“Ora però piantatela”
(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – “Ora che ci sono le foto, le intercettazioni, le denunce dell’Ong “buona” Save the children e le testimonianze dell’agente sotto copertura dello Sco, cioè praticamente abbiamo il film di ciò che accade nel Mediterraneo e che il procuratore catanese Carmelo Zuccaro aveva provato – fra un insulto e l’altro – a descrivere a parole a un Parlamento che cadeva dalle nuvole, le chiacchiere stanno a zero. Chi ha insultato il magistrato che segnalava un pericolo e chiedeva mezzi per indagare dandogli del razzista o del complice della Lega, gli chieda scusa. E chi ancora è prigioniero di pregiudizi ideologici – tipo che tutte le Ong hanno sempre ragione perché salvano i migranti – se ne liberi al più presto e prenda contatto con la realtà, documentata oltre ogni ragionevole dubbio dai pm e dal gip di Trapani. I fatti risalgono a giugno, cioè a un mese dopo le polemiche sugli allarmi di Zuccaro. Con la disinvoltura tipica di chi ha l’“abitudine” a fare così (espressione usata dal procuratore Ambrogio Cartosio) e la certezza dell’impunità, i bravi volontari tedeschi dell’Ong Jugend Rettet continuavano imperterriti a spingersi con le loro navi fin dentro le acque territoriali libiche (fino a 13 miglia dalla costa), a contattare gli scafisti per darsi appuntamento al largo, ad attendere i loro gommoni o pescherecci pericolanti, a caricare a bordo centinaia di migranti a botta e, dopo aver congedato i trafficanti con sorrisi e saluti (“sta arrivando tanta gente!”), a riconsegnare loro le imbarcazioni (anziché tagliarle e affondarle, come fanno le Ong serie), trainandole fino alla costa libica per poter essere riutilizzate in altre consegne – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 4 agosto 2017, dal titolo “Ora però piantatela”.
Il tutto sotto lo sguardo complice della Guardia costiera libica che dovrebbe stroncare i traffici e arrestarne i responsabili, invece con le sue motovedette fungeva da scorta armata degli scafisti e dei loro simpatici favoreggiatori “umanitari”. Essendo anche le barche della Jugend Rettet piuttosto fatiscenti, i giovanotti tedeschi avevano buon gioco a chiedere “aiuto” ad altre Ong più attrezzate, perché rilevassero il carico di profughi ed effettuassero la pronta consegna in uno a scelta dei porti siciliani. Così, quando i disperati toccavano il suolo italiano, non c’era traccia non solo degli scafisti (mai usciti dalle acque libiche, dunque non identificabili né punibili), ma neppure della Jugend (che non risulta proprio alle nostre autorità: le sue navi non hanno mai visto un porto italiano): invisibile sia chi porta sia chi smista i migranti. Un servizio taxi in piena regola. E un sistema perfetto per garantire soldi facili e zero rischi a tutti.
Agli scafisti, che arraffano i risparmi dei migranti, risparmiano pure sulle imbarcazioni (viste le poche miglia tra la costa e i “salvatori”) e poi magari girano qualche mancia ai militari libici che chiudono un occhio, anzi due. Ma anche all’Ong made in Germany, grazie alle copiose donazioni della brava gente commossa dai filmati strappalacrime sui “salvataggi” (si fa per dire: in assenza di pericoli di vita, i pm parlano di “consegne concordate”). Tanto poi il conto lo pagano gli italiani, con un’immigrazione sempre più selvaggia e incontrollata. Naturalmente la Jugend Rettet è una delle Ong che hanno prima respinto con sdegno gli allarmi di Zuccaro che l’aveva inserita fra quelle più sospette e meno collaborative (e ora si capisce il perché) e ora hanno rifiutato di firmare il Codice di condotta del Viminale (e ora si capisce il perché).
Le scuse la conosciamo: le Ong sono “neutrali” (fra scafisti e poliziotti?) e allergiche alle armi (solo a quelle della polizia giudiziaria?). Ma anche queste si rivelano barzellette. La Jugend era talmente neutrale da collaborare amorevolmente con gli scafisti, ma non con lo Stato italiano. Infatti i suoi volontari si vantavano: “Non daremo mai un contributo… nessuna fotografia in cui potrebbero essere identificabili persone la guida delle imbarcazioni, perché la polizia potrebbe arrestarle”. E, per maggiore chiarezza, appena un loro natante (di solito battente bandiera olandese) entrava in acque libiche, issava a poppa il vessillo di Tripoli e a prua il grazioso cartello “Fuck Imrc” (acronimo del Centro internazionale di coordinamento del soccorso marittimo).
Chi non vuole vedere né capire dirà: è tutto a fin di bene. Può darsi, ma a fin di bene si possono compiere disastri, e anche reati, e nessuno Stato di diritto può consentirlo. Altri parleranno del solito caso isolato, la classica mela marcia nel cestino di quelle sane: improbabile, anche perché altre procure, Catania in testa, indagano su altre Ong. Quindi, per favore, nessuno dica più che il Codice Viminale-Ue è immotivato: il caso Jugend spiega plasticamente perché è indispensabile. A cominciare dalle due che hanno indotto anche un’organizzazione seria come Medici senza frontiere a non firmare: la presenza della polizia giudiziaria (che non dipende dal governo, ma direttamente dalla magistratura) per individuare scafisti e complici e scoprire o prevenire reati; e il divieto di trasbordo dei migranti da una nave all’altra (salvo casi di emergenza) per spezzare quelle catene di Sant’Antonio in alto mare che aiutano chi traffica e favoreggia a cancellare le proprie tracce. Sappiamo benissimo che non tutte le Ong sono uguali e ne esistono anche di serie e benemerite (speriamo la maggior parte). Benissimo: è il momento che vengano fuori e si distinguano dalle altre firmando senza se e senza ma il protocollo del Viminale e collaborando con la polizia giudiziaria come Save the children. Così avremo una white list di organizzazioni che non hanno nulla da nascondere e possono continuare a operare nel Mediterraneo; e una black list di furbacchioni da rispedire al mittente.[…]
Il tutto sotto lo sguardo complice della Guardia costiera libica che dovrebbe stroncare i traffici e arrestarne i responsabili, invece con le sue motovedette fungeva da scorta armata degli scafisti e dei loro simpatici favoreggiatori “umanitari”. Essendo anche le barche della Jugend Rettet piuttosto fatiscenti, i giovanotti tedeschi avevano buon gioco a chiedere “aiuto” ad altre Ong più attrezzate, perché rilevassero il carico di profughi ed effettuassero la pronta consegna in uno a scelta dei porti siciliani. Così, quando i disperati toccavano il suolo italiano, non c’era traccia non solo degli scafisti (mai usciti dalle acque libiche, dunque non identificabili né punibili), ma neppure della Jugend (che non risulta proprio alle nostre autorità: le sue navi non hanno mai visto un porto italiano): invisibile sia chi porta sia chi smista i migranti. Un servizio taxi in piena regola. E un sistema perfetto per garantire soldi facili e zero rischi a tutti.
Agli scafisti, che arraffano i risparmi dei migranti, risparmiano pure sulle imbarcazioni (viste le poche miglia tra la costa e i “salvatori”) e poi magari girano qualche mancia ai militari libici che chiudono un occhio, anzi due. Ma anche all’Ong made in Germany, grazie alle copiose donazioni della brava gente commossa dai filmati strappalacrime sui “salvataggi” (si fa per dire: in assenza di pericoli di vita, i pm parlano di “consegne concordate”). Tanto poi il conto lo pagano gli italiani, con un’immigrazione sempre più selvaggia e incontrollata. Naturalmente la Jugend Rettet è una delle Ong che hanno prima respinto con sdegno gli allarmi di Zuccaro che l’aveva inserita fra quelle più sospette e meno collaborative (e ora si capisce il perché) e ora hanno rifiutato di firmare il Codice di condotta del Viminale (e ora si capisce il perché).
Le scuse la conosciamo: le Ong sono “neutrali” (fra scafisti e poliziotti?) e allergiche alle armi (solo a quelle della polizia giudiziaria?). Ma anche queste si rivelano barzellette. La Jugend era talmente neutrale da collaborare amorevolmente con gli scafisti, ma non con lo Stato italiano. Infatti i suoi volontari si vantavano: “Non daremo mai un contributo… nessuna fotografia in cui potrebbero essere identificabili persone la guida delle imbarcazioni, perché la polizia potrebbe arrestarle”. E, per maggiore chiarezza, appena un loro natante (di solito battente bandiera olandese) entrava in acque libiche, issava a poppa il vessillo di Tripoli e a prua il grazioso cartello “Fuck Imrc” (acronimo del Centro internazionale di coordinamento del soccorso marittimo).
Chi non vuole vedere né capire dirà: è tutto a fin di bene. Può darsi, ma a fin di bene si possono compiere disastri, e anche reati, e nessuno Stato di diritto può consentirlo. Altri parleranno del solito caso isolato, la classica mela marcia nel cestino di quelle sane: improbabile, anche perché altre procure, Catania in testa, indagano su altre Ong. Quindi, per favore, nessuno dica più che il Codice Viminale-Ue è immotivato: il caso Jugend spiega plasticamente perché è indispensabile. A cominciare dalle due che hanno indotto anche un’organizzazione seria come Medici senza frontiere a non firmare: la presenza della polizia giudiziaria (che non dipende dal governo, ma direttamente dalla magistratura) per individuare scafisti e complici e scoprire o prevenire reati; e il divieto di trasbordo dei migranti da una nave all’altra (salvo casi di emergenza) per spezzare quelle catene di Sant’Antonio in alto mare che aiutano chi traffica e favoreggia a cancellare le proprie tracce. Sappiamo benissimo che non tutte le Ong sono uguali e ne esistono anche di serie e benemerite (speriamo la maggior parte). Benissimo: è il momento che vengano fuori e si distinguano dalle altre firmando senza se e senza ma il protocollo del Viminale e collaborando con la polizia giudiziaria come Save the children. Così avremo una white list di organizzazioni che non hanno nulla da nascondere e possono continuare a operare nel Mediterraneo; e una black list di furbacchioni da rispedire al mittente.[…]
Marco Travaglio
https://infosannio.wordpress.com/2017/08/04/ora-pero-piantatela-di-marco-travaglio/
http://altrarealta.blogspot.it/
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