L'ILLUSIONE DELL'APPARIRE
Viviamo in un mondo dove l’apparire ha preso il posto dell’essere. Dove i simboli, i loghi, le etichette, sono diventati più importanti delle persone. È quasi paradossale: più la società evolve, più si arricchisce di strumenti, di tecnologie, di possibilità… più rischia di svuotare l’individuo, di ridurlo a un “manichino” che deve indossare la giusta maschera per essere accettato.
Pensaci un attimo, quante volte ci capita di associare il valore di una persona a quello che indossa, al cellulare che usa, alla macchina che guida? Non guardiamo più l’essere umano, ma il pacchetto con cui si presenta. È come se l’involucro fosse diventato più importante del contenuto.
E il dramma è che questa illusione l’abbiamo accettata noi stessi. La società, con un lavoro lento e costante, ci ha convinti che senza certi prodotti siamo “meno”.
Le pubblicità non vendono mai un oggetto. Vendono uno stato d’animo, un’emozione, un sogno.
Non ti propongono una semplice borsa, ti propongono la promessa di sentirti speciale. Non ti vendono un paio di scarpe, ti vendono l’illusione che con quelle scarpe sarai visto, riconosciuto, invidiato.
Ogni prodotto diventa un simbolo, chi lo possiede, secondo la narrazione del mercato, “vale di più”. Non conta se dietro quell’oggetto c’è sacrificio, debiti, o frustrazione: l’importante è che lo mostri.
Il marketing gioca proprio su questa nostra vulnerabilità, il desiderio umano di sentirsi accettati, amati, considerati. Ma invece di invitarci a coltivare queste qualità dentro di noi, ci spinge a cercarle fuori, negli oggetti.
Così, lentamente, abbiamo imparato a identificarci non con ciò che siamo, ma con ciò che possediamo.
Ecco il nodo, ci sentiamo di valore non per ciò che siamo, ma per ciò che mostriamo.
Una persona vestita di brand costosi viene guardata diversamente da chi indossa abiti semplici, anche se magari quest’ultimo ha un cuore immenso, una saggezza profonda, una storia di coraggio da raccontare.
Abbiamo delegato la percezione di noi stessi agli occhi degli altri. Se ci approvano, ci sentiamo forti. Se non ci vedono, cadiamo nel vuoto.
È come vivere sempre sotto esame, sempre in vetrina. Ed è logorante, perché diventi schiavo di un’immagine che non ti appartiene davvero.
Quando ti identifichi con un oggetto, con un marchio, con un’immagine, rischi di perderti. Perché nel momento stesso in cui quella cosa non c’è più, crolla anche la tua sicurezza.
Se la tua autostima dipende da una macchina, che succede se la vendi o non puoi più permettertela? Se il tuo senso di valore dipende dal corpo perfetto, che succede quando il tempo inizia a modificarlo? Se la tua identità si costruisce su ciò che mostri, cosa resta quando sei da solo davanti allo specchio?
Ecco la verità scomoda... l’apparire non regge. Non dura.
È un castello di carte che prima o poi crolla, lasciandoti nudo di fronte a te stesso.
Sai qual è la vera rivoluzione? Essere se stessi. In un mondo che ti spinge a essere altro, a camuffarti, a mostrarti per piacere, la vera ribellione è mostrarti per ciò che sei.
Essere se stessi è un lusso che nessun denaro può comprare. Perché richiede coraggio. Coraggio di non piacere a tutti, coraggio di accettare i propri difetti, le proprie vulnerabilità, coraggio di dire “io valgo, anche senza etichette addosso”.
Ed è un lusso che libera... perché quando smetti di rincorrere l’approvazione esterna, inizi finalmente a respirare.
Guardati intorno, i sociaI sono il palcoscenico perfetto di questo teatro. Tutti cercano di apparire più felici, più belli, più vincenti.
Foto ritoccate, pose studiate, sorrisi forzati.
Il paradosso è che ci confrontiamo con immagini che non esistono. E più ci confrontiamo, più ci sentiamo inadeguati. Così, per compensare, compriamo ancora. Mostriamo ancora.... un circolo vizioso senza fine.
Ma l’essere umano non è nato per vivere in una vetrina. È nato per vivere in relazione, per sentirsi parte di qualcosa di vero.
Puoi avere il guardaroba pieno di vestiti firmati, la casa arredata come una rivista, il cellulare di ultima generazione… ma se non sei in pace con te stesso, se non ti senti autentico, quel vuoto non si colmerà mai.
Perché il valore non viene mai da fuori. Viene solo da dentro e fino a che non lo capiamo, continueremo a rincorrere miraggi.
La domanda è: come si fa a uscire da questo meccanismo?
1. Smettere di confrontarsi.
Ognuno ha la sua storia, la sua strada. Guardare sempre cosa fanno gli altri è il modo migliore per perdere il proprio cammino.
2. Coltivare l’essere, non l’avere.
Investire tempo in ciò che ci rende vivi...relazioni sincere, passioni vere, crescita personale, spiritualità.
3. Accettare la propria imperfezione. La vera bellezza è nell’autenticità. L’imperfezione ci rende umani, unici, veri.
4. Riconoscere il condizionamento. Diventare consapevoli che la società ci bombarda di messaggi per tenerci insicuri e consumatori. Vederlo è già un passo di liberazione.
Immagina un mondo dove le persone smettono di correre dietro all’apparire e iniziano a valorizzare l’essere. Un mondo dove non importa che macchina hai, ma che cuore porti. Dove non conta il marchio che indossi, ma il rispetto che doni. Dove l’unico status symbol è l’autenticità.
Non è un’utopia: è una scelta.
E più persone scelgono questa strada, più la società cambia. Perché alla fine il mercato esiste solo se noi compriamo. E se smettiamo di comprare identità, torniamo a vivere la nostra.
La verità è che non siamo mai stati ciò che possediamo. Non siamo la borsa che portiamo, né il cellulare che usiamo, né l’immagine che mostriamo. Né la macchina che guidiamo. Siamo molto di più.
Siamo storie, emozioni, cicatrici, sogni, lotte. Siamo esseri unici, irripetibili, con un valore che nessun mercato può misurare.
Ed è per questo che essere se stessi non potrà mai essere sostituito da nulla. Non c’è prodotto, non c’è marchio, non c’è status che possa competere con la libertà di mostrarsi autentici.
Il mondo ti insegna ad apparire.
Tu scegli di essere fregandotene del giudizio altrui. Lasciandoli imprigionati nella l'ora gabbia dorata.
XO - Patrizia Coffaro
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