IL MONDO DEI BALOCCHI

«Il mondo dei balocchi ti seduce sui social Ma poi ti ritrovi sola»

Teresa, la studentessa vincitrice, analizza vizi e virtù del web «Per vivere davvero dobbiamo dedicarci a ciò che ci è vicino»di TERESA RIOSA

TERESA RIOSA. Cosa si può desiderare di più di un po’ di conforto? Di qualcuno disposto ad ascoltare? Quanto si assapora quel momento in cui, arrivati a casa stanchi e sconvolti dalla giornata, ci si siede davanti al monitor e si parla con Giulia, con Marco, con Francis, con Elisabeth. Ognuno chiacchiera con il suo amico che lo aspetta con ansia nella città vicina o dall’altra parte del mondo, dove sia non ha importanza, ed entrambi non attendono altro che il momento di vedere quel viso familiare, di sentire quelle parole rassicuranti che suggeriscono calore e sincerità. Suggeriscono appunto, ma chissà se lo sono effettivamente.

Avrei voglia ora di iniziare un discorso sul rapporto fra l’apparenza e la realtà, fra il pensiero e l’essere di Cartesio e su “La vida es sueno” dello spagnolo De la Barca, perché non riesco a non catapultarmi con la mente su questo aspetto della vita quando rifletto sui rapporti sul web. Chi ci garantisce infatti che ciò che ci appare certo ed evidente non sia frutto di un sogno o di un demone e non corrisponda minimamente alla realtà?

Allo stesso modo, chi mi assicura che l’amica Giulia, mai vista dal vivo, con cui chatto da ben tre anni, non sia una delinquente o che Marco, modello milanese, non sia un signore anziano e depresso? Nessuno, assolutamente nessuno potrà mai dimostrare come stanno effettivamente i fatti, poiché siamo solo l’amico, il monitor ed io. Nessun altro.

Eppure grazie al social web contattare persone e nuova gente è facile, di una semplicità quasi esagerata.

Ieri ho cercato disperatamente degli appunti su Tasso che non sono riuscita a trovare in alcun modo, ma la mia compagna di classe si è offerta di scannerizzare e inviarmi i suoi e con un clic ha risolto il mio problema. Sempre ieri, immersa com’ero nello studio domenicale, non ho dovuto attendere un giorno feriale per cercare in biblioteca la foto di un quadro di Rossetti su Pia dei Tolomei: mi è bastato aprire Google sul cellulare.

Ma è tutto così estremamente semplice, banale.

Basta accendere il computer o lo smartphone e, comodo comodo, ti siedi davanti alla scrivania e immediatamente compaiono quegli occhi tanto amati che non vedi di persona da mesi. E ti sfoghi e racconti le tue scoperte ed esponi i tuoi pensieri e le tue idee e ridi e ti annoi e fai l’amore e ti mandi baci e piangi e ti senti bene come non mai, rinato dopo una dura giornata stancante. Poi, con la stessa facilità, chiudi skype, lo schermo diventa buio e nero e resti solo, solo con te stesso, nella confusione più totale. Ti guardi attorno e ti rendi conto che la tua vera vita, ciò che possiedi veramente è lì, è quello che hai sottomano e quello che puoi toccare concretamente. Le carezze, i messaggi, i gesti complici sono quelli che nascono con chi ti è davvero vicino, che si trova ad una distanza di non più di sette chilometri in linea d’aria da te e invece tu sei là, davanti a quella scrivania bianca, a rimuginare su quel qualcuno appena visto on line, che conduce una vita completamente diversa dalla tua e magari inizi a dipendere da lui, ad aggrapparti a quell’immagine che è ormai simbolo di svago dalla solita routine, di libertà; incominci ad anteporre alle tue necessità quelle di questa persona che è però troppo distante per essere vista veramente, ma, con un computer, abbastanza vicina per essere contattata.

E poi la nostra vita si divide: da una parte quella vera, che si alimenta anche di sofferenze e di dolore; l’altra è quella virtuale, quell’allettante rifugio in cui ci rintaniamo quando ci pare che tutto proceda storto e dove è possibile trovare qualcuno disposto ad ascoltare e a tirare su il morale e ad assicurare di trovarsi nella stessa situazione. E così nascono gli amori virtuali. Amori per cui accade che vengano sacrificati matrimoni di trent’anni o storie che stanno attraversando un momento complicato. Rappresentano l’aggancio per una vita migliore, in cui ciascuno di noi spera, una vita splendida, un mondo dei balocchi, ma, come ogni progetto utopico, difficilmente realizzabile. Anche il fatto di sentirsi una volta sola al giorno, se non di meno, con lo scopo di distrarsi, di dare il meglio di sé e di provare nuove emozioni è così attraente e semplice. Ma quale è la vita vera? E l’amore non è anche imparare a sopportare il peso della quotidianità con l’altro e tollerare pure i suoi aspetti peggiori? Amare è vivere e amare, inteso anche come stringere una forte amicizia, quando avviene con uno schermo davanti, non basta. Non basta perché siamo uomini e in quanto uomini abbiamo un estremo bisogno di contatto fisico, di rapporti veri e concreti. L’immagine nel monitor è solo il ricordo di un affetto passato e ormai non più possibile o il desiderio di uno nuovo ma irrealizzabile.

Alla fine, con o senza l’aiuto del social web, rimaniamo sempre soli, terribilmente soli. Ma se vogliamo vivere davvero e godere di questa vita


che ci è concessa, concentriamoci su ciò che è concretamente vicino a noi. Risulterà più complicato, o forse solo diverso, ma nessuna video chat su Facebook potrà mai sostituire la felicità che può regalare un vero abbraccio.



* classe IV A

Liceo scientifico Oberdan

http://ilpiccolo.gelocal.it/trieste/cronaca/2015/03/20/news/il-mondo-dei-balocchi-ti-seduce-sui-social-ma-poi-ti-ritrovi-sola-1.11085955

http://altrarealta.blogspot.it/

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