Giordano Bruno, simbolo umano del Libero Pensiero.

Oggi è l'Anniversario della messa al rogo di uno dei più Grandi Uomini della storia dell'Umanità:

Giordano Bruno, simbolo umano del Libero Pensiero.

Roma, Campo dei fiori, 17 Febbraio 1600
“Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza
che io nell'ascoltarla”.

Il giovane allievo di Giordano Bruno* , Sagredo, ebbe il permesso straordinario di incontrare il suo maestro la mattina presto, poco prima che venisse messo al rogo dalla santa Inquisizione della Chiesa cattolica romana in Campo dei fiori il 17 Febbraio del 1600.
Nel lungo buio del corridoio delle carceri di Castel Sant’Angelo, si odono i passi che segnano l'avvicinarsi di ospiti ai condannati prossimi all'esecuzione. Un forte rumore di chiavi apre la pesante porta della cella dove è rinchiuso il condannato al rogo Giordano Bruno. È lì, steso su un rude pagliericcio, i suoi occhi lucidi, fermi e sereni si illuminano di Gioia e di tenerezza alla vista del suo amico .
«Sagredo, mio giovane amico!» i due si abbracciano; il guardiano esce in silenzio, richiudendo dietro di sé la porta della nuda e umida cella.
«Corri gravi rischi, figliolo. L'Inquisizione non ha simpatia per chi ha simpatia per gli eretici».

«Maestro, non potevo non salutarvi». Il giovane nasconde a fatica l'emozione di trovarsi di fronte al suo amato grande saggio, ormai prossimo all'esecuzione della feroce sentenza.
«Sei un uomo ormai, e il tuo coraggio comunque ti premierà".

«Ho chiesto un permesso speciale al cardinale Bellarmino, Si è dimostrato disponibile... Forse qualcosa sta cambiando...».
«Si, sta cambiando" conferma Bruno «anche grazie alla mia morte: la storia di questo mondo è segnata da più dalla morte che dalla Vita. La morte suscita paura, inquietudine, domande, tanto più se è illustre. Ciò mi rende sereno, amico mio, so di compiere il mio destino».

«Maestro, ma non temete il fuoco che brucerà le vostre carni?».
«Si, Sagredo, ho paura, il mio corpo ha paura...» riflette il condannato «ma io so che non morirò ... quando il mio corpo fisico morirà io sarò lì; vedrò cadere il mio corpo, vedrò i volti trionfanti, attoniti e sgomenti dei miei persecutori...». Malgrado le parole del maestro, il volto del giovane è triste e sconsolato.

«Se non vi avessi avvertito dell'arresto di vostra figlia e della vostra amata, voi non sareste tornato a Venezia ...» afferma quasi per rimproverarsi.
«Sarei tornato comunque, prima o poi. Sì, la loro morte fu un segnale per me...» continua Bruno con lo sguardo rivolto verso l'infinito.
«Quanto teneramente e voluttuosamente ho amato quella donna... L'amore, Sagredo, è la forza più grande della Natura... è Vita, fusione dei corpi degli amanti... Avvicinarmi a lei era sentire l'infinita dolcezza di Casa, del vero mondo, la dolce tenerezza che solo una donna intelligente e profonda sa dare e ricevere… Quanta illusione, quanta ignoranza... L'uomo non è cattivo, Sagredo, è solo infelice. É la sua piccola mente la causa della sua infelicità... Sì, sapevo che erano state prese e anche della loro condanna. La tua è stata solo una triste conferma... Quando il mio corpo brucerà io sarò libero, Sagredo, libero di ricongiungermi a loro, abbracciarle... Non ti crucciare, amico mio... Questo era il nostro destino, comune a tutti quelli che cercano la verità, bandita da un mondo che si regge sulla menzogna... Verrà un giorno, Sagredo, che l'uomo si risveglierà dall'oblio e finalmente comprenderà chi è veramente e a chi ha ceduto le redini della sua esistenza, a una mente fallace, menzognera, che lo rende e lo tiene schiavo... L'uomo non ha limiti e quando un giorno se renderà conto, sarà libero anche qui in questo mondo».
Si volta e guarda il suo allievo quasi raggiante: «Lo ha previsto da tempo immemorabile la Vita...".
«Maestro, ma perché questo destino crudele? Chi può aver voluto tutto questo?».
«Io stesso, Sagredo, ben prima di nascere in questa dimensione. La morte ignea del corpo fisico è una purificazione profonda, è il battesimo del fuoco. In tanti abbiamo scelto questa morte, non solo come esempio ad un'umanità ottusa, meschina e crudele, ma anche per adempire al compito che la Vita ci ha assegnato e che abbiamo accettato di buon grado... per Amore... In fondo, anche se in modo inconsapevole, la Chiesa sta compiendo la nostra volontà».

«Ma allora… il cardinale Bellarmino esegue la vostra volontà?».
«Bellarmino ora esegue la volontà della Chiesa, volta a conservare il potere; esegue però anche la Volontà vera, quella di una morte illustre che lasci traccia nella storia. Anche gli uomini di Chiesa sono parte dell'Uno: la mia morte servirà per mostrare il vero potere, quello occulto, che si muove dietro tutte le chiese e tutti i poteri del mondo. In questo mondo illusorio, ove menzogna, bontà ipocrita e paura dominano, una morte illustre è più efficace di un’intera vita. Le umane genti la ricordano. L'uomo che infligge morte è colui che più la teme: è un paradosso, ma chi procura la morte, cerca disperatamente di comprenderla, di penetrare la mente di Dio”.

«Bellarmino quindi… anche lui, è alla ricerca di Dio?».
«Certo, anche Bellarmino è un fratello”.

«Maestro, ma perché tutto questo, perché tutta questa sofferenza, queste atrocità, ingiustizie, dolori: fratelli che uccidono loro fratelli! Come può Bellarmino firmare ad animo leggero la sentenza della vostra morte?».
«Non lo ha fatto ad animo leggero, Sagredo. É stata per lui una decisione sofferta e penosa, ma non poteva fare altrimenti: avrebbe dovuto rinunciare all'abito che porta e ai credi che predica. Egli non ha coscienza, non sente l'unità dell'infinito universo, non sa che la sua azione di oggi avrà per lui una reazione, in altra sua vita futura; questo vale anche per me e tutti coloro che hanno cercato invano di risvegliare l'umanità dall'inganno. La terra è una dura scuola; ogni opera lascia una traccia perché la giustizia vera esiste, figliuolo, anche se in questo mondo non appare».

«La giustizia vera vuole la vostra morte?». Sagredo è tanto incredulo quanto ammirato dalla saggezza del suo maestro...
«La vogliamo noi stessi, Sagredo, non i nostri corpi transeunti ma i veri Esseri immortali che siamo. Che ci piaccia o no, siamo noi la causa di noi stessi.
L'Essere non teme la morte perché sa bene che non esiste. Nascendo in questo mondo cadiamo nell'illusione dei sensi: crediamo a ciò che appare. Ignoriamo che siamo ciechi e sordi. Allora ci assale la paura e dimentichiamo che siamo divini, che possiamo modificare il corso degli eventi, persino lo zodiaco... Siamo figli dell'unico vero Sole che illumina i mondi. Il dolore e la sofferenza non c’erano all’inizio della storia, ai tempi dell'antico Egitto che conservava ancora memoria delle gloriose ed immortali origini. Un giorno non lontano, una nuova era giungerà finalmente sulla Terra. La morte non esiste. La miseria, il dolore e le sue tante tragedie sono il frutto della paura e dell'ignoranza di ciò che è la vera realtà».

«Ma quanto tempo ancora sarà necessario?»
«Il tempo anche dipende da noi, Sagredo. Il tempo è l'intervallo tra il concepimento di un'idea e la sua manifestazione. L'umanità ha concepito il germe dell'utopia e la gestazione procede verso il suo compimento inevitabile: il secolo passato è una tappa importante, che precede la nascita. Gli Esseri divini vegliano sulla gestazione della terra e alcuni nascono per aiutare gli umani a comprendere che la trasformazione dipende anche dal loro risveglio».

«Anche voi, maestro, siete sceso per questo scopo?».
«Anch'io Sagredo, ma non sono il solo. C'è un folto gruppo di Esseri che sono scesi più volte nel corso della storia e si riconoscono nel grande Ermete, Socrate, Pitagora, Platone, Empedocle… In questo secolo, Leonardo, Michelangelo, Shakespeare, Campanella, nomi noti, ma anche gente umile, semplici guaritrici, molte delle quali finite sul rogo...» .
Giordano è commosso, al ricordo dei tanti che lo hanno preceduto sulla via del patibolo. Sagredo è profondamente colpito; è divenuto partecipe di una verità finora a lui sconosciuta.
Giordano continua: «É il battesimo del fuoco che serve a trasmutare il corpo fisico e a manifestare i veri Esseri. La loro rivelazione ormai è inevitabile. Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, per porre i semi della nuova cultura che fiorirà inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto».
Rumori di fondo fanno intendere che la visita deve volgere al termine. Il respiro di Sagredo è affannoso…

«Maestro, come potrò ritrovarvi?».
«Guarda dentro di te, Sagredo, ascolta la tua voce interiore e ricorda che l'unico vero maestro è l'Essere che sussurra al tuo interno.
Ascoltala: è la verità ed è dentro di te.
Sei divino, non lo dimenticare mai».
La porta della cella si apre e compare il guardiano: è il volto di un uomo apparentemente duro, ma che ha anche timore reverenziale di quell'uomo di cui si trova ad essere il carceriere. Non pronuncia alcuna parola ed attende con rispetto che il visitatore si allontani.
Giordano e Sagredo si alzano e si salutano, entrambi commossi.
«Non ci stiamo separando Sagredo, la separazione non esiste.
Siamo tutti Uno, in eterno contatto con l’Anima Unica…»

*Filippo Giordano Bruno (1548-1600), entrato giovanissimo nell'ordine dei frati domenicani rinunciò, come da regola monastica, al nome di Filippo e assunse quello di Giordano (forse in onore del suo insegnate di metafisica). Si laureò in teologia e divenne sacerdote. Studiò dialettica, logica e mnemotecnica all'Università di Napoli, visse in Francia e in Inghilterra. Nel 1592 fu arrestato dall'inquisizione, dopo circa 8 anni di reclusione venne condannato all’abiura o al rogo ma piuttosto che sottomettere sé stesso e le sue idee agli uomini di chiesa accettò di essere bruciato vivo, divenendo il simbolo mondiale del libero pensiero che rese invece le sue opere, volte ad un radicale rinnovamento dell’intera umanità.


Giusy Joes FB


http://altrarealta.blogspot.it/

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