Perché la Svizzera ha fatto bene ad uscire dal cambio fisso
Nonostante alcuni “esperti” mettano l’accento sulle ripercussioni negative in Borsa, create dall’uscita del franco dal cambio fisso sull’euro, la loro teoria è puro manierismo accademico.
Non avrà importanza se per qualche settimana la Borsa elvetica sarà un po’ ballerina, perché il risultato di un apprezzamento del franco sarà di sicuro molto più positivo di qualunque andamento del mercato azionario. Non dimentichiamo che la fortuna Svizzera è data dagli interessi legati ai capitali finanziari e al sistema bancario e chi oggi ha capitali in franchi svizzeri non si sognerebbe mai di rimpatriarli, soprattuto nell’Eurozona soggetta a continui sfaldamenti politici, all’incertezza del voto in Grecia e allo stato endemico deflativo. La Svizzera è un vero Paese sovrano che pensa alle sue convenienze e non si fa impressionare da un po’ di rimbalzi sulla sua piazza azionaria. In fondo, la sua vera “borsa” è nelle banche e custodisce i patrimoni finanziari di mezzo mondo e con questa decisione i capitali stranieri, sopratutto quelli italiani, resteranno ben custoditi nei propri forzieri. Questo è l’atteggiamento di un Paese che ha fiducia nelle sue potenzialità e che fa una politica economica lungimirante, senza farsi impressionare.
L’Euro fino ad oggi è stata valuta rifugio, non certo valuta di mercato. Nell’Unione monetaria europea non c’è nessuna crescita, nessuna convenienza per gli investimenti, ma solo la garanzia di una buona e sicura rendita dovuta ai debiti pubblici dei singoli Stati. Una rendita non solo finanziaria, ma anche politica perché avere il debito degli Stati significa poter dettare la loro agenda politica e soprattutto garantire che le leve economiche si muovano solo in funzione dei propri rendimenti. Altro che sovranità! Fino ad oggi in Europa abbiamo avuto una moneta eccessivamente forte rispetto ad un mercato stagnante e questo è un dato ingiustificato se non vi fossero ragioni precise che hanno voluto mantenere questa condizione innaturale. Le ragioni sono da ricercare nella volontà dei grandi fondi di investimento di far diventare l’Europa una cassaforte in cui custodire i propri capitali a scapito dell’economia reale, mentre gli investimenti sono stati dedicati ai cosiddetti paesi emergenti in cui la rendita speculativa è garantita da operazioni ad alto rischio. Adesso la cassaforte europea è minacciata dal franco e anche dal dollaro – questa sì valuta di mercato – che grazie alla ripresa economica statunitense torna ad essere protagonista sulla scena economica mondiale. Così tutto è pronto per un bel “patatrac” e non importa che a farne le spese siano i piccoli risparmiatori.
L’uscita dall’euro è l’unica vera opportunità che abbiamo per far ripartire la crescita in Italia, ma un conto è subirla un conto è gestirla. La condotta del nostro Paese è come sempre soggetta ai condizionamenti esterni, manca la fiducia in se stesso nelle sue grandi possibilità e a rendere tutto più difficile è una classe politica impreparata con la sindrome di auto svalutazione, soprattutto priva del coraggio richiesto a chi è chiamato a fare il bene di un Popolo sfidando anche le sue paure più grandi.
In fondo basterebbe fare un sondaggio per capire che hanno più paura i politici di perdere le loro rendite di posizione, di quanto non ne abbiano gli italiani di uscire dall’euro.
Armando Siri
http://altrarealta.blogspot.it/
Non avrà importanza se per qualche settimana la Borsa elvetica sarà un po’ ballerina, perché il risultato di un apprezzamento del franco sarà di sicuro molto più positivo di qualunque andamento del mercato azionario. Non dimentichiamo che la fortuna Svizzera è data dagli interessi legati ai capitali finanziari e al sistema bancario e chi oggi ha capitali in franchi svizzeri non si sognerebbe mai di rimpatriarli, soprattuto nell’Eurozona soggetta a continui sfaldamenti politici, all’incertezza del voto in Grecia e allo stato endemico deflativo. La Svizzera è un vero Paese sovrano che pensa alle sue convenienze e non si fa impressionare da un po’ di rimbalzi sulla sua piazza azionaria. In fondo, la sua vera “borsa” è nelle banche e custodisce i patrimoni finanziari di mezzo mondo e con questa decisione i capitali stranieri, sopratutto quelli italiani, resteranno ben custoditi nei propri forzieri. Questo è l’atteggiamento di un Paese che ha fiducia nelle sue potenzialità e che fa una politica economica lungimirante, senza farsi impressionare.
L’Euro fino ad oggi è stata valuta rifugio, non certo valuta di mercato. Nell’Unione monetaria europea non c’è nessuna crescita, nessuna convenienza per gli investimenti, ma solo la garanzia di una buona e sicura rendita dovuta ai debiti pubblici dei singoli Stati. Una rendita non solo finanziaria, ma anche politica perché avere il debito degli Stati significa poter dettare la loro agenda politica e soprattutto garantire che le leve economiche si muovano solo in funzione dei propri rendimenti. Altro che sovranità! Fino ad oggi in Europa abbiamo avuto una moneta eccessivamente forte rispetto ad un mercato stagnante e questo è un dato ingiustificato se non vi fossero ragioni precise che hanno voluto mantenere questa condizione innaturale. Le ragioni sono da ricercare nella volontà dei grandi fondi di investimento di far diventare l’Europa una cassaforte in cui custodire i propri capitali a scapito dell’economia reale, mentre gli investimenti sono stati dedicati ai cosiddetti paesi emergenti in cui la rendita speculativa è garantita da operazioni ad alto rischio. Adesso la cassaforte europea è minacciata dal franco e anche dal dollaro – questa sì valuta di mercato – che grazie alla ripresa economica statunitense torna ad essere protagonista sulla scena economica mondiale. Così tutto è pronto per un bel “patatrac” e non importa che a farne le spese siano i piccoli risparmiatori.
L’uscita dall’euro è l’unica vera opportunità che abbiamo per far ripartire la crescita in Italia, ma un conto è subirla un conto è gestirla. La condotta del nostro Paese è come sempre soggetta ai condizionamenti esterni, manca la fiducia in se stesso nelle sue grandi possibilità e a rendere tutto più difficile è una classe politica impreparata con la sindrome di auto svalutazione, soprattutto priva del coraggio richiesto a chi è chiamato a fare il bene di un Popolo sfidando anche le sue paure più grandi.
In fondo basterebbe fare un sondaggio per capire che hanno più paura i politici di perdere le loro rendite di posizione, di quanto non ne abbiano gli italiani di uscire dall’euro.
Armando Siri
http://altrarealta.blogspot.it/
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