JESUS IN TURIN
A Torino è già famoso, anche se di lui si sa poco. Quel che è certo è che gira per la città, vestito con un saio, i lviso scoperto ma la testa fasciata da un copricapo che ricorda tanto Gesù. E ha anche la barba che normalmente viene attribuita proprio a lui. Dispensa abbracci, sorrisi e concede foto ai passanti incuriositi. L'uomo, di età apparentemente giovane, sulle trentina, assomiglia parecchio alla versione cinematografica di Gesù di Nazareth e nelle strade del capoluogo piemontese è diventato in pochi giorni una celebrità. Le sue gesta sono documentate sulla sua pagina Facebook, che raccoglie scatti e pensieri già graditi a oltre settemila "discepoli".
Ma su di lui si è anche concentrata l'attenzione della polizia che sembra nutrire sospetti e lo ha già fermato cinque volte. Su Facebook il diretto interessato racconta il terzo controllo al quale è stato sottoposto, con tanto di ricostruzione del dialogo tra lui e gli agenti. "Alcuni fedeli si sono lamentati" dicono "Noi dobbiamo intervenire capisci? Fai il bravo e stai lontano da questa zona... Eri già stato avvertito". "Ma quale legge sto violando?". "Quella del buon senso". "Ma non c'è buon senso in tutto ciò. Se vuoi posso abbracciarti". "Se vuoi ti porto in questura". "Va bene"
"Un uomo mi chiede di chiacchierare. Si dice entusiasta di intervistarmi. Parliamo.
Gli racconto le battute scherzose degli agenti in questura e la bellezza delle reazioni delle persone in strada. Il giorno dopo sui giornali parlano di me. Le battute della polizia sono descritte come minacce, il mio camminare diventa il gesto estremo di un disoccupato che ha perso il lavoro per la crisi.
Io invece dico: guardiamoci negli occhi, per strada, camminando,incontriamoci e lasciamo affiorare le nostre verità."
Dal settimo giorno.
"Ero seduto per terra nel centro di Piazza Castello, di fronte a me un gruppo che suona e un ragazzo africano con una voce divina. Alcuni si siedono ad ascoltare con noi. Di fianco a me, con i fari puntati e il motore acceso, una macchina della polizia e tre agenti fuori a parlare. Mi alzo e vado da loro, chiedendo pacificamente qual'è il motivo per cui lasciano il motore acceso a pochi metri dal concerto che volevamo ascoltare. "Questa domanda non sta né in cielo ne in terra!" Dice uno dei tre, arrabbiandosi per l'affronto. "Documenti."mi chiede. Nel frattempo parlo agli altri due agenti dicendogli che gli sto solo chiedendo una cosa, come si fa con le persone e che molta gente non le vede come persone con la divisa indossata. I due, pacificati, mi rispondono: "È per motivi di sicurezza. Questo è un punto a rischio terrorismo e l'auto deve rimanere accesa pronta ad intervenire." Li ringrazio e finito il controllo torno a sedermi. Loro salgono in macchina e vanno via."
Dal sesto giorno
Mi trovo vicino al Duomo, abbraccio persone gratis.
La polizia mi controlla per la terza volta.
"Alcuni fedeli si sono lamentati" dicono "Noi dobbiamo intervenire capisci? Fai il bravo e stai lontano da questa zona... Eri già stato avvertito."
"Ma quale legge sto violando?
"Quella del buon senso."
"Ma non c'è buon senso in tutto ciò. Se vuoi posso abbracciarti"
"Se vuoi ti porto in questura."
"Va bene.
Dal quarto giorno.
"... In un attimo mi ritrovo nel centro del mercato di Porta Palazzo, all'ora di punta, circondato da senegalesi che cantano e suonano i bonghi in corteo per ciò che scoprirò essere un rito di Purificazione. "Sei uno di noi, vai davanti!" Mi dice un ragazzo sorridendo." Si definiscono "muslims", mussulmani. Li ho trovati molto accoglienti e pieni di energia vitale
Ma su di lui si è anche concentrata l'attenzione della polizia che sembra nutrire sospetti e lo ha già fermato cinque volte. Su Facebook il diretto interessato racconta il terzo controllo al quale è stato sottoposto, con tanto di ricostruzione del dialogo tra lui e gli agenti. "Alcuni fedeli si sono lamentati" dicono "Noi dobbiamo intervenire capisci? Fai il bravo e stai lontano da questa zona... Eri già stato avvertito". "Ma quale legge sto violando?". "Quella del buon senso". "Ma non c'è buon senso in tutto ciò. Se vuoi posso abbracciarti". "Se vuoi ti porto in questura". "Va bene"
Dal dodicesimo giorno.
"Un uomo mi chiede di chiacchierare. Si dice entusiasta di intervistarmi. Parliamo.
Gli racconto le battute scherzose degli agenti in questura e la bellezza delle reazioni delle persone in strada. Il giorno dopo sui giornali parlano di me. Le battute della polizia sono descritte come minacce, il mio camminare diventa il gesto estremo di un disoccupato che ha perso il lavoro per la crisi.
Io invece dico: guardiamoci negli occhi, per strada, camminando,incontriamoci e lasciamo affiorare le nostre verità."
Dal settimo giorno.
"Ero seduto per terra nel centro di Piazza Castello, di fronte a me un gruppo che suona e un ragazzo africano con una voce divina. Alcuni si siedono ad ascoltare con noi. Di fianco a me, con i fari puntati e il motore acceso, una macchina della polizia e tre agenti fuori a parlare. Mi alzo e vado da loro, chiedendo pacificamente qual'è il motivo per cui lasciano il motore acceso a pochi metri dal concerto che volevamo ascoltare. "Questa domanda non sta né in cielo ne in terra!" Dice uno dei tre, arrabbiandosi per l'affronto. "Documenti."mi chiede. Nel frattempo parlo agli altri due agenti dicendogli che gli sto solo chiedendo una cosa, come si fa con le persone e che molta gente non le vede come persone con la divisa indossata. I due, pacificati, mi rispondono: "È per motivi di sicurezza. Questo è un punto a rischio terrorismo e l'auto deve rimanere accesa pronta ad intervenire." Li ringrazio e finito il controllo torno a sedermi. Loro salgono in macchina e vanno via."
Dal sesto giorno
Mi trovo vicino al Duomo, abbraccio persone gratis.
La polizia mi controlla per la terza volta.
"Alcuni fedeli si sono lamentati" dicono "Noi dobbiamo intervenire capisci? Fai il bravo e stai lontano da questa zona... Eri già stato avvertito."
"Quella del buon senso."
"Ma non c'è buon senso in tutto ciò. Se vuoi posso abbracciarti"
"Se vuoi ti porto in questura."
"Va bene.
Dal quarto giorno.
"... In un attimo mi ritrovo nel centro del mercato di Porta Palazzo, all'ora di punta, circondato da senegalesi che cantano e suonano i bonghi in corteo per ciò che scoprirò essere un rito di Purificazione. "Sei uno di noi, vai davanti!" Mi dice un ragazzo sorridendo." Si definiscono "muslims", mussulmani. Li ho trovati molto accoglienti e pieni di energia vitale
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