davvero qualcuno pensa che Putin, un uomo che ha ricostruito la Russia dalle ceneri degli anni Novanta, si senta intimidito da una borghesuccia svizzera che non ha mai indossato una divisa, che non distingue un carro armato da un tram, e che confonde la politica internazionale con un discorsetto da talk show?
Il centrosinistra, i radicali da salotto di Più Europa e i finti centristi alla Calenda e Renzi sono oggi i veri guerrafondai d’Italia. Parlano di geopolitica con la stessa leggerezza con cui commenterebbero il Festival di Sanremo. Ripetono slogan vuoti, fanno i moralisti, pretendono che l’Ucraina “non perda territori” quando la guerra è già persa. È come se un pugile steso al tappeto al decimo round pretendesse di alzarsi e vincere ai punti. La realtà è un’altra, quando perdi vai al tavolo dei negoziati a limitare i danni. Ma loro no, loro vivono in un film americano, pensano bastino due parole altisonanti per ribaltare la narrazione. Un insulto all’intelligenza collettiva.
Dall’altra parte c’è Giorgia Meloni, l’altra casalinga travestita da statista, che urla ai comizi con la stessa intensità con cui una tifosa della Lazio, di Torbellamonaca, insulterebbe l’arbitro allo stadio Olimpico. Due facce della stessa medaglia, Schlein con la retorica woke da manualetto e Meloni con il populismo da bar sport. Due inutili e mediocri politicanti convinte di scrivere la storia, quando non saprebbero nemmeno scrivere la lista della spesa senza sbagliare i conti.
E poi ci sono i fenomeni da circo, come Carlo Calenda. Il borghesuccio pariolino moralizzatore, il figlio della buona borghesia romana che si atteggia a duro mentre parla con quella vocina da volpino isterico. Abbaia contro i Rottweiler del mondo, convinto che qualcuno lo prenda sul serio, mentre in realtà fa ridere pure i suoi stessi elettori. Non ha mai combinato nulla di concreto, vive di aria fritta e comparsate televisive, eppure pontifica su Putin, la NATO, l’Europa, la guerra. In realtà Calenda è l’emblema dell’italiano medio convinto di essere Churchill dopo aver letto due post su Twitter. Ridicolo, patetico ed inascoltabile.
Come non citare la Picierno, l’esempio vivente della vice inutilità del Parlamento Europeo. Gira per l’Italia come una censuratrice professionista, pronta a bloccare concerti di musica sinfonica, eventi su scrittori russi, persino mostre d’arte, come se fosse una nazista qualunque che brucia libri e cultura. Fomenta odio russofobico a comando, seminando tensione e ignoranza tra gli italiani, mentre allo stesso tempo si inchina ai coloni israeliani, veri criminali di guerra, definendoli “amici”. Una doppia morale scandalosa, un’ipocrisia totale. E nessuno ha ancora avuto il coraggio di farle arrivare un calcio in culo, di rimandarla a fare la shampista in qualche parrucchiere dimenticato della periferia di Salerno, dove sarebbe esattamente al suo livello.
E che dire di Matteo Renzi? Il Fonzie dei poveri, con il mood del paninaro anni Ottanta e la convinzione di essere il nuovo Kennedy. In realtà è solo il vecchio Renzi, fallito come Premier, distruttore del suo partito, cacciato dagli italiani a calci alle urne. Adesso fa il consulente strapagato dai tagliagole arabi che lapidano le donne, e da quelle stesse poltrone dorate, pagato col sangue e il petrolio, Renzi si permette pure di dare lezioni a Putin. Uno che non è riuscito a governare Firenze senza lasciare debiti, adesso vorrebbe spiegare al Cremlino come si risolve una guerra. È come se Paperino pretendesse di dare lezioni a Napoleone. La sua stessa faccia è una barzelletta, un Fonzie cesso, senza fascino, fuori dalla storia, "par o frat ro cazz"...
Poi arriva Fratoianni, il piccolo principe dell'inutile retorica spicciola ereditata da Nichi Vendola (il re degli inutili parolai). Figlio di papà come quasi tutti nel mondo dei satelliti del Pd, mediocre come intellettuale, che ha trovato la scorciatoia di piazzare la moglie in Parlamento così da garantirsi un reddito da ricco. Passa la vita a pontificare in TV che “con i dittatori non si tratta”, ma non sa affrontare neanche i problemi italiani. Guida un partito che non supera il 7-8% e si crede pure uno statista internazionale. È ininfluente in Italia, ma vorrebbe contare nel Mondo. Un uomo che non ha mai lavorato un giorno in vita sua, che campa di slogan e indignazione prefabbricata.
E poi c’è Tajani. Ex filo-monarchico, maggiordomo di Berlusconi, sempre pronto a dire che “la guerra non ci sarà” il giorno prima che scoppi (come avvenuto con la guerra dei 12 giorni in Iran). Un dilettante che ha passato la vita a servire i potenti senza mai imparare nulla di concreto. L’uomo che minimizza il genocidio in Palestina, che chiude gli occhi davanti ai massacri e poi si vanta di far lanciare qualche scatolone di cibo su Gaza, come se bastasse una carezza ipocrita a coprire i crimini di guerra. Un ministro degli Esteri che recita la parte del diplomatico mentre in realtà è solo un portavoce dei più forti. E questo personaggio dovrebbe accusare Putin di crimini di guerra? È come se un ladro di polli volesse fare il giudice al Tribunale dell’Aia.
E infine, come non citare Matteo Salvini. L’eterno buzzurro da osteria, l’uomo che si è costruito un personaggio aggressivo di piazza, sempre pronto a urlare slogan, salvo poi ritrovarsi oggi paralizzato, incapace di prendere una posizione netta sulla guerra in Ucraina. Perché? Perché ha passato anni a leccare il culo sia a Putin che a Trump. Il problema è che ora quei leader sono nemici tra loro, e il nostro Matteo nazionale è andato in cortocircuito. Non sa più con chi schierarsi, balbetta preghiere di pace come Maria Teresa di Calcutta, diventando improvvisamente pacifista da sacrestia. Peccato che lo stesso Salvini, quando si tratta di Israele, si trasformi in un colono fanatico, difendendo chi bombarda i palestinesi e coprendo un genocidio. Una doppia morale da manuale, agnello con i potenti, lupo famelico con i palestinesi. Un personaggio grottesco, che a furia di cambiare maschera finisce per non avere più neppure un volto.
Ecco la tragedia italiana, siamo governati da casalinghe che si fingono statisti, da borghesucci che giocano a fare i generali, da Fonzie mancati che vendono la loro anima al miglior offerente, da principi della retorica spicciola e da maggiordomi di corte. Parlano di missili come se fossero petardi, di trattative come se fossero discussioni da condominio. Vivono nella fantasia, nel teatrino dei talk show, e intanto portano l’Italia allo schianto.
Questa classe dirigente non è solo incapace. È irresponsabile, ridicola, ipocrita, pericolosa. Si illude di fermare i carri armati con i sermoni moralizzatori, di piegare gli imperi con le mozioni parlamentari, di trattare guerre come se fossero spettacoli televisivi. La guerra è sangue, è potere, è storia: mentre Putin costruisce la sua, e quella del suo Paese, i nostri politicanti da strapazzo recitano copioni scritti loro da Ursula von der Leyen, la ricca parruccata tedesca, con l'hobby della guerra...
L’Italia merita leader veri, non queste caricature. Meritiamo una classe dirigente che conosca la realtà, non che la neghi. Fino a quando ci ritroveremo questi buffoni in poltrona, l’Italia resterà solo una barzelletta agli occhi di un Mondo che ride a crepapelle.
Che orrore.
G Morelli
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