domenica 3 maggio 2015

TRE STORIE MAGICHE


Tre storie iniziatiche e terapeutiche per essere se stessi.

Tre storie magiche che intendono stimolare il lettore a trasformare la propria vita.

Basate su un linguaggio poetico e favolistico, su personaggi che vivono alla confluenza tra la realtà e altre dimensioni, sono tre parabole di alcune delle principali intuizioni di Alejandro Jodorowsky venute alla luce durante le sue ricerche nel mondo della spiritualità.

"Voglio che finalmente la mia coscienza possa esplodere come un astro luminoso, che ogni cellula del mio corpo diventi spirito!"
Dal primo capitolo

Io sapevo che con un gesto delle mie mani potevo aprire una porta nel cielo. Sapevo di poter estrarre dalla montagna il suo cuore di cristallo. Mi bastava spiccare un salto con la mente per entrare nella testa di un'aquila e planare sulla valle per una giornata intera. Ero in grado di comprendere i testi sacri che si infiltravano nel mormorio delle foglie. A me le mosche non potevano nascondere di essere regine cadute da un altro mondo. Nel mio corpo bambino abitava una Maga.

"Che cosa ci fai dentro di me? Perché non te ne vai a vivere in un tronco cavo?" le chiedevo.

"Me ne sto qui perché mi piace il suono vellutato del tuo cuore. Non ti preoccupare, sono come un'orsa che dorme d'inverno," rispondeva lei.

"Ti sbagli, Maga mia: in questo paese vicino al deserto non piove da tre secoli. Qui non è mai inverno."

Mia madre morì sei mesi dopo avermi dato alla luce. Conservo ancora sulla punta della lingua il sapore celestiale del suo latte. Non si lasciò mai fotografare, per timore di rimanere prigioniera di un pezzo di carta. Mio padre mi raccontava che la sua pelle era più bianca dell'unica nuvola che da cent'anni aleggia nel nostro cielo. Era alta tre metri e mezzo, e la sua chioma bionda, lunga il doppio, la seguiva come una magnifica coda. Non sapeva parlare come i comuni mortali, si esprimeva solo cantando.

Davanti allo specchio a forma di luna calante, era solita profumarsi fumando una sigaretta nera con il bocchino dorato. Mi piaceva tanto entrare nel boudoir vuoto, rimasto com'era dal giorno della sua morte, per annusare la sua boccetta di profumo, immaginando il momento in cui quella fragranza sfociava come un fiume nell'aroma oceanico del suo corpo. Una volta, dopo avere accarezzato l'accendino d'argento che tante volte aveva conosciuto la pressione delle sue dita, mi azzardai ad accendere una sigaretta vaporizzandovi sopra il suo profumo.

Una goccia cadde sul tabacco fumante e si consumò esalando una fiammella azzurrina. Quella sera, quando dalla nuvola solitaria parve piovere sangue, mentre mio padre lavorava a "La Tentazione: negozio dove si vende di tutto un po'", presi di nascosto l'accendino e il vaporizzatore.

Uscii nel cortile di terra secca e mi inginocchiai vicino alla doppia fila di formiche che andavano dal formicaio fino alla fine del mondo, per farne ritorno cariche di tesori invisibili. Le innaffiai di profumo e avvicinai l'accendino.

Le minuscole bestiole si trasformarono in farfalle terrestri dalle ali azzurrine. Un ruscello luccicante si snodava sul terreno sterile, trasformandolo per la prima volta in giardino.

Scorsi altre file di formiche, e anche a esse appiccai il fuoco. Infine mi avvicinai al formicaio, una montagnola di terra simile a una minuscola cattedrale. Gli sferrai un amorevole calcio, e proprio al centro della frana da cui scaturivano mulinelli di zampette, antenne e corpicini impazziti, spruzzai nuvole fragranti di profumo e subito le trasformai in un incendio opalescente. La mia anima, a quel tempo, non conosceva la crudeltà.

Ero affascinato dalla bellezza. Un esercito di formiche che si disfacevano nella luce aveva trasformato quel cortile infecondo in un vivaio incantato. A un tratto, la marea di fiammelle si diresse verso di me e si allineò intorno alle mie ginocchia in modo da formare un grande occhio azzurro. Spirava il vento gelido del tramonto che, con dolcezza, lo sospinse verso l'alto, all'altezza del mio volto. Prima che la corrente d'aria se lo portasse via, vidi sgorgare dall'occhio di fuoco una lacrima. Le formiche soffrivano!

"Le orse dormono d'inverno; quanto a me, è il calore che mi intorpidisce. Lasciami dormire. Svegliami solo se sei in pericolo."

Sentirmi in pericolo? E perché, se avevo l'assoluta certezza che non sarei mai morto? Tutti gli esseri viventi, vale a dire tutto ciò che esiste, acqua e rocce comprese, erano miei alleati. Invisibili filamenti d'oro ci univano. L'universo intero faceva parte del mio corpo, e il mio piccolo paese si estendeva agli otto angoli del cosmo. Seduti nelle loro barche, vicino alla spiaggia, i pescatori mi salutavano sollevando un remo.

Seduti nelle loro tombe, al cimitero, i defunti mi salutavano sollevando una corona. Proprio così: io sapevo già tutto, potevo già tutto.

Avevo sei anni.


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