PERCHE’ FUGGIRE DALLE CITTA': Il paradosso del progresso una lenta agonia.
Quale vantaggio esiste nell’aver lasciato l’era rurale ed essere entrati nell’era industriale senza averla ancora superata evolvendo?
All’inizio dell’era industriale e conseguente cosiddetto boom economico che in italia è sopraggiunto relativamente tardi, i nostri nonni vivevano in realtà cosiddette: RURALI.
Realtà di comuni rurali che erano praticamente autonome sotto tutti i punti di vista della sopravvivenza, realtà abbandonate successivamente alla grande guerra perchè distrutte dalla leva obbligatoria e quindi dalle braccia che sostenevano il lavoro di tali realtà. Successivamente alla guerra dunque l’unica opportunità per chi era rimasto a popolare i villaggi rurali senza più risorse umane e conoscenze, fù quella di andare a popolare le future grandi città e dare il via alla costruzione di una classe operaia con la promessa di un nuovo e idilliaco benessere e che avrebbe mantenuto le grandi industrie. Promessa che venne per molti mantenuta e realizzata con la possibilità di acquistare case e beni che prima nessuno poteva permettersi, a discapito di una indipendenza personale e un benessere di vita che non richiedeva la sottomissione in cambio di denaro. In pratica l’operaio svolgendo la sua mansione poteva avere il denaro necessario a usufruire di beni e comodità che prima se voleva, doveva e poteva procurarsi da solo nella condizione rurale senza pagare nessuno..
Ecco la fregatura, questa apparente condizione di benessere e promessa di lusso ha dato tutti alla testa al punto da rinunciare ad una vita sana, sobria ma felice. Questo preludio avvia il processo definitivo di sgretolamento dell’indipendenza umana individuale ma sopratutto collettiva. Oggi della promessa del progresso e della crescita economica è presente solo più uno spettro e in quelle che chiamano “grandi metropoli” e che io chiamo “bare di cemento” al benessere si sta ormai velocemente sostituendo un malessere diffuso dovuto alla penuria di opportunità e risorse economiche, che dissuadono dall’entusiasmo creativo.
Possiamo riempirci le mani di tecnologia portatile per distrarci dal non avere tempo per le relazioni e per la condivisione, per garantirci una casa che un tempo veniva costruita da tutti i membri del comune rurale, e del bestiame perchè ora qualunque bestia va registrata e controllata periodicamente, al punto che il “vecchio margaro” “Manu” che abita nell’ultima borgata della collina della piccola valle dove mi sono trasferito ha dovuto vendere tutte le mucche dalle quali ricavava il formaggio. La cosa più grave è che non trasferirà a nessuno le sue conoscenze riguardo la sua antica professione, e una dopo l’altra andando perdute le conoscenze i futuri abitanti dei luoghi limitrofi saranno costretti a recarsi al supermercato per comprare formaggi che non avranno gusto, che proverranno da bestie stipate in capannoni e non vedranno mai i pascoli per tutta la loro vita. Quella del formaggio è una tradizione culturale che non può essere appresa a scuola, è una tradizione che in quanto tale può essere solo tramandata con tutti i “trucchi” e le peculiarità delle zone di appartenenza. Un tempo queste conoscenze venivano tramandate da padre a figlio e cosi via, per qualunque tradizione di mestiere.
Cosi perdendo tradizioni simili noi tutti saremo sempre meno indipendenti e sempre più dipendenti di un sistema che non sostiene ma affossa.
L’indipendenza alimentare è uno dei miei obbiettivi principali e bisogna partire proprio da questo punto per cominciare ad associarsi individualmente o in gruppi al concetto di “www.decrescitafelice.it” ed è possibile sperimentando in base alle proprie possibilità la fattoria biologica e la coltivazione naturale, dal momento che persino il più innocente pomodoro è vittima di sofisticazioni industriali.
Un altro punto fondamentale deve essere “l’indipendenza energetica” e far fronte a tecnologie alternative migliori del fotovoltaico portando gradualmente in un luogo che possa ospitarle tecnologie o meglio tecniche basilari per produrre autonomamente elettricità e riscaldamento.
Nel primo caso è di fondamentale importanza stanziarsi nei pressi di un corso d’acqua importante dove incanalare l’energia cinetica della caduta e installare piccole turbine idroelettriche, ad esempio, ma le possibilità sono diverse sta tutto nel ricercare le diverse alternative già presenti e reperibili tramite il web.
Nel secondo caso, medesima cosa, esistono metodi di ottimizzazione per il riscaldamento dove viene sfruttata la legna al massimo delle sue potenzialità vedi la famosa “rocket stove” alla quale si può applicare un semplice meccanismo termodinamico in grado di scaldare anche l’acqua e utilizzarla per lavarsi nei mesi invernali.
Indipendenza idrica: non è necessario essere agganciati all’acquedotto per avere acqua corrente in casa spesso nelle colline l’acqua veniva incanalata e stoccata in cisterne come nella casa dove abito, e successivamente per mandarla in tutta la casa è possibile usare una antica semplice ma efficace tecnologia che sfrutta la compressione dell’aria all’interno di un serbatoio per inviare il getto nelle tubature, vedi: “pompa ad ariete idraulico” e “turbina di tesla” in grado di ottimizzare di nuovo l’energia cinetica dell’acqua.
Tutto questo è fondamentale per abbandonare stili di vita auto incatenanti che svuotano tasche e voglia di vivere a favore di coloro che senza tanti scrupoli sottraggono il tempo e il valore umano al fine di arricchirsi sulle spalle dei cittadini. Schiavitù che tutto sommato ci siamo auto-provocati abbandonando gli stili di vita dei nostri avi e accettando le condizioni.
Potrebbero anche sembrare le turbe di un paranoico esaurito, ma non accorgersi di non sapere fare tante cose senza bisogno dell’industria significa che l’essenza e l’indipendenza dell’essere umano è a grave rischio. Proprio perchè molti non se ne rendono conto, e dimentichi di queste conoscenze ci si affida ad una omologazione che spazza via quel che è genuino, sobrio, e semplice per fare spazio all’artificio, costruito e penoso che porta lentamente al declino delle più vive peculiarità umane.
E’ chiaro che non si tratta di tornare a vivere come i primate, l’importante è riconoscere che questo status non è perpetuabile in eterno ed agire di conseguenza nel proprio piccolo per ripararsi da un sistema che un pezzo alla volta sta versando in un collasso indotto ed evidentemente irresponsabile.
Queste sono le principali perplessità che mi hanno convinto a cercare una alternativa e quantomeno a cominciare con quello che per molti magari può essere un grande passo ma ricco di vantaggi vedi il mio primo articolo: https://econeoruralismo.wordpress.com/2014/12/20/fuga-dalla-citta-economizzare-e-cambiare-la-qualita-della-propria-vita/
E poco alla volta mi misuro con le opportunità e le problematiche di questa scelta. Ma auspico come infatti sta avvenendo ad un sempre più veloce abbandono delle città per iniziative personali e collettive a favore del ripopolamento di luoghi un tempo abbandonati.
All’inizio dell’era industriale e conseguente cosiddetto boom economico che in italia è sopraggiunto relativamente tardi, i nostri nonni vivevano in realtà cosiddette: RURALI.
Realtà di comuni rurali che erano praticamente autonome sotto tutti i punti di vista della sopravvivenza, realtà abbandonate successivamente alla grande guerra perchè distrutte dalla leva obbligatoria e quindi dalle braccia che sostenevano il lavoro di tali realtà. Successivamente alla guerra dunque l’unica opportunità per chi era rimasto a popolare i villaggi rurali senza più risorse umane e conoscenze, fù quella di andare a popolare le future grandi città e dare il via alla costruzione di una classe operaia con la promessa di un nuovo e idilliaco benessere e che avrebbe mantenuto le grandi industrie. Promessa che venne per molti mantenuta e realizzata con la possibilità di acquistare case e beni che prima nessuno poteva permettersi, a discapito di una indipendenza personale e un benessere di vita che non richiedeva la sottomissione in cambio di denaro. In pratica l’operaio svolgendo la sua mansione poteva avere il denaro necessario a usufruire di beni e comodità che prima se voleva, doveva e poteva procurarsi da solo nella condizione rurale senza pagare nessuno..
Ecco la fregatura, questa apparente condizione di benessere e promessa di lusso ha dato tutti alla testa al punto da rinunciare ad una vita sana, sobria ma felice. Questo preludio avvia il processo definitivo di sgretolamento dell’indipendenza umana individuale ma sopratutto collettiva. Oggi della promessa del progresso e della crescita economica è presente solo più uno spettro e in quelle che chiamano “grandi metropoli” e che io chiamo “bare di cemento” al benessere si sta ormai velocemente sostituendo un malessere diffuso dovuto alla penuria di opportunità e risorse economiche, che dissuadono dall’entusiasmo creativo.
Possiamo riempirci le mani di tecnologia portatile per distrarci dal non avere tempo per le relazioni e per la condivisione, per garantirci una casa che un tempo veniva costruita da tutti i membri del comune rurale, e del bestiame perchè ora qualunque bestia va registrata e controllata periodicamente, al punto che il “vecchio margaro” “Manu” che abita nell’ultima borgata della collina della piccola valle dove mi sono trasferito ha dovuto vendere tutte le mucche dalle quali ricavava il formaggio. La cosa più grave è che non trasferirà a nessuno le sue conoscenze riguardo la sua antica professione, e una dopo l’altra andando perdute le conoscenze i futuri abitanti dei luoghi limitrofi saranno costretti a recarsi al supermercato per comprare formaggi che non avranno gusto, che proverranno da bestie stipate in capannoni e non vedranno mai i pascoli per tutta la loro vita. Quella del formaggio è una tradizione culturale che non può essere appresa a scuola, è una tradizione che in quanto tale può essere solo tramandata con tutti i “trucchi” e le peculiarità delle zone di appartenenza. Un tempo queste conoscenze venivano tramandate da padre a figlio e cosi via, per qualunque tradizione di mestiere.
Cosi perdendo tradizioni simili noi tutti saremo sempre meno indipendenti e sempre più dipendenti di un sistema che non sostiene ma affossa.
L’indipendenza alimentare è uno dei miei obbiettivi principali e bisogna partire proprio da questo punto per cominciare ad associarsi individualmente o in gruppi al concetto di “www.decrescitafelice.it” ed è possibile sperimentando in base alle proprie possibilità la fattoria biologica e la coltivazione naturale, dal momento che persino il più innocente pomodoro è vittima di sofisticazioni industriali.
Un altro punto fondamentale deve essere “l’indipendenza energetica” e far fronte a tecnologie alternative migliori del fotovoltaico portando gradualmente in un luogo che possa ospitarle tecnologie o meglio tecniche basilari per produrre autonomamente elettricità e riscaldamento.
Nel primo caso è di fondamentale importanza stanziarsi nei pressi di un corso d’acqua importante dove incanalare l’energia cinetica della caduta e installare piccole turbine idroelettriche, ad esempio, ma le possibilità sono diverse sta tutto nel ricercare le diverse alternative già presenti e reperibili tramite il web.
Nel secondo caso, medesima cosa, esistono metodi di ottimizzazione per il riscaldamento dove viene sfruttata la legna al massimo delle sue potenzialità vedi la famosa “rocket stove” alla quale si può applicare un semplice meccanismo termodinamico in grado di scaldare anche l’acqua e utilizzarla per lavarsi nei mesi invernali.
Indipendenza idrica: non è necessario essere agganciati all’acquedotto per avere acqua corrente in casa spesso nelle colline l’acqua veniva incanalata e stoccata in cisterne come nella casa dove abito, e successivamente per mandarla in tutta la casa è possibile usare una antica semplice ma efficace tecnologia che sfrutta la compressione dell’aria all’interno di un serbatoio per inviare il getto nelle tubature, vedi: “pompa ad ariete idraulico” e “turbina di tesla” in grado di ottimizzare di nuovo l’energia cinetica dell’acqua.
Tutto questo è fondamentale per abbandonare stili di vita auto incatenanti che svuotano tasche e voglia di vivere a favore di coloro che senza tanti scrupoli sottraggono il tempo e il valore umano al fine di arricchirsi sulle spalle dei cittadini. Schiavitù che tutto sommato ci siamo auto-provocati abbandonando gli stili di vita dei nostri avi e accettando le condizioni.
Potrebbero anche sembrare le turbe di un paranoico esaurito, ma non accorgersi di non sapere fare tante cose senza bisogno dell’industria significa che l’essenza e l’indipendenza dell’essere umano è a grave rischio. Proprio perchè molti non se ne rendono conto, e dimentichi di queste conoscenze ci si affida ad una omologazione che spazza via quel che è genuino, sobrio, e semplice per fare spazio all’artificio, costruito e penoso che porta lentamente al declino delle più vive peculiarità umane.
E’ chiaro che non si tratta di tornare a vivere come i primate, l’importante è riconoscere che questo status non è perpetuabile in eterno ed agire di conseguenza nel proprio piccolo per ripararsi da un sistema che un pezzo alla volta sta versando in un collasso indotto ed evidentemente irresponsabile.
Queste sono le principali perplessità che mi hanno convinto a cercare una alternativa e quantomeno a cominciare con quello che per molti magari può essere un grande passo ma ricco di vantaggi vedi il mio primo articolo: https://econeoruralismo.wordpress.com/2014/12/20/fuga-dalla-citta-economizzare-e-cambiare-la-qualita-della-propria-vita/
E poco alla volta mi misuro con le opportunità e le problematiche di questa scelta. Ma auspico come infatti sta avvenendo ad un sempre più veloce abbandono delle città per iniziative personali e collettive a favore del ripopolamento di luoghi un tempo abbandonati.
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