DOVE SONO QUANDO IO NON SONO?
Questa è una delle domande più importanti che possiamo porci. Non è una domanda filosofica astratta, ma una chiave di vita concreta. Quando io non sono, dove sono?
Sono nelle mani degli altri. Sono nelle mani delle loro opinioni, dei loro giudizi, dei loro umori. Sono come una foglia al vento che cambia direzione secondo la corrente esterna. Gli altri, in quel momento, hanno potere su di me: il potere di farmi sentire sbagliato, di farmi sentire colpevole, di farmi dubitare di me stesso. Hanno potere di condizionarmi, perché io non ho potere su di me.
Quando non sono presente a me stesso, manca in me un centro. Non ho un punto interiore stabile da cui osservare e decidere. Non ho un centro di gravità permanente, un nucleo cosciente che mi permetta di distinguere il vero dal falso, l’essenziale dal superfluo, ciò che viene da me da ciò che viene dall’esterno. E allora reagisco: mi adeguo, mi piego, mi difendo, combatto, ma sempre in funzione di ciò che gli altri fanno o dicono.
È questa la condizione dell’uomo inconsapevole: vivere per reazione. E in questa condizione, non importa quanto tu cerchi di cambiare il mondo intorno a te, non troverai mai pace. La vera domanda non è: Come posso gestire gli altri? La vera domanda è: Perché non sono padrone di me stesso?
Finché la questione rimane capovolta, cercherai di esercitare controllo sulle persone, sulle situazioni, sul mondo. Ma non avrai mai abbastanza potere da piegare tutto ciò che ti circonda. E anche se ci riuscissi per un momento, basterebbe un piccolo cambiamento esterno per destabilizzarti di nuovo.
La libertà non nasce dal controllo dell’esterno, ma dalla padronanza di sé. Non significa diventare insensibili o indifferenti, ma acquisire la capacità di restare presenti e centrati anche in mezzo alle tempeste. Quando sei presente, gli altri non hanno più potere su di te. Possono parlare, giudicare, criticare, ma tu resti radicato. Non perché li sfidi, ma perché non sei più nelle loro mani: sei nelle tue.
Dove sono quando io non sono? Sono disperso, frammentato, nelle opinioni degli altri, nelle aspettative sociali, nei copioni della mia mente. Sono altrove, mai qui.
Dove sono quando io sono? Sono nel mio centro, nella mia presenza, nella mia libertà.
Ed è soltanto lì che comincia la vera vita.
COSA ACCADE QUANDO NON SONO?
Quando non viviamo in stato di presenza, quando siamo assenti da noi stessi, accade qualcosa di molto sottile ma decisivo: manca in noi un nucleo cosciente, un centro integrato dal quale poter agire per il meglio. È come se mancasse il timoniere che guida la barca: le onde e i venti ci trascinano ovunque, senza direzione.
In questa condizione, non siamo realmente padroni delle nostre azioni. Non agiamo, reagiamo. Ogni volta a partire da qualcosa di diverso, spesso incoerente, che ci spinge in direzioni opposte. Una volta reagiamo dalla ferita, ripetendo schemi antichi che ci tengono prigionieri del passato. Un’altra volta dalla rabbia e dal risentimento, lasciando che il veleno delle emozioni non elaborate condizioni le nostre scelte.
Ci muoviamo anche dal bisogno infantile di essere visti, approvati, accettati, come se la nostra dignità dipendesse dallo sguardo degli altri. Oppure dal timore della solitudine, dalla paura del rifiuto, dal desiderio di possesso. In altre situazioni, la bramosia e l’avidità ci spingono ad agire, facendoci credere che accumulare, avere, ottenere sia la via per colmare un vuoto interiore.
E quando non è né rabbia, né bisogno, né paura, può essere la confusione stessa a guidarci. Ci conformiamo agli altri, ci adattiamo al gruppo, ci pieghiamo alle aspettative sociali senza chiederci cosa vogliamo davvero, cosa sentiamo autentico per noi.
Così ci ritroviamo divisi, frammentati, dominati da forze contrastanti. Non c’è unità, non c’è direzione, non c’è centro. In termini della Quarta Via, questo significa vivere nella falsa personalità: un mosaico di parti, maschere, emozioni reattive che si alternano senza ordine. È per questo che un giorno diciamo una cosa, il giorno dopo il contrario; che ci contraddiciamo, che ci sentiamo dispersi, che non riusciamo a fidarci di noi stessi.
Senza presenza, senza un “Io sono” stabile, non esiste un centro di gravità permanente. La vita diventa una continua altalena, in cui ora domina la paura, ora il risentimento, ora la ferita, ora il bisogno di approvazione. In questa condizione, non viviamo davvero: siamo vissuti.
La presenza è l’unico stato che permette di integrare, di unificare. Quando sono presente, riconosco le mie ferite senza lasciarmi dominare da esse; vedo la rabbia senza farmi trascinare; ascolto i miei bisogni senza farmene schiavo. La presenza non elimina automaticamente le spinte interiori, ma le illumina, le ordina, le riconduce a un centro cosciente.
Per questo, la differenza tra essere e non essere è la differenza tra vivere e sopravvivere. Senza presenza siamo frammentati, in balia delle circostanze; con la presenza diventiamo capaci di scegliere, di orientare, di trasformare. È qui che nasce la vera libertà interiore: non dall’eliminare le forze reattive, ma dal costruire un centro stabile che non si lascia trascinare da esse.
Roberto Potocniak - Eleonora Benzi
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