LE PRIME BOMBE ATOMICHE SCOPPIERANNO IN EUROPA
di Gianni Lannes
La catastrofe nucleare è alle porte, ma l’opinione pubblica è già pericolosamente assuefatta all’idea di un genocidio finale. D'altronde le masse di lobotomizzati dalla tv, dal tifo calcistico, dal gioco d'azzardo statale e dalla violenza dilagante non se ne curano proprio. Il vecchio continente è imbottito di ordigni nucleari, Italia compresa. E perfino nel Mediterraneo Washington ha disseminato mine atomiche “intelligenti”: un complesso reticolo comandabile via satellite. Non è fantascienza, ma l’ennesimo segreto di Stato succube della follia nordamericana.
Attenzione: nella repubblichetta delle banane solo qualcuno sarà salvato. C’è un rifugio antiatomico per pochi privilegiati. Non si tratta di cittadini qualsiasi, ma di una ristrettissima cerchia destinata a sopravvivere alla guerra atomica, mentre tutti gli altri 60 milioni saranno colpiti dalle radiazioni.
Se scoppia la preannunciata guerra nucleare (l'ultima del genere umano), Usa e Russia inizieranno a scontrarsi definitivamente sul nostro continente. Il destino dell’Italia dipenderà dal Pentagono. Quindi, siamo già considerati numeri spacciati, cavie sacrificabili dalla ragion di Stati stranieri.
Non è un mistero perfetto. Tutto previsto e preventivato già dalla direttiva presidenziale 59 del 24 luglio 1980, a firma del presidente Carter. La PD 59 ha aumentato la possibilità di una nuova guerra nucleare su scala limitata. Che c’è allora di nuovo? Mister Obama - da cui prendono ordini i governanti fantoccio dell’Europa - nell’ultimo summit della Nato ha scaldato i motori. Ovviamente, ogni mossa militare viene accompagnata da un lavoro di depistaggio e disinformazione pilotata.
Tecnologicamente il belpaese non è attrezzato per difendersi in un’eventualità di questo genere, tant’è che addirittura non sono noti alla popolazione i piani di emergenza dei 12 porti dello Stivale, dove periodicamente attraccano unità a propulsione e armamento nucleare degli “alleati”. Non abbiamo neanche i rifugi adatti, se si eccettua il bunker costruito per ospitare, in caso d’emergenza, i quattrocento che contano, ovvero politicanti di vertice e militari scelti, e se pure si fa eccezione per iniziative spontanee di privati qua e là per l’Italia, l’emergenza antiatomica da noi è ancora affidata alle inefficaci cantine. Praticamente zero. In Olanda il 30 per cento della popolazione dispone di un rifugio; 60 per cento in Norvegia; 70 per cento in Russia; 90 per cento in Svizzera e 100 per cento in Israele.
In caso di esplosione atomica, è stato calcolato, durante le prime 48 ore servono tre litri di sangue a persona per trasfusioni urgenti, per almeno il 65 per cento dei colpiti. Oltre ai rifugi e alla banca del plasma occorrono centri di decontaminazione per persone e ambiente. Quasi nulla, allo stato attuale, dove basta un temporale per paralizzare l’ex giardino d’Europa. Figuriamo la pioggia telecomandata di atomiche.
Lo zio Sam ritiene possibile una guerra atomica almeno inizialmente limitata e selettiva. Inizierebbe con un attacco a obiettivi militari per culminare, in un secondo tempo contro bersagli civili. Non è un’atroce fantasia. Riguarda l’affollatissima Europa, succube di Washington, o meglio del complesso militar-industriale a stelle e strisce. Il vecchio continente è il primo teatro di una prova di forza tra le due superpotenze contrapposte. L’Italia, usata come una portaerei, non solo è una pedina chiave nel fianco sud dell’alleanza atlantica, ma soprattutto un obiettivo sensibile, in quanto ospita da nord a sud, isole comprese, un mastodontico arsenale nucleare segreto, targato United States of America. L’apparato difensivo italiano è superfluo, anche perché è tramontata la triade: i tre livelli un tempo possibili per la guerra.
A proposito: chi ha deciso che a salvarsi saranno solo in 400 a fronte di una popolazione di 60 milioni di abitanti?
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