Gli autonomi a partita Iva sono sempre più poveri
Una ricerca della Cgia di Mestre indaga il risvolto della retorica sulle start up e dell’auto-imprenditorialità. Gli autonomi sono lavoratori, e non imprenditori, senza tutele sociali. Uno su quattro ha un reddito al di sotto della soglia di povertà: 9.455 euro annui. “Non bisogna togliere le garazie ai dipendenti, ma estenderle agli autonomi”.
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Vivono al di sotto del reddito di povertà: 9.455 euro all’anno. Nel 2014 una famiglia su quattro con un reddito principale da lavoro autonomo ha vissuto in condizioni insostenibili. Lo sostengono i dati rielaborati dalla Cgia di Mestre secondo la quale tra il 2010 e il 2014 i nuclei familiari in cattive acque sono aumentati di 1,2 punti percentuali. E questo senza considerare i freelance, single o conviventi, quelli che non formano una famiglia «tradizionale». Per loro la condizione si presenta ancora più difficile. La Cgia fa un paragone: se la povertà è scesa dell’1% per i pensionati, per le partite Iva è cresciuta del 5,1%. Nell’ultimo anno il dato è rimasto stabile. La crisi ristagna, i nuovi poveri restano in una condizione stabile. «Se un lavoratore dipendente perde momentaneamente il posto di lavoro può disporre di diverse misure di sostegno al reddito — ricorda il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia Paolo Zabeo — Un autonomo non ha alcun paracadute. Una volta chiusa l’attività è costretto a rimettersi in gioco affrontando una serie di sfide impossibili. Oggi è difficile trovare un’altra occupazione: l’età spesso non giovanissima e le difficoltà congiunturali costituiscono un ostacolo insormontabile al reinserimento nel mondo del lavoro».
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