Pacificazione. A Gaza
Pacificazione. A Gaza la missione è compiuta: Trump ha fermato Trump
di Alessandro Orsini
I fattori che hanno indotto Trump a fermare il bombardamento di Gaza sono numerosi. Nessuno dei quali ha a che vedere con il suo amore per la pace. Il primo fattore che ha indotto Trump a porre fine allo sterminio dei palestinesi è l’utilità marginale decrescente. Dopo due anni di bombardamenti, i benefici addizionali derivanti da ogni nuovo bombardamento di Gaza non valgono più il costo di ottenerli. L’utilità marginale è il vantaggio che gli Stati Uniti ricavano dall’ultima dose di bombardamento. Gaza è stata rasa al suolo. Continuare a bombardarla comporta più svantaggi che vantaggi. Amore per la pace? Macché: prima di fermare il bombardamento, Trump ha atteso la distruzione completa di Gaza. Una prova? Il 17 settembre 2025, ha posto il veto alla tregua nel Consiglio di sicurezza dell’Onu. Questo certifica che, fino al 19 settembre 2025, Trump ha operato per la prosecuzione dello sterminio dei palestinesi. Il secondo fattore è stato la decisione dell’Arabia Saudita di passare sotto l’ombrello nucleare del Pakistan, il 19 settembre 2025: un gesto di sfiducia verso Trump, dopo il bombardamento israeliano del Qatar del 9 settembre 2025. Nuova dose di bombardamenti, crollo dei vantaggi. Il terzo fattore è stato la decisione degli alleati più stretti di Trump di riconoscere lo Stato di Palestina, come Francia, Inghilterra, Canada e Australia: altro rovescio diplomatico per Trump. Nuova dose di bombardamenti, crollo dei vantaggi.
Il quarto fattore sono state le grandi manifestazioni di piazza che hanno iniziato a destabilizzare i più fedeli alleati di Trump, tra cui l’Italia, dove Giorgia Meloni ha accusato l’opposizione di essere peggiore dei terroristi di Hamas: un buon viatico per scivolare nel caos. Nuova dose di bombardamenti, crollo dei vantaggi. Il quinto fattore sono stati i missili degli Houthi nel Mar Rosso che stanno causando danni economici considerevoli ai migliori alleati di Trump. Nuova dose di bombardamenti, crollo dei vantaggi. Il sesto fattore è stato il bisogno di concentrarsi sull’Iran contro cui Trump e Netanyahu stanno preparando un nuovo bombardamento: non è certo che avverrà, ma lo stanno preparando. Infine, Trump ha fermato lo sterminio dei palestinesi per influenzare la giuria del premio Nobel a suo favore. Se il Nobel per la pace fosse stato assegnato a gennaio 2026, probabilmente Gaza sarebbe ancora bombardata.
Applausi: Trump ha fermato Trump. Il bombardamento di Gaza dipendeva soltanto dalla sua volontà. Trump era l’unico ad alimentare lo sterminio dei palestinesi dall’esterno, come ha dichiarato ieri alla Knesset: “Netanyahu mi ha chiesto tutti i giorni armi potentissime che non sapevo nemmeno di avere e gliele ho date”. Fermare la guerra era un gioco da ragazzi per Trump giacché la guerra a Gaza non si è mai “sirianizzata”. Una guerra è sirianizzata quando è alimentata dall’esterno da una molteplicità di Stati, ognuno dei quali persegue una propria agenda nazionale. L’Arabia Saudita inviava armi? No. La Turchia? No. Il Qatar? No. Soltanto Trump inviava le armi. Trump ha fermato la guerra a Gaza, ma non quella in Ucraina che, invece, è sirianizzata. Le guerre sirianizzate sono difficili da fermare. E, infatti, Trump mica ci riesce. Trump non ha condotto alcuna complessa manovra diplomatica per convincere gli Stati arabi a fermare il massacro a Gaza. Sono stati i governi arabi a condurre una complessa manovra diplomatica su Trump per indurlo a interrompere lo sterminio dei palestinesi (l’alleanza tra Arabia Saudita e Pakistan è una di queste complesse manovre diplomatiche su Trump).
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