Commissione Europea e OMS hanno firmato l’accordo per il “Green pass globale”
Il passaporto sanitario mondiale non è più una previsione da “complottisti”, ma realtà: ciò che era emergenziale – e che sarebbe quindi dovuto rimanere limitato al periodo pandemico – è diventato effettivamente ordinario, confermando il ruolo delle emergenze nell’accelerare la costruzione di nuovi assetti sociopolitici, sanitari e di sicurezza. Lo conferma il nuovo accordo firmato ieri tra l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e la Commissione europea che prevede l’adozione del sistema di certificazione digitale Covid19 dell’Ue – il cosiddetto Green Pass – per costituire un sistema di controllo uniforme tra gli Stati membri dell’agenzia che dovrebbe contribuire a facilitare la mobilità globale e a proteggere i cittadini di tutto il mondo dalle minacce sanitarie attuali e future, comprese le pandemie. È noto, infatti, che da tempo le cassandre del potere internazionale avvisano il mondo di prepararsi a future – e forse più letali – pandemie, lanciandosi in previsioni che suscitano più di qualche interrogativo. Si tratta, in ogni caso, solo del primo elemento di quella che costituirà una rete globale di certificazione della salute digitale dell’OMS che è perfettamente in linea con i progetti di digitalizzazione totale della vita promossi dalla Commissione europea e dal World Economic Forum (WEF) di Davos. Del resto, L’Indipendente non aveva mancato di anticipare questo progetto già più di un anno fa, quando l’OMS stava già lavorando in questa direzione. Ora, dunque, si sta semplicemente assistendo alla concretizzazione di quell’iniziativa in tempi piuttosto rapidi.
«La partnership è un passo importante per il piano d’azione digitale della strategia sanitaria globale dell’Ue. Utilizzando le migliori pratiche europee, contribuiamo agli standard sanitari digitali e all’interoperabilità a livello globale […]», ha affermato Stella Kyriakides, commissaria Ue per la Salute e la Sicurezza alimentare. Dunque, le certificazioni vaccinali non verranno meno con la fine della pandemia, ma continueranno a funzionare in modo efficace, creando le condizioni per monitorare capillarmente lo stato vaccinale dei cittadini, impedendo eventualmente a chi non fosse in regola con le inoculazioni ogni spostamento e qualunque altro diritto garantito dalla Costituzione. L’iniziativa si integra con il progetto europeo del portafoglio di identità digitale, pensato proprio in vista della digitalizzazione di tutti i dati, compresi quelli sanitari relativi alle vaccinazioni. Ne consegue un contesto di totale digitalizzazione della vita e della realtà a cui nessuno potrà sfuggire senza rimanere escluso dall’accesso ai principali servizi e dalla possibilità di viaggiare liberamente. Si tratta di un progetto che non nasce oggi, ma che i filantropi internazionali, la Commissione europea e il WEF portano avanti da diverso tempo: basti pensare che già nel 2020 Bill Gates aveva lanciato l’ID2020.
Oggi, i progetti di Bill Gates e del WEF stanno per essere realizzati ad opera dell’OMS e della Commissione europea: l’iniziativa attuale fa seguito all’accordo del 30 novembre 2022 tra il commissario Kyriakides e il dottor Ghebreyesus per rafforzare la cooperazione strategica sulle questioni sanitarie globali. L’OMS adotterà a livello globale i certificati Covid 19 interoperabili – denominati «certificato digitale Ue Covid-19» o «Eu Dcc» – come primo passo verso la costruzione di una rete globale di certificazione sanitaria digitale. Questa iniziativa sarà già operativa a partire dal mese corrente – giugno 2023 – e mira ad essere sviluppata progressivamente nei prossimi mesi. «Basandosi sulla rete di certificazione digitale di grande successo dell’Ue, l’Oms mira a offrire a tutti gli Stati membri dell’Organizzazione sanitaria mondiale l’accesso a uno strumento sanitario digitale open-source, che si basa sui principi di equità, innovazione, trasparenza, protezione dei dati e privacy», ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms.
Si tratta di un passo importante verso quella transizione digitale propugnata con forza dalla finanza mondiale, dai fautori del fanatismo ipertecnologico, dai cosiddetti filantropi e dal WEF e che costituisce una svolta determinante su un duplice piano, antropologico e sociopolitico: sul primo, infatti, contribuisce alla costruzione dell’“uomo nuovo digitale”, schiavo della tecnologia e della sua presunta “comodità”; sul secondo, la democrazia cede il passo alla tecnocrazia, in cui sarà la tecnica a dominare l’uomo e la realtà, riducendo al minimo la facoltà di libera scelta dei cittadini i cui dati e i cui movimenti saranno tracciabili e monitorabili in ogni momento. Il prossimo passo in questa direzione di cui ancora si parla poco potrebbe essere l’adozione di chip sottocutanei attraverso cui, grazie al 5G e all’Internet of Things (IoT), si prospetta la possibilità di fare digitalmente qualunque cosa, dagli acquisti all’aprire lo sportello della macchina e la porta di casa da remoto. Al momento, ciò che è certo è che la tecnologia adottata dall’Ue durante l’emergenza ha permesso l’instaurazione di un sistema sanitario globale che consiste in un certificato internazionale digitale di vaccinazione o profilassi senza il quale sarà difficile spostarsi. Allo stesso tempo, si assiste anche a una delle prime iniziative politiche globali, legittimate dalla “crisi sanitaria” e dal rischio di ulteriori pandemie, che convergono verso il progetto di governance globale promossa dal WEF e guidata dagli enti sovranazionali e dalle forze finanziarie globali.
[di Giorgia Audiello]
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