Sono tornati i maxi vitalizi per gli ex senatori
Il Senato ripristina i benefici: tornano gli assegni maggiorati per 851 ex senatori e 444 familiari di senatori deceduti. E l'importo si aggancia di nuovo allo stipendio anziché ai contributi versati
come per magia, al Senato tornano le maxi pensioni parlamentari, quelle che più spesso vengono chiamate "vitalizio". Il taglio imposto 5 anni fa sulla spinta del Movimento 5 stelle non esiste più. Al Senato è stato di fatto cancellato. Con una sorta di blitz, mercoledì 5 luglio, durante l'ultima riunione utile prima dell'insediamento dei nuovi componenti eletti in questa legislatura, il Consiglio di garanzia di Palazzo Madama ha infatti deciso di ripristinare l'assegno vitalizio "vecchio stampo", e più generoso, per gli ex senatori. Quasi di soppiatto. Si tratta dei vitalizi relativi a prima del 2012, quando, adeguandosi alla riforma pensionistica, è stato deciso che venisse applicato anche ai parlamentari il sistema contributivo e non più quello retributivo.
Cosa è successo con i vitalizi agli ex senatori
Il Consiglio che ha preso questa decisione, un organo d'appello della giustizia interna a Palazzo Madama, è inappellabile per quanto riguarda le decisioni riguardanti i membri del Senato, ed è presieduto dall'ex senatore Luigi Vitali (Forza Italia). E ha stabilito "la cessazione degli effetti della delibera 6 del 2018 a far data dal 13 ottobre 2022", quella che ha permesso di risparmiare circa 40 milioni di euro all'anno perché ha ricalcolato e tagliato gli assegni per gli ex parlamentari. Nello specifico, la misura prevedeva che l'assegno fosse calcolato con il metodo contributivo - cioè quanto effettivamente versato - e non più retributivo (ossia lo stipendio da parlamentare). Adesso, invece, tornano i maxi assegni per 851 ex senatori e 444 familiari di senatori deceduti, perché l'importo torna ad agganciarsi allo stipendio percepito per gli anni di servizio a Palazzo Madama, anziché ai contributi versati. Tradotto: più soldi.
"Abbiamo rimesso le cose in regola", ha detto Vitali a la Repubblica. "La delibera del 2018 era strampalata e lo dicono sia il presidente dell'Inps che un parere del Consiglio di Stato. Il presidente dell'Inps dice che c'è spesa storica pesante, ma anche che la Camera non ha dato elementi oggettivi per dire che i tagli sono corretti, con l'effetto di colpire alla cieca con riduzioni anche del 60 o 70%", ha argomentato il presidente uscente del Consiglio di garanzia ed ex senatore di Forza Italia, parlando col Messaggero.
In sostanza, secondo Luigi Vitali, "l'età da prendere in considerazione non può essere quella in cui il parlamentare prende il vitalizio, ma quella successiva alla sentenza del 13 ottobre 2022. Quello che abbiamo detto è che poi se c'è voglia di fare una caccia alle streghe si faccia una legge giusta, togliendo la competenza dell'autodichia (l'autonomia decisionale interna su queste materie, ndr), per cui i parlamentari rispondono alle direttive di partito e non alla propria coscienza. Invece così chi si sente leso si potrà rivolgere a un giudice ordinario".
Ora, dunque, si torna indietro. E proprio l'ultima occasione è stata quella buona per eliminare del tutto il taglio dei vitalizi, tornando agli assegni tradizionali, di cui usufruiranno 851 ex senatori e, per il principio di reversibilità, 444 familiari di senatori scomparsi. Il 5 luglio, infatti, era l'ultima data utile per il Consiglio di garanzia del Senato per prendere questa decisione, prima dell'insediamento dei nuovi componenti eletti in questa legislatura. "Se questo Parlamento vuole tagliare i vitalizi occorre fare una legge, non una semplice delibera del Consiglio di presidenza del Senato o della Camera", ha detto ancora Vitali, sostenendo che anche la Camera presto potrebbe seguire l'esempio del Senato.
I vitalizi e la delibera del 2018
I vitalizi, cioè assegni che valgono per tutta la vita, sono spesso indicati come un privilegio dei parlamentari. Fino a diversi anni fa bastava aver fatto anche un solo giorno di legislatura per averne diritto, peraltro secondo calcoli che garantivano una somma molto superiore ai contributi versati dai parlamentari. All'inizio del 2012 però sono stati sostituiti dalle pensioni parlamentari - motivo per cui anche l'uso del termine vitalizio è formalmente scorretto -, calcolate secondo metodi contributivi in maniera non diversa da quella degli altri dipendenti pubblici.
Poi è arrivata la delibera del 16 ottobre 2018, voluta dai 5 stelle durante il governo Conte I, che prevedeva il ricalcolo dei vitalizi con l'applicazione del regime contributivo anche ai trattamenti maturati prima del 2012 e già in godimento. Una mossa che ha permesso di risparmiare fior di milioni all'anno, rideterminando e tagliando i maxi assegni percepiti anche da chi aveva svolto un mandato in Parlamento prima del 2012. E che negli ultimi anni ha attirato una serie di attacchi e ricorsi degli ex parlamentari, fino alla "svolta" delle scorse ore. Cinque anni fa gli assegni erano stati ridotti anche del 50% con il nuovo calcolo contributivo, generando un risparmio da circa 60 milioni di euro per il bilancio di Palazzo Madama. Il taglio era stato poi ridimensionato nel 2020, con il ricalcolo valido solo a partire dal 2018 (e non per gli assegni precedenti), con un risparmio da 40 milioni di euro.
Fino ad oggi, per avere diritto alla pensione parlamentare bisogna aver fatto un mandato di almeno 5 anni (che scattano formalmente il giorno successivo ai 4 anni e 6 mesi). Deputati e senatori cominciano poi a riceverla al compimento dei 65 anni di età, che possono diminuire fino a 60 anni per ogni anno di legislatura oltre al quinto. In pratica, un parlamentare che ha svolto 6 anni di mandato comincia a riceverla a 64 anni, a 63 se ne ha svolti 7, a 62 se ne ha svolti 8, e così via.
V. Gorrosi
https://www.today.it/politica/vitalizi-senatori-cosa-e-successo.html
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