Giorgio ORSONI; USATO E SCARICATO
Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni ha annunciato le sue dimissioni in una conferenza stampa, da lui stesso organizzata. Ieri Orsoni aveva detto di non volersi dimettere dopo essere tornato in libertà, dopo una settimana ai domiciliari per l’inchiesta sul Mose. Di fronte alle pressioni dell’opposizione e di parte della sua stessa maggioranza a Cà Farsetti, Orsoni però ha fatto un passo indietro. Le sue dichiarazioni contro il Pd erano state fortissime.
Il Partito democratico "con me ha avuto un comportamento inaccettabile, ha affrontato quanto mi è accaduto in modo superficiale e farisaico. In particolare i vertici. Mi riferisco a Matteo Renzi". Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, dopo aver chiesto il patteggiamento per le mazzette sul Mose ora si vendica e parla anche di Matteo Renzi. Dopo aver dato del "Giuda" al premier parla della sua poltrona di sindaco che non ha intenzione di lasciare nonostante lo scandalo che lo ha travolto. "Potrei dare le dimissioni e mandare tutti a quel paese. In questo momento non lo faccio perché non sono così impetuoso come qualcun altro. Mi sono riservato qualche giorno di tempo. Ho parlato con i miei assessori, tutti mi hanno messo a disposizione le loro deleghe, cosa fra l'altro inutile perché il sindaco può revocarle. Sicuramente rivedremo la giunta", spiega.
Querela per Renzi? - Il sindaco poi non esclude di voler querelare il premier: "Valuteremo, loro dicono che non mi conoscevano, che non ero del Pd. Si sono cavati fuori come anime belle". "Alcuni di quelli - aggiunge Orsoni - che dopo il mio arresto ai domiciliari hanno detto di non conoscermi mi telefonavano da un anno e hanno continuato a farlo fino a martedì per chiedermi di ripresentarmi. Io avevo già deciso di non ricandidarmi e di ritenere chiusa la parentesi politica della mia vita ma questo fatto è stato determinante. Posso dire che non ho un passato politico e non avrò neanche un futuro politico. Ho sicuramente sbagliato a fare il sindaco, probabilmente non dovevo farlo", conclude Orsoni. Ma a pesare su Orsoni è la sua poltrona di sindaco che, come già ricordato, non ha ancora lasciato.
Il Pd chiede la testa del sindaco - Così dal Pd arriva una richiesta precisa da Deborah Serracchiani, la numero due della segreteria: "Siamo umanamente dispiaciuti per la condizione in cui si trova Giorgio Orsoni, ma dopo quanto accaduto ieri, e a seguito di un approfondito confronto con i segretari cittadino provinciale e regionale del Pd, abbiamo maturato la convinzione che non vi siano le condizioni perché prosegua nel suo mandato di sindaco di Venezia. Invitiamo quindi Orsoni a riflettere sull'opportunità nell'interesse dei cittadini di Venezia e per la città stessa di offrire le sue dimissioni", ha detto in una dichiarazione congiunta con il segretario regionale del Pd veneto, Roger De Menech.
Il Pd chiede la testa del sindaco - Così dal Pd arriva una richiesta precisa da Deborah Serracchiani, la numero due della segreteria: "Siamo umanamente dispiaciuti per la condizione in cui si trova Giorgio Orsoni, ma dopo quanto accaduto ieri, e a seguito di un approfondito confronto con i segretari cittadino provinciale e regionale del Pd, abbiamo maturato la convinzione che non vi siano le condizioni perché prosegua nel suo mandato di sindaco di Venezia. Invitiamo quindi Orsoni a riflettere sull'opportunità nell'interesse dei cittadini di Venezia e per la città stessa di offrire le sue dimissioni", ha detto in una dichiarazione congiunta con il segretario regionale del Pd veneto, Roger De Menech.
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Mose, Orsoni: “Chiedevo soldi a Mazzacurati su richiesta del Pd”
Il primo cittadino di Venezia, dopo avere lasciato i domiciliari, non si dimette da sindaco e attacca il partito. I colleghi Dem lo scaricano. Il senatore Russo: "Lo dico senza mezze misure, non può continuare a governare la città"
Da una sponda all’altra del Canal Grande. Dieci metri di acqua, questa la distanza che segna il ritorno alla libertà di Giorgio Orsoni. Dalla sua lussuosa abitazione, nella quale ha trascorso otto giorni di arresti domiciliari, al Comune, dove ieri è potuto tornare a occupare la poltrona di sindaco dopo aver chiesto il patteggiamento ai magistrati. Ma la vicenda Mose per Orsoni si è ora trasformata in un regolamento di conti con il partito che lo sostiene, il Pd, e che sta valutando di abbandonarlo e chiederne le dimissioni. Soltanto oggi si saprà se lascerà prima lui o costringerà i democratici a chiederne la testa.
Il primo cittadino ieri ha voluto convocare una conferenza stampa per spiegare la sua “totale estraneità alle accuse che mi sono state rivolte”, ha garantito di aver avuto rapporti con Giovanni Mazzacurati su “richiesta di alcuni esponenti del partito che hanno insistito prima per candidarmi e poi mi chiedevano di caldeggiare finanziamenti alla mia campagna elettorale da parte degli imprenditori”. E Mazzacurati, per trenta anni presidente del Consorzio Nuova Venezia e secondo gli inquirenti capo indiscusso della cricca serenissima, “ha sempre finanziato tutti i candidati” compresi quindi Massimo Cacciari e Paolo Costa, ex sindaci di Venezia. È Mazzacurati però a incastrare Orsoni, a dichiarare ai pm di avergli consegnato dei fondi. Ora il sindaco lo definisce “un millantatore”. E per convincere la stampa della sua tesi difensiva aggiunge: “Io chiedevo a lui i fondi su richiesta del partito ma non mi sono mai occupato di organizzare né finanziare alcuna iniziativa elettorale così come non potevo di certo sapere se quei soldi provenissero da fondi neri”.
Non ha voluto dire chi nel Pd lo ha spinto a rivolgersi a Mazzacurati, ma i nomi li ha fatti nell’interrogatorio lunedì scorso davanti ai tre pm titolari dell’inchiesta. Zoggia, Marchese eMognato. E anche i rapporti con Mazzacurati sono ricostruiti in maniera diversa. Si legge nell’interrogatorio: “Mazzacurati è venuto diverse volte a casa mia, ogni tanto mi lasciava dei carteggi e delle buste, non sempre ho aperto per vedere cosa c’era dentro”. Il pm gli chiedono se li avesse poi portati al Pd. “Può anche essere, ma non ricordo. I fatti sono avvenuti anni fa”. Aggiunge inoltre che di fronte alle insistenze pressanti dei tre esponenti del Pd aveva “delle perplessità. Ma mi dissero che era sempre avvenuto così a Venezia, che si andava a chiedere il contributo a Mazzacurati. Che era una cosa avvenuta in passato con i precedenti sindaci”.
Ancora più netto e chiaro quanto scrivono i pm nelle tre pagine di parere di revoca della misura di custodia cautelare trasmesso al giudice per le indagini preliminari. “Nella sostanza Orsoni riconduce la sua candidatura a un’iniziativa del Partito Democratico, alla ricerca di una personalità credibile e idonea ad aggregare un vasto consenso politico”, circostanza “verosimile e coerente con la logica del sistema”. Quanto alla decisione di accettare finanziamenti da Mazzacurati, proseguono i pm, Orsoni le “attribuisce a insistenze reiterate e pressanti del Partito Democratico, avanzate dai suoi responsabili politici e contabili, Zoggia, Marchese e Mognato”. I magistrati credono alla versione di Orsoni. E ieri hanno infatti accolto la richiesta di patteggiamento proponendo una durata di 9 mesi (il legale del sindaco ne ha chiesti quattro) al giudice per le indagini preliminari che ora dovrà decidere. Orsoni liquida il patteggiamento come una “goccia di sangue che dovevo pagare, poco più di un incidente”. Sconosciuto ancora l’esito dello scontro politico aperto con i democratici.
Ieri il primo cittadino ha attaccato frontalmente i vertici del Pd, locale e nazionale, e la reazione non si è fatta attendere. Roger De Menech, segretario regionale dei Dem, ha espresso chiaramente quale sia la posizione del partito: “Dobbiamo andare avanti con una posizione molto concreta e dura rispetto al malaffare e decidere per il bene di Venezia”. Ieri sera in una riunione conclusa a tarda serata è stato deciso di attendere almeno un giorno prima di prendere posizioni nette in consiglio comunale ma la linea maggiormente votata è per mandare a casa Orsoni. “Gli diamo qualche ora di tempo per riflettere e confidiamo che sia lui a fare spontaneamente il passo indietro”. Già ieri pomeriggio gli assessori avevano rimesso le deleghe nelle mani del primo cittadino e il titolare delle politiche educative, Tiziana Agostini, si è spinta a dimettersi polemicamente dall’incarico. “Per quattro anni ho lavorato al servizio della città e continuerò a farlo nella mia veste di cittadina. La politica è un servizio reso liberamente e non può subire condizionamenti di nessuna sorta”. Agostini è stata Coordinatrice regionale delle democratichedi sinistra del Veneto e componente del Consiglio nazionale dei Ds ed è uno dei fondatori del Partito Democratico.
Più chiare ancora, se possibile, il senatore Pd Francesco Russo: “Lo dico senza mezze misure, Giorgio Orsoni non può continuare a fare il sindaco di Venezia. Il Pd su questo tema deve dare un segnale chiaro, forte e inequivocabile. Ne va della nostra credibilità”. Il primo cittadino ieri ha lasciato il Comune ribadendo ai suoi più stretti collaboratori di non aver alcuna intenzione di dimettersi e che avrebbe comunque riflettuto durante la nottata. Ma forse a Roma hanno già riflettuto al posto suo.
Da Il Fatto Quotidiano del 13 giugno 2014
http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/13/mose-orsoni-chiedevo-soldi-a-mazzacurati-su-richiesta-del-pd/1025918/
«Mi venivano a dire: guarda che c’è il tuo concorrente (Renato Brunetta, ndr ) che è in vantaggio. Si dice che ha un milione di euro, quindi tu fai la figura del pezzente... E poi insistevano perché fossi io stesso a finanziare... Mi dicevano: datti da fare per far arrivare risorse adeguate perché sennò rischiamo di andar male (...) Io mi sono adattato, questo non lo nego. E ho insistito con Mazzacurati».
Avevano chiesto a lui di farsi avanti con l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova perché lo conosceva bene. Il re del Mose alla fine gli ha dato 560 mila euro. Finanziamento illecito, dice la procura. Ma Orsoni inizia il suo racconto ai magistrati precisando che «ho scoperto solo dalle carte giudiziarie che la mia campagna elettorale è stata finanziata in modi non corretti». Dice molto di più, il sindaco: «Pur ponendomi problemi di opportunità accettai che il finanziatore fosse Mazzacurati, quindi lo sollecitai (...) Le pressioni per avere soldi si sono fatte sempre più forti, quasi esclusivamente da parte di esponenti del Pd». Chi erano? chiedono i pm. Risposta: «Il segretario Mognato (Michele, all’epoca segretario provinciale, ndr ) e poi attorno c’erano un po’ tutti, in particolare Zoggia (Davide, allora presidente della Provincia, oggi deputato, ndr )» e «tanti altri minori della segreteria». Proprio a Mognato e Zoggia Orsoni ricorda di aver «espresso i miei dubbi sull’opportunità del finanziamento del Consorzio».
In un altro passaggio spiega: «In tutto questo io sono stato usato, mi pareva di essere la Madonna pellegrina...».
dal verbale interrogatorio a Giorgio Orsoni
Fonte
«Mi venivano a dire: guarda che c’è il tuo concorrente (Renato Brunetta, ndr ) che è in vantaggio. Si dice che ha un milione di euro, quindi tu fai la figura del pezzente... E poi insistevano perché fossi io stesso a finanziare... Mi dicevano: datti da fare per far arrivare risorse adeguate perché sennò rischiamo di andar male (...) Io mi sono adattato, questo non lo nego. E ho insistito con Mazzacurati».
Avevano chiesto a lui di farsi avanti con l’allora presidente del Consorzio Venezia Nuova perché lo conosceva bene. Il re del Mose alla fine gli ha dato 560 mila euro. Finanziamento illecito, dice la procura. Ma Orsoni inizia il suo racconto ai magistrati precisando che «ho scoperto solo dalle carte giudiziarie che la mia campagna elettorale è stata finanziata in modi non corretti». Dice molto di più, il sindaco: «Pur ponendomi problemi di opportunità accettai che il finanziatore fosse Mazzacurati, quindi lo sollecitai (...) Le pressioni per avere soldi si sono fatte sempre più forti, quasi esclusivamente da parte di esponenti del Pd». Chi erano? chiedono i pm. Risposta: «Il segretario Mognato (Michele, all’epoca segretario provinciale, ndr ) e poi attorno c’erano un po’ tutti, in particolare Zoggia (Davide, allora presidente della Provincia, oggi deputato, ndr )» e «tanti altri minori della segreteria». Proprio a Mognato e Zoggia Orsoni ricorda di aver «espresso i miei dubbi sull’opportunità del finanziamento del Consorzio».
In un altro passaggio spiega: «In tutto questo io sono stato usato, mi pareva di essere la Madonna pellegrina...».
dal verbale interrogatorio a Giorgio Orsoni
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