NO ALLA MERKEL
Sei maggio, giorno dell’ira. E’ sempre più chiaro. Alle urne, domenica, ai quattro angoli dell’Europa si scatena l’Armageddon. Al secondo turno delle presidenziali in Francia il socialista Hollande parte con 10 punti di vantaggio su Sarkozy, fedele comprimario dei tedeschi prima di cambiare idea all’ultimo minuto. Niente fiscal compact, niente tagli, 100 mila assunti pubblici in più, età pensionabile abbassata a 60 anni per tutti. Hollande è la negazione di ogni rigore. E il beniamino degli antitedeschi di tutta Europa. In Grecia, i socialisti del Pasok e i conservatori di Neà Demokratia, i due partiti alternatisi nella crisi, nei sondaggi sommati non hanno il 45%. In Serbia, è nei guai il presidente Tadic, che domenica puntava sull’approdo in Europa. In Italia, alle amministrative misureremo l’esplosione della rabbia per le tasse asfissianti di Monti. In Germania, domenica si vota per il Land dello Schleswig Holstein, dopo una settimana in Nord Renania Westfalia. La Fdp nei sondaggi sta sotto la soglia del 4%, si allontana la possibilità che tra un anno la Merkel abbia una sua maggioranza. Dovunque, in Europa, vince il no alla Merkel. Tramonta un’Europa senza cooperazione tra forti e deboli. Per noi che non crediamo che una moneta comune si faccia e regga tra mercati divisi dei beni e dei servizi, è un’amara soddisfazione.
Viva la Svezia. Sono due, i Paesi europei cresciuti di più in questi anni amari. Uno è la Polonia, che ha rinunciato all’euro innanzi al guaio greco. Varsavia ha scelto l’integrazione con la sola Germania. L’altro è la Svezia. Anch’essa mantiene la sua corona. Dei 12 punti di Pil di rientro della sua finanza pubblica dall’eccesso di deficit di fine anni 90, tre quarti sono venuti dal taglio alla spesa, l’esatto opposto che da noi. Piccolo particolare: lì nel 2006 hanno vinto dei sani conservatori che hanno fatto proprio quel che avevano promesso, tagliato spesa e tasse. Per questo hanno rivinto nel 2010, e continuano a crescere. Con tanti saluti a frau Merkel. E a noi, naturalmente. Che abbiamo perso 9 punti di Pil sulla germania e 11 sulla francia, dal 2001 al 2011, grazie a questo bello Stato dilapidatore che è la peggior creazione italiana di tutti i tempi.
Viva la Svezia. Sono due, i Paesi europei cresciuti di più in questi anni amari. Uno è la Polonia, che ha rinunciato all’euro innanzi al guaio greco. Varsavia ha scelto l’integrazione con la sola Germania. L’altro è la Svezia. Anch’essa mantiene la sua corona. Dei 12 punti di Pil di rientro della sua finanza pubblica dall’eccesso di deficit di fine anni 90, tre quarti sono venuti dal taglio alla spesa, l’esatto opposto che da noi. Piccolo particolare: lì nel 2006 hanno vinto dei sani conservatori che hanno fatto proprio quel che avevano promesso, tagliato spesa e tasse. Per questo hanno rivinto nel 2010, e continuano a crescere. Con tanti saluti a frau Merkel. E a noi, naturalmente. Che abbiamo perso 9 punti di Pil sulla germania e 11 sulla francia, dal 2001 al 2011, grazie a questo bello Stato dilapidatore che è la peggior creazione italiana di tutti i tempi.
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