Effetti collaterali: morte

La sconvolgente verità che si cela dietro una delle lobby più potenti del mondo, quella del farmaco, svelata da un libro-denuncia che finalmente rompe il muro di omertà e silenzio, portando un po’ di verità.

Sapevate che le case farmaceutiche spendono 35-40 mila dollari l’anno, per ciascun medico in attività, con lo scopo di convincerli a prescrivere i loro prodotti? Sapevate che i cosiddetti ‘Opinion Leader’, grandi scienziati e medici qualificati, vengono corrotti con viaggi costosi, regali o più semplicemente con soldi, perché recensiscano positivamente i medicinali? Sapevate che il 75% dei maggiori scienziati in ambito medico, sono sul libro paga delle industrie farmaceutiche? E che le industrie inventano malattie e le pubblicizzano con campagne di marketing mirate, per espandere il mercato dei propri prodotti?

Molte di queste cose non sono risapute dalla maggior parte delle persone e il motivo è semplice: le lobbies non vogliono che si sappiano… Oggi, però, un libro-denuncia scritto da John Virapen, manager pentito delle grandi multinazionali, rompe il muro di silenzio e omertà e porta un po’ di luce nell’ombra. Virapen è il classico “self made man”: nato nella colonia britannica La Guyana, ha iniziato dai lavori più umili, per giungere come General Manager ai vertici di una delle più potenti e influenti multinazionali del mondo: la Eli Lilly Inc.

Il suo libro “Effetti collaterali: morte” è una pesantissima denuncia che non lascia spazio a nessun dubbio. Questo suo pentimento però non arriva a caso: la nascita di un figlio e la conseguente paura che questo possa finire in uno di quegli ingranaggi da lui creati e oliati per anni. Ad aiutare la stesura del libro, ci sono anche i rimorsi di coscienza per quello che ha contribuito a fare: «Notte dopo notte, ombre e fantasmi si danno appuntamento accanto al mio letto. Di solito si manifestano alle prime ore del mattino. Mi sveglio fradicio di sudore. Indirettamente ho contribuito alla morte di tante persone, e i loro fantasmi oggi mi perseguitano».

Si tratta di una denuncia che mostra il volto più inquietante di un potere profondamente radicato nella nostra società, un potere enorme il cui unico scopo è vendere, vendere e ancora vendere droghe. E non vogliono venderle solo ai malati, ma anche alle persone sane. Come Jules Romains nel 1923 fece dire al dottor Knock nel suo capolavoro letterario: “Il dr. Knock e il trionfo della medicina”: «Un sano è un malato che non sa di esserlo».Quindi le lobbies gentilmente ce lo ricordano!

Virapen con la sua esperienza diretta nelle sale che contano, smonta pezzo dopo pezzo tante certezze, compresa la stessa struttura portante della scienza ortodossa basata sugli studi clinici. «Puoi ottenere quello che vuoi, lavorare sodo e aggirare ogni limite legale, se sai qual è il prezzo giusto e se sei disposto a pagarlo». In sostanza, è tutta una questione di soldi.«Le autorità statali non sono in grado di salvare te o il tuo bambino dalle organizzazioni criminali radicate nell’industria farmaceutica. I funzionari sono corruttibili, gli specialisti sono corruttibili e anche i medici lo sono. Tutti possono essere corrotti, in un certo senso». Questo è l’incipit del libro…
Il ruolo degli ‘Opinion Leader’

Nel mondo scientifico esiste una precisa scala gerarchica. I cosiddetti opinion maker o opinion leader sono importanti ricercatori, medici, luminari, baroni universitari che le industrie osannano e cercano in tutte le maniere di coinvolgere. Dietro enormi pagamenti, spacciati per consulenze, questi personaggi mettono il proprio nome su ricerche, pubblicazioni e studi. In pratica firmano, avallandoli scientificamente, studi sfornati dalle industrie, che spesso e volentieri non hanno neppure letto.

Il valore di un opinion maker è incalcolabile: sono loro i veri poteri forti. Tutto quello che dicono viene preso come oro colato, anche se i fatti e i risultati scientifici dimostrano il contrario. Le informazioni dispensate dagli opinion leader vengono seguite ciecamente da tutti i medici, per così dire meno quotati. Sono i veri trascinatori.
Corrompere i medici

Il budget messo a disposizione dalle aziende per conquistare (cioè corrompere e convincere) un medico è enorme. Una volta si regalavano fiori, ricettari, penne, ecc. ma questo ormai rappresenta il passato; adesso ci sono gioielli, liquori e vini pregiatissimi, opere d’arte e dulcis in fundo i viaggi (chiamati corsi di formazione). Viaggiare può far perdere i freni inibitori, in particolare se il medico viaggia senza la sua dolce metà…

Perché i medici sono così importanti per l’industria farmaceutica? Semplice: la maggior parte dei farmaci devono essere venduti dietro prescrizione medica. Le ricette del medico hanno dunque una incidenza diretta sul fatturato delle case farmaceutiche! Questo è il motivo per cui le industrie iniziano a far proseliti tra i medici, quando sono ancora all’università, finanziando loro gli studi per assicurarsi un appoggio in futuro e influenzarne le scelte. In America, si spendono 35-40.000 dollari all’anno, in media, per ogni medico!
Libri sull'argomento


‘Blockbuster’

Normalmente si definisce blockbuster un farmaco che supera il miliardo di dollari in un anno come vendite. Ma per gli addetti ai lavori, cioè per i personaggi che decidono le sorti di milioni di persone all’interno di sale ovali, un farmaco non si definisce blockbuster solo in base alle vendite: è molto più di una semplice pastiglia venduta miliardi di volte; che la malattia venga curata o che ne vengano trattati solo i sintomi, è un aspetto del tutto secondario per un blockbuster, anche perché le persone malate sono un mercato relativamente piccolo.

Riuscire a convincere anche le persone sane ad assumere farmaci è il sogno di ogni manager di questo settore. Ecco dunque la caratteristica fondamentale di un blockbuster: che si venda a tutti, non solo ai malati ma anche ai sani! Raggiungere il massimo delle vendite era proprio l’obiettivo della fluoxetina…
Il caso emblematico della fluoxetina

Virapen ha partecipato all’entrata in commercio di numerosi farmaci, tra cui alcuni blockbuster, ma quello che più di tutti ha segnato negativamente la storia dell’umanità, è stato il “Prozac”. Solo per il nome Prozac, la Lilly pagò centinaia di migliaia di dollari a un’azienda specializzata in branding e comunicazione, la Interbrand. E’ una prassi piuttosto comune tra le lobbies sborsare un sacco di soldi per trovare il nome giusto per un nuovo prodotto. Per ogni modello di auto, yogurt, detersivo, ecc. il processo di scelta del nome è lungo, costoso e laborioso. Il nome astratto Prozac unisce il prefisso positivo “pro”, derivato dal greco e dal latino, con un suffisso breve e che evoca efficienza.


La fluoxetina appartiene alla famiglia dei cosiddetti SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), in pratica serve a impedire il riassorbimento naturale della serotonina nel cervello, perché un riassorbimento eccessivo altera gli equilibri del neurotrasmettitore. Negli anni ’80, solo i pazienti gravi in cura psichiatrica, assumevano simili farmaci psicotropi.Studiando però tale farmaco, venne fuori un effetto collaterale che i vertici dell’industria individuarono come molto interessante e potenzialmente lucrativo: alcune persone avevano perso peso. E le persone grasse, nel mondo occidentale, sono un’ottima clientela potenziale.

Il grosso problema era far riuscire ad approvare il farmaco come pillola dimagrante. La Lilly aveva fretta e non poteva attendere, quindi alla fine decise di richiedere l’approvazione solo come antidepressivo. Una volta che il farmaco è in commercio, è infatti molto più facile estendere la licenza ad altri usi terapeutici! Questo è un trucchetto comune usato purtroppo spesso dalle lobbies del farmaco.

In Svezia una procedura di approvazione può durare anche sette anni. Troppo tempo per chi ha fame di soldi. Per cui Virapen riuscì a corrompere il medico psichiatra che doveva redigere la relazione finale per l’agenzia di controllo. La cosa tragica è che lo psichiatra era, all’inizio, totalmente contrario al Prozac e non lo avrebbe mai approvato. Ma 20.000 dollari in contanti e la commissione a lui e ai suoi colleghi di una ricerca pagata, ovviamente dalla Lilly, sulla fluoxetina, fecero cambiare miracolosamente il suo parere. Modificarono così i documenti ufficiali rendendoli adatti all’approvazione.

I risultati della sperimentazione affermavano che: «su dieci persone che hanno assunto il principio attivo X, cinque hanno avuto allucinazioni e tentato il suicidio, e quattro di loro ci sono riuscite». Questo venne poi cambiato nel più blando: «con uno dei soggetti è andato esattamente come previsto, è stata riscontrata una perdita di peso in quattro soggetti, e cinque dei restanti hanno avuto effetti collaterali».Ecco un esempio di falsificazione.

La parola “suicidio”, in sostanza era stata fatta sparire del tutto dal rapporto ufficiale, anche se quelle persone della sperimentazione si erano ammazzate veramente. Nel 1986, ci furono moltissimi casi di suicidio durante i test clinici con il Prozac, mentre nei test successivi del 1995, risultò un tasso di suicidi addirittura sei volte maggiore. E l’azienda lo sapeva benissimo, ma ovviamente nascose i dati. I casi di morte durante i test clinici, sono infatti archiviati dalle aziende stesse come segreti commerciali, e per questo motivo possono non essere rivelati alle autorità competenti. L’intero meccanismo è studiato in modo da proteggere l’industria, non le persone.

Quanti pazienti alla fine hanno assunto il Prozac prima che venisse approvato? E per quanto tempo è stato testato questo farmaco psicoattivo? Sottraendo le categorie escluse per vari motivi dai test, rimangono 286 persone. L’86% dei soggetti lo ha assunto per meno di 3 mesi. Quindi, uno dei farmaci più prescritti e venduti al mondo, è stato testato solamente da 286 persone, per poche settimane. Viene da sé… che tutti gli altri milioni di pazienti sono le vere e inconsapevoli cavie umane!

Questo, purtroppo, è quello che avviene quasi sempre nei processi di approvazione dei farmaci: statistiche falsate, dati scomodi fatti sparire, animali scelti ad hoc per ottenere dati utili in laboratorio, persone gravemente danneggiate o morte non considerate e conteggiate, ecc. Il tutto per ottenere l’autorizzazione necessaria alla messa in commercio.

Nel caso della fluoxetina, l’idea iniziale della Eli Lilly, di venderla come farmaco dimagrante, non fu nemmeno necessaria, perché il Prozac era già diventato un blockbuster come antidepressivo. Qui entra in ballo la psichiatria, quella collusa e pagata dall’industria. A furia di catalogare ogni manifestazione possibile della depressione, hanno fatto aumentare il numero delle persone potenzialmente rientranti in questa o in quella categoria. Dal momento in cui semplici sbalzi di umore sono stati considerati sintomi depressivi, il numero dei malati è salito alle stelle.

Casualmente e improvvisamente, milioni di persone sono diventate depresse, ma per fortuna era appena stata approvata la cura d’eccellenza, la pillola della felicità: il Prozac. Come per tutti i farmaci, il rovescio della medaglia si chiama “effetti collaterali”, che nei farmaci psicotropi è in numero elevatissimo.

In alcune ricerche fatte dalla stessa Lilly, i danni collaterali interessavano il 90% dei soggetti e, paradossalmente, nel 15-20% dei casi gli effetti collaterali somigliavano addirittura al disturbo che il Prozac avrebbe dovuto curare: la depressione. Tra le centinaia di effetti collaterali, uno dei più deleteri è l’acatisia che provoca impulsi omicidi e suicidi. Questi medicinali possono dar luogo a pensieri di suicidio e di violenza, ma allo stesso tempo annientare la volontà e l’iniziativa. Non è un caso, infatti, che la maggior parte delle stragi avvenute senza motivo nei college americani, sono state eseguite da persone psichiatrizzate e in cura con tali droghe (Prozac, Paxil, Zoloft, ecc.).

Dati ufficiali alla mano, si può parlare di oltre 250.000 persone che hanno cercato di togliersi la vita dopo aver assunto il Prozac, delle quali circa 25.000 sembra ci siano riuscite. E questa purtroppo è una stima del 1999. Ma come disse Lenin: «la morte di una persona è una tragedia. La morte di un milione di persone è statistica»…
Conclusioni

Avrete a questo punto capito chel’industria farmaceutica ragiona solo per interesse e per statistica: se sa che solo lo 0,1% dei pazienti morirà assumendo un certo principio attivo, si ritiene soddisfatta. In conclusione, quindi, se non vogliamo diventare una statistica anche noi, un numero prima o dopo la virgola, sarà bene stare molto attenti, e il più lontano possibile dai farmaci!

Cerchiamo allora di non dare troppa importanza a sintomi che spesso poi si risolvono da soli. Non corriamo subito dal medico per ogni piccolo dolorino. Ricordiamoci che il nostro corpo ha la capacità di guarirsi da solo, se solo glielo permettiamo e rispettiamo i suoi tempi. Aiutiamoci piuttosto con i rimedi naturali, pensiero positivo, atteggiamento ottimista e un po’ di sana attività fisica!

Anche il concetto stesso di malattia è qualcosa che ci hanno inculcato… rifiutiamolo a priori, sapendo e avendo coscienza che il sintomo è solo un messaggio, è il nostro corpo che ci chiede di ascoltarlo e magari di cambiare un po’ il nostro stile di vita: cibo sano, possibilmente vegano e non industriale, niente fumo, alcool e ovviamente… niente farmaci!

Articolo di Marcello Pamio

Tratto dal libro: “Effetti collaterali: morte” di John Virapen, ed. Chinaski

http://altrarealta.blogspot.it/

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