sabato 20 maggio 2023

DRAPETOMANIA la malattia degli schiavi

Conoscete questa parola?
All’epoca della deportazione degli schiavi africani in America, nonostante fosse evidente che si trattava di esseri umani, di persone, gli schiavi venivano considerati merce di scambio.
Cose da mettere in vendita ad uso e consumo di personaggi facoltosi.
Le famiglie ne facevano un vanto, possedere uno o molti schiavi denotava il livello socio-economico ed era motivo di orgoglio. Inoltre, lo sfruttamento avveniva anche con finalità sessuali.
Capitava, però, che a qualche schiavo venisse lo sfizio, lo stupidissimo e incomprensibile sfizio di scappare.
Gli schiavi provenivano da contesti che potremmo definire oasi naturali straordinarie e venivano costretti in condizioni lavorative e ambientali disumane; costretti anche a soddisfare le voglie di qualche anziana signora o di qualche vecchio bavoso…
Nella quasi totalità dei casi i fuggitivi venivano ritrovati e veniva loro diagnosticata una malattia psichiatrica. L’eventualità che uno schiavo potesse realmente desiderare la libertà non era, infatti, minimamente considerata e risultava, quindi, impossibile negare il fatto che fosse realmente affetto da quel tipo di malattia. La patologia in questione si chiama “drapetomania”.
Personalmente, se mi fosse stata diagnosticata ne andrei fiero.
Chi, come me, non indossa la mascherina è definito asociale mentre, per me, rappresenta un vanto. La persona superficiale non è in grado di stabilire un elemento chiaro e nitido in merito alla realtà, all’equilibrio delle cose.
Tra qualche decennio verranno messe in evidenza tutte le bizzarrie del momento, ma per ora ne siamo ancora coinvolti…
Stanno distruggendo l’economia mentre attività illegali come lo spaccio e la prostituzione fioriscono. Qual è il paradosso? Spacciatori e prostitute per le strade, bar e ristoranti obbligatoriamente chiusi per “ragioni cautelari” nella fascia oraria che permette loro i maggiori incassi.
C’è stata una manifestazione a Milano, imprenditori che provenivano anche da altre zone della Lombardia hanno cercato di dirigersi verso il Palazzo della Regione, ma sono stati bloccati.
Un poliziotto, che incarnava per struttura fisica e psicologica “il perfetto bullo di periferia”, ha eseguito macchinalmente quanto gli era stato ordinato: “Devi fermarli”.
Il dialogo imbarazzante tra un imprenditore (non un complottista, un terrapiattista o un anarchico) e chi decide le sue sorti: un individuo brutale, ottuso, stupido e goffo.
Chissà con quale orgoglio avrà, in seguito, raccontato la sua “impresa”; lui, un poliziotto che impedisce l’accesso a una schiera di imprenditori…
Non si tratta nemmeno più di “faccio il mio dovere, il mio lavoro” perché se la tua attività consiste nell’impedire all’altro di fare la propria i conti non tornano, né possono tornare.
Il primo step di schiavizzazione degli italiani risale all’epoca Bersani quando venne fatta una grossa campagna, a beneficio di tutti i cittadini, in merito alla possibilità di acquistare una casa a tassi quasi irrisori. Opportunità che spinse una grossa percentuale di italiani all’acquisto.
A partire da quel momento, però, iniziarono le prime vere restrizioni economiche in termini di prelievi fiscali e gli italiani che avevano aderito alla “campagna acquisti”, pena il rischio di mettere a repentaglio la propria casa, non erano più in grado di sottrarsi.
Già in precedenza era stato attuato un altro processo di schiavizzazione, un condizionamento dell’individuo che lo rendeva quanto più possibile ossessionato dai beni materiali. Dal denaro.
Una corsa sfrenata all’accumulo di denaro, sia per i ricchi che per i poveri, con i valori che perdevano sempre più significato.
Tutti fanno cose per denaro; anche noi probabilmente non faremmo il 90% di quanto facciamo se non pensassimo di ottenere, in cambio, denaro.
Temere il microchip è del tutto (o quasi) inutile; abbiamo già un microchip ed è il denaro.
L’altro condizionamento è la sessualità e non intendo l’istinto alla riproduzione che è sacrosanto.
Oggigiorno è diventata un ossessione ed è ovunque: nei cartoni animati, film, pubblicità.
È in ogni dove.
Forse non sapete che, pur trovandomi a scherzare spesso sull’orientamento sessuale della “presidenta che sconsiglio” (e sulle “bambine di Conte” ignare della vera natura del loro idolo, povere anime…), la maggior parte dei miei amici è omosessuale.
Se mai ci fosse la necessità di una conferma in merito alla totale assenza, da parte mia, di pregiudizi nei loro confronti.
L’omosessualità è stata particolarmente indotta; sempre più film, serie TV hanno al loro interno personaggi omosessuali. C’è stato, ed è ancora in atto, una processo di normalizzazione.
Cosa accade quando l’omosessuale, così come accade per l’etero, è compulsivo?
Diviene maggiormente sollecitato ad avere paura, a sottomettersi, a fare cose determinate dall’ossessiva attenzione verso tutto ciò che è materiale.
Dobbiamo cercare di distaccarci il più possibile, essere il meno materiale possibile che non significa dilapidare i propri beni né, tanto meno, tagliare le relazioni sentimentali.
A questo proposito, e in merito all’attività sessuale in epoca Covid, riassumo i consigli divulgati nell’ultimo periodo:
– prediligere il “fai da te” (come se non fosse in auge da tempo immemore);
– NO ai baci;
– indossare la mascherina;
– mettere, preferibilmente, una protezione tra i corpi (in pornografia, viene chiamato “gloryhole”);
– evitare completamente la posizione “del missionario” e, semmai, orientarsi verso la posizione in cui il/la partner è a 4 zampe (“pecorina”).
Quando qualcuno ha chiesto come avrebbero verificato la corretta e regolare applicazione di queste “perle di saggezza” gli è stato risposto che sarebbero stati i vicini a verificarlo.
Vi rendete conto? I vicini.
Ne possiamo ridere a crepapelle, l’unica reazione sana che meritano, ma il vero dramma è che è tutto vero. L’hanno detto veramente e, magari, qualcuno (probabilmente, più d’uno) ci ha anche creduto.

Il primo mezzo di controllo si chiama Internet: Internet delle cose.
Internet è un ossimoro, internet il virtuale che si aggancia e si sposa e che è un estensione del materiale.
Dobbiamo cercare di stare il meno possibile attaccati al materiale, possedere cose ma non esserne posseduti.
Avere relazioni sentimentali, ma non esserne posseduti.
Possedere l’amore per la vita, ma non esserne posseduti e non sentirsi disperati all’idea della morte.
Eppure ne siamo tutti preoccupati, vogliamo rimanere ancorati alla vita il più a lungo possibile, ma la vita è parte di un processo dinamico. Esistiamo grazie al fatto che esiste la morte ed è ora di far pace con questa verità. Non è un invito al suicido, ma al non avere paura della morte.
Tutto quanto sta accadendo è determinato dalla paura della morte, dal fatto che un giorno potremo morire.
Quando mi sento sollecitato e voglio ritrovare il mio equilibrio, (come in questo momento dove, anche se in misura minore, è inevitabile non sentirsi sollecitati) rivedo film come “Nosso lar” (grandissimo film tratto da uno scritto di Chico Xavier, medium brasiliano), rivedo o leggo di esperienze di premorte, ritrovo opere come “Il bardo buddista” o “Il libro tibetano dei morti” che ho già letto innumerevoli volte.
Perché, come dicono alcune scritture vediche: “Non esiste la vita senza la morte e non esiste la morte senza la vita”.
L’islam è una grandissima religione e la corrente Sufi, da dove nascono le danze sacre di Gurdjeff, è ricca di principi straordinari. Così come accade per altre religioni, però, l’aspetto preoccupante è rappresentato dagli adepti, dai seguaci.
Poniamo il caso che Maometto, all’interno di una metafora o parabola, abbia detto “eliminate il problema” qualcuno potrebbe darne una lettura superficiale e compulsiva arrivando ad eliminare fisicamente l’altro nel momento in cui, per lui, rappresenta un problema.
C’è stato un attentato in Francia, a Nizza, che ha causato la morte di tre persone; nonostante non ci sia ancora la matematica certezza in merito ai responsabili, nuove norme di sicurezza sono state varate (oltre a quelle in essere per il Covid) a tutela delle persone.
A questo punto, potrebbe nascere una rivalsa da parte di un gruppo islamico (sollecitato anche dalle vignette riportate sulla rivista Charlie Hedbo che, del tutto gratuitamente, continua a gettare “benzina sul fuoco”) risentito per la frettolosa attribuzione e, per quanto concerne il loro processo di valutazione e riflessione, sarebbe assolutamente in linea.
E con contro chi, secondo voi, reagiranno questi gruppi? Chi saranno i loro nemici?
I “bianchi europei” (“gli infedeli”) i quali, sentendosi accusati ingiustamente, si difenderanno; ne nascerà un “conflitto tra poveri” perché saranno le persone meno abbienti quelli che finiranno con l’esserne coinvolti.
L’autorità, in quel caso, scenderà in campo nelle vesti di paciere e metterà in atto ulteriori norme “a salvaguardia della popolazione”.
Ci considerano stupidi e la realtà nella quale tendono a farci stare è determinata da gap, elementi di paura che loro stessi hanno fissato.
Anche in merito al tanto temuto nuovo lockdown, ci si chiede se ci sarà o se riusciremo ad evitarlo. Vi confermo che ci sarà; verrà definito con un termine diverso, ma ci sarà. Si comincia con il Piemonte per passare, poi, ad altre regioni.
Se sono suscettibile a questi elementi ne sarò coinvolto, se ne resto distaccato sarò altrove.
Allora, guardiamo alle notizie del mondo come monito, attendiamo quanto a breve accadrà negli States ponendo l’attenzione senza farci condizionare. Evitiamo di essere compulsivi, con nervi saldi guardiamo alle cose come un teatrino.
Manteniamo una condizione di dipendenza da quanto possediamo senza mai esserne posseduti.
È questa la storia della mia vita.
Luca Nali

 

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