ARMA DI MIGRAZIONE DI MASSA


A cosa servono 250 milioni di migranti entro il 2060
Pubblicato 12 gennaio 2016 - 21.09 - Da Claudio Messora


Gli “esperti” della materia insistono che avremmo bisogno di oltre 250 milioni di europei in più nel 2060, ovviamente da trovare grazie all’immigrazione. Gli oltre 24 milioni di disoccupati però, senza contare gli inattivi che solo in Italia sono 14 milioni, sembrano essere dimenticati da Dio. Ma non dall’Eurostat.

Ma allora perché, se abbiamo così tanti disoccupati e ancor più inattivi, sembra che le pensioni si possano pagare solo con l’arrivo di centinaia di milioni di persone dall’Africa e dal Medio Oriente? Richard Kalergi aveva la sua visione, raccontata da Matteo Simonetti, autore di “La verità sul piano Kalergi“.

Lo studio “Weapons of Mass Migration: Forced Displacement, Coercion, and Foreign Policy” (Armi di migrazione di massa: deportazione, coercizione e politica estera), invece, pubblicato in volume dalla Cornell University Press nel giugno 2011 e precedentemente oggetto di un articolo pubblicato nel 2008 sulla rivista specializzata “Civil Wars” (vol. 10, n. 1, pagine 6-21), ipotizza che

siamo di fronte ad una nuova arma bellica non convenzionale, quella che l’autrice chiama “arma di migrazione di massa”.

Fulvio Grimaldi, tra i giornalisti indipendenti che più conoscono i territori medio orientali, si spinge perfino a dichiarare che l’immigrazione di massa è una strategia USA per controllare l’Europa.

in  Scenari Economici si spiega da un punto di vista più vicino alla tecno-economia che ha invaso i nostri tempi, creando orde di politici zombi che infettano editoriali, inquinano l’opinione pubblica e infestano i palinsesti tv.


“Questo bisogno di importare persone disagiate in cerca di lavoro, quando in casa abbiamo milioni di disoccupati, nasconde il piano di abbassare il tenore di vita dei cittadini europei, a partire dai salari, creando unacompetitività al ribasso tra i cittadini dei singoli stati europei e gli immigrati. Questo per convergere con i requisiti dell’eurozona, ossia ridurre il gap di competitività tramite la svalutazione del lavoro, sacrificando la domanda interna per esportare di più, dal momento che i singoli Paesi europei non possono scaricare la flessibilità sulle loro monete nazionali.

Inoltre un’immigrazione di proporzioni bibliche in Europa è funzionale ad un requisito importare della teoria delle aree valutarie, nello specifico alla mobilità dei fattori lavorativi in caso di shock asimmetrici (sopratutto se si rifiutano i trasferimenti di fiscalità, altro requisito della teoria dell’area valutaria ottimale). In questo caso gli immigrati sarebbero quelli più adatti alla mobilità del lavoro tra gli Stati europei, per il semplice fatto che oltre ad accontentarsi di salari più “competitivi” questi non risentirebbero delle differenze culturali e linguistiche (a differenza di un italiano, di uno spagnolo, di un tedesco o di un francese) nello spostarsi in Europa, ad esempio per accettare un lavoro sottopagato.

Pertanto l’immigrazione di massa, oltre che per motivi puramente mercantilistici, risulterà funzionale alla diluizione delle differenze culturali, sociali e linguistiche tra i singoli Stati europei, sia per i motivi citati che per creare una società priva di coscienza di classe (Marx li definiva lumpenproletariat), la quale sarà sempre passiva verso un’élite che dominerà l’intero continente europeo“.

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