venerdì 10 gennaio 2014

Come sopravvivere... all’illuminazione!



Gli aspetti meno noti di questa
esplosione di consapevolezza,
con anche qualche consiglio
per evitarne i pericoli





Osho,
negli anni sessanta e settanta i neurologi hanno mostrato un grande interesse verso un’area del midollo allungato chiamata “formazione reticolare” che opererebbe una selezione dei dati comunicati al cervello durante il sonno. Per esempio, una madre riesce a dormire con rumori di ogni genere, ma si sveglia all’istante se suo figlio piange. Sembra dunque che durante il sonno dentro di noi ci sia un elemento che rimane sveglio. L’osservazione distaccata, come quella di un testimone, ha qualche relazione con questo fenomeno? Questo “testimone” è correlato a una parte del cervello?

Il testimone, l’osservatore, non fa parte del cervello, ma lo utilizza come meccanismo. Una parte del cervello rimane sveglia ed è come se il testimone guardasse attraverso una finestra. Non è la finestra a essere sveglia, ma il testimone, che si trova dietro la finestra, la mantiene aperta. Anche di notte, una parte della mente rimane aperta e può essere usata dal testimone. Se la mente fosse completamente chiusa, il testimone non potrebbe guardare all’esterno. Potrebbe essere consapevole della propria realtà interna, ma non della realtà esterna. Il cervello è il meccanismo che permette al testimone di diventare consapevole della realtà esterna.
Tuttavia, il cervello in sé non possiede questa capacità e il testimone, dal canto suo, ha una realtà completamente indipendente: non fa parte del cervello, è il padrone, laddove il cervello è soltanto un servitore.
Chi ha meditato sufficientemente a lungo, pian piano diventa consapevole anche nel sonno. Il corpo dorme, ma al di sotto del corpo addormentato c’è una presenza conscia. Ciò può anche disturbare il sonno, se la consapevolezza è eccessiva, il sonno diventa difficile, quasi impossibile. Affinché il sonno sia possibile, la consapevolezza deve essere molto piccola, una finestrella che bada al mondo esterno durante il sonno. È un guardiano, pronto a svegliarti se accade qualcosa, un’emergenza. Dopo aver raggiunto il livello supremo della meditazione e della consapevolezza, il sonno diventa uno strato così sottile che si trasforma soltanto in riposo, non è più un sonno vero e proprio. Ed è sufficiente.

Ci sono anche altri elementi che vengono disturbati all’interno del meccanismo del corpo e del cervello, perché l’illuminazione non è un intrinseco processo del corpo. In altre parole illuminarsi non è necessario come essere prima giovani e poi diventare vecchi, questi sono processi intrinsechi. L’illuminazione va guadagnata, esiste come opportunità, come potenziale, ma raggiungerla è possibile tanto quanto non riuscirci. Dato che non si tratta di un processo intrinseco, il corpo e il cervello non hanno modo di adattarsi al fenomeno.
E per secoli questo ha causato costanti preoccupazioni. Ramakrishna è morto di cancro alla gola, Ramana Maharshi è morto di cancro. Krishnamurti ha sofferto per quasi quarant’anni di fortissime emicranie. Buddha era spesso malato, tanto che uno dei suoi discepoli, l’imperatore Prasenjita, gli offrì il suo medico personale. Il medico del re seguì Gautama il Buddha per tutta la vita, con un grande carro carico di medicinali di tutti i tipi e libri di medicina, in particolare quelli che potevano servire a Buddha. Mahavira soffriva continuamente di disturbi allo stomaco e alla fine morì a causa di questi problemi.
Tante volte è stata sollevata la questione: visto che queste persone erano illuminate, i loro corpi avrebbero dovuto essere più sani. Sembra logico, ma l’esistenza non segue la logica. A livello esistenziale, essere illuminati va al di là delle capacità del corpo e del cervello. Stai introducendo nel corpo e nel cervello qualcosa per cui non sono stati destinati, per cui non sono pronti. Questo nuovo fenomeno è così potente che crea disturbi di ogni genere. In particolare, il sonno viene disturbato. Ciò accade molto spesso, perché l’illuminazione porta una consapevolezza così grande che è impossibile esaurirla durante il giorno, anzi è impossibile esaurirla qualsiasi cosa si faccia.
La persona comune ha difficoltà a rimanere sveglia, perché il sonno è molto potente e la forza che esercita cancella ogni sforzo per rimanere sveglia: prova per qualche istante e poi se ne dimentica, perché viene sopraffatta dal sonno. Proprio l’opposto accade con l’illuminazione: la consapevolezza è così grande che è impossibile che il sonno penetri nel corpo. Al massimo il corpo può rilassarsi, anzi può rilassarsi e riposarsi molto più di prima, ma il sonno scompare.

Si dice che Buddha non cambiasse mai posizione durante il sonno, rimanendo nella stessa postura per tutta la notte. Il suo discepolo, Ananda, era perplesso. Si svegliava tante volte a controllare, non riuscendo a capire come ci riuscisse. Non è possibile mantenere la stessa posizione nel sonno. La gente non riesce a mantenere una posizione neppure quando è sveglia, è così irrequieta che deve girarsi di qua e di là. E nel sonno sei persino incosciente!
Infine un giorno Ananda chiese: “Come fai a mantenere la stessa posizione per tutta la notte?”.
Buddha rispose: “Un giorno, quando ti illuminerai, capirai. Ti posso rispondere, ma per te sarà difficile comprendere. Il mio è soltanto riposo, non sonno. Dal giorno in cui mi sono illuminato, il sonno è scomparso”.

In persone diverse, cose diverse possono essere disturbate, per altre ragioni, ma l’idea che l’illuminazione porti a una salute migliore è assolutamente sbagliata. Porterà un’integrità della consapevolezza, un fatto straordinariamente gratificante, ma proprio come l’uccellino deve un giorno ab­bandonare l’uovo che è stato la sua protezione, la sua vita, senza la quale non sarebbe sopravvissuto... ma l’uccellino non si guarda indietro, apre le ali e scopre che il cielo gli appartiene. Il corpo è come un uovo, al cui interno è possibile sviluppare il potenziale supremo dell’illuminazione; se questo non avviene, continuerai ad avere altri corpi, ma quando accade, il corpo diventa inutile.

Gran parte delle persone che si illu­minano muoiono all’istante. Semplicemente, non riescono più a respirare, non hanno motivo di respirare! L’esperienza è così grande che il cuore si ferma. Non hanno mai visto nulla di simile, è una situazione assolutamente sconosciuta che, letteralmente, ti to­glie il respiro.

Pochissime persone sopravvivono al­l’illuminazione e la ragione è strana... chi è stato avventuroso, chi si è divertito a rischiare, chi ha vissuto come un equilibrista, camminando sul filo del rasoio, potrebbe anche sopravvivere. Ci sarà ugualmente uno shock, ma queste persone sono già abituate a shock di minore entità. Non avevano mai provato uno shock così grande, ma gli shock precedenti li hanno preparati ad accettare persino questo immenso fenomeno. Continueranno a respirare, il cuore batterà ancora, ma anche loro soffriranno in molti modi, perché è accaduto qualcosa che il corpo non può comprendere. Il corpo ha una propria saggezza, un certo tipo di comprensione. Funziona bene all’interno dei suoi limiti, ma l’illuminazione va ben al di là di questi limiti, è troppo distante. Estende le capacità del corpo oltre i suoi limiti, quindi qualsiasi parte del corpo che sia debole cederà. E questo è l’ultimo corpo, quindi non è più necessario, ha esaurito la propria funzione, ha compiuto il miracolo. Se pensi alle proporzioni: su dieci persone illuminate, nove muoiono immediatamente e su dieci che sopravvivono, nove rimangono in silenzio, perdono il controllo del cervello.

Di questi fatti non si è mai parlato. Molte cose non sono mai state dette, perché nessuno ha mai chiesto, nessuno se ne è mai preoccupato. Esistono migliaia di cose di cui tenere conto, ma nessuno ne ha mai parlato. Per esempio, perché nove persone su dieci muoiono immediatamente? Nessun libro sacro al mondo ne parla. La questione non viene neppure posta o menzionata ed è un fatto accaduto per secoli. Forse temono che se si sapesse...
Le persone già non sono interessate all’illuminazione, ma se dici loro che questa sarà la ricompensa – ti illumini e ti salta il fusibile – questo potrebbe scoraggiare anche quei pochi che desiderano provare. Diranno: “Ma che sciocchezze sono queste? Fai degli sforzi enormi per illuminarti e che cosa ottieni in cambio? Che sei finito! Non riuscirai neppure a vederti illuminato. Che senso ha? È uno strano scherzo!”.
Forse è per questo che non se n’è mai parlato. Nessuna sacra scrittura rivela che l’illuminazione disturba il corpo e il cervello, ma io voglio dire tutto esattamente com’è, perché penso che chi non è interessato non sarà interessato comunque e chi è interessato non si lascerà fermare dalla verità. Anzi, è bene conoscerla in anticipo.
Sicuramente, l’illuminazione disturba molto la salute psicosomatica, perché è qualcosa per cui il corpo non è preparato. La natura non ha creato nulla nel corpo che gli permetta di assorbire l’illuminazione. Di colpo, ti crolla addosso una montagna, naturalmente, rimarrai schiacciato.

Perché nove persone su dieci rimangono in silenzio? Al massimo si afferma che: “La verità non può essere detta”. È vero, ma c’è un fatto molto più importante che non è stato menzionato. Su dieci persone, nove si ritrovano con il cervello “disturbato”: non sono più in grado di usare il meccanismo del cervello per parlare, quindi sentono che è meglio rimanere in silenzio.
Possono vedere perfettamente che il meccanismo del cervello non è più in condizione di funzionare. È naturale, perché il cervello è un fenomeno molto raffinato. Ci sono quasi sette milioni di piccoli nervi nel cranio di una persona a formare il cervello. Sono così piccoli e delicati che qualsiasi piccolo shock può turbarli, distruggerli, e l’illuminazione è uno shock tremendo, fulminante. Attraversa il cervello, disturbando molte cellule, molti nervi.

Soltanto una persona su dieci riesce a preservare il cervello ed è la persona che ha usato moltissimo il cervello, che per l’uso continuo è diventato sempre più forte. Se non si fosse illuminata, sarebbe diventata un grande filosofo, un grande logico, un grande matematico o un grande fisico. Aveva una “macchina” molto solida e avreb­be potuto diventare un Bertrand Russell o un Albert Einstein... oppure un Gautama Buddha.
Generalmente, però, le persone non usano molto il cervello, per i lavori comuni non è necessario. Ti basta il cinque per cento delle tue capacità, l’uomo comune usa il cinque per cento del cervello. Quelli che vengono definiti grandi geni ne usano soltanto il quindici per cento. Ma se una persona ha usato almeno un terzo delle proprie capacità, cioè il trentatré per cento, allora avrà forza sufficiente per sopravvivere all’illuminazione. In questo caso, il cervello non sopravvive soltanto, ma è anche in grado di funzionare.
Dei dieci il cui cervello sopravvive, nove non diventano maestri. Soltanto uno di loro diventa un maestro. I nove possono al massimo essere insegnanti, possono parlare della loro esperienza, possono citare le scritture ed essere famosi insegnanti. La gente li considererà dei maestri e avranno molti seguaci, ma non sono maestri, perché non possiedono la qualità di un maestro.

Il maestro non è soltanto un insegnante ma anche un magnete. Insegnare è una cosa, ma chi insegna con una forza magnetica tale da trasformare chi ascolta... quello è un maestro. L’insegnante può offrirti parole, ma non può darti la vita. L’insegnante può darti spiegazioni, ma non l’esperienza. L’insegnante può entrare in contatto con la mente, ma non raggiungere il cuore.
Perché accade soltanto a una persona su dieci? Se quella persona era già un insegnante prima dell’illuminazione, se la sua intelligenza è così vasta che è in grado di capire ciò che è successo agli altri anche se non ne ha fatto personalmente l’esperienza, che non ha bisogno di commettere errori per imparare: può vedere altri commettere errori e questo le basta per imparare.
Se è stata capace di esprimersi addirittura dalla nascita, se ha goduto del suono stesso delle parole, della loro musica e poesia, se non si è mai trovata in difficoltà a esprimersi e la sua espressione è stata convincente… non che i suoi argomenti fossero migliori dei tuoi, ma il modo in cui si esprimeva, la poesia della sua espressione, la musica della sua espressione erano convincenti, anche se non aveva fatto l’esperienza in prima persona.
Se questo tipo di persona si illumina, conserva la capacità di esprimersi molto bene. L’illuminazione aggiungerà qualcosa a questa capacità, la doterà di autorità e di magnetismo. La renderà una presenza percepibile, una presenza che può sopraffarti e grazie alla quale puoi facilmente sprofondare nell’amore e nella fiducia.
Gli insegnanti che diventano tali soltanto dopo l’illuminazione rimangono dei dilettanti. Ma chi era già un insegnante viene immensamente ar­ricchito dall’illuminazione e diventa un maestro.

Si dice che Sariputta, uno dei principali discepoli di Gautama Buddha e uno dei pochi che si illuminò mentre era in vita, si fosse recato da Gautama il Buddha per discutere con lui. Era un insegnante molto noto e molti lo ritenevano un maestro. Si recò da Buddha con cinquemila discepoli per discutere dei principi fondamentali.
Buddha lo ricevette con grande amore e disse ai propri discepoli e a quelli di Sariputta: “Ecco, arriva un grande insegnante e spero che un giorno diventi un maestro”. Tutti rimasero perplessi di fronte a queste parole, anche lo stesso Sariputta.
Questi chiese: “Che cosa vuoi dire?”.
Gautama il Buddha rispose: “Discuti bene, ti esprimi molto bene, sei un intellettuale influente. Hai tutte le qualità di un insegnante di genio. Hai come discepoli cinquemila persone molto intelligenti, ma non sei ancora un maestro. Se lo fossi, sarei venuto io da te, non tu da me. Sei un grande filosofo, ma non sai nulla. E io mi fido della tua intelligenza e del fatto che non mentirai e affermerai davanti a tutte queste persone che sei un pensatore, ma non hai ancora fatto alcuna esperienza d’illuminazione. Ma se af­fermi di aver fatto l’esperienza, sono pronto a discutere con te. Ricorda però che mentire non ti servirà. Verrai scoperto immediatamente, perché l’esperienza comprende tante cose che non si trovano nelle scritture. Quindi, è meglio per te essere chiaro. Sono pronto a discutere con te se affermi di aver sperimentato la verità. Se riconosci di non averla sperimentata, sono pronto ad accettarti come discepolo. Ti farò diventare un maestro, te lo prometto, perché ne hai le potenzialità. Puoi scegliere di mentire e discutere con me oppure di essere sincero, diventare un discepolo e imparare con me, sperimentare con me. Un giorno, quando sarai un maestro, se vorrai discutere con me, ne sarò lietissimo”.
Per un istante, ci fu un grande silenzio, ma Sariputta era davvero un uomo di verità. Disse: “Buddha ha ragione. Non avevo pensato che mi avrebbe chiesto della mia esperienza. Ho affrontato dibattiti in tutto il paese, sconfiggendo molti cosiddetti grandi insegnanti e facendoli diventare miei discepoli”.

La regola in India era quella, si discuteva e chi veniva sconfitto diventava un discepolo.
Quindi continuò: “Molti di questi discepoli erano a loro volta insegnanti, ma nessuno mi ha mai chiesto della mia esperienza. Non ho mai sperimentato in prima persona, quindi non posso discuterne adesso. Ora, tocco i piedi di Gautama Buddha e aspetterò il momento in cui avrò sperimentato e sarò io stesso un maestro”.
Dopo tre anni passati con Buddha, si illuminò. Era sicuramente ricco di potenzialità, si trovava proprio sulla soglia. Il giorno in cui si illuminò, Buddha lo chiamò e gli chiese: “Adesso, vuoi discutere?”.
Sariputta toccò di nuovo i piedi di Gautama Buddha e disse: “L’altra volta ti ho toccato i piedi perché non avevo esperienza. Questa volta ti tocco i piedi perché ho quell’esperienza, ma la questione di discutere non si pone. Allora era impossibile discutere e anche adesso è impossibile. Non c’è nulla da discutere. Io so, tu sai, e questo sapere è lo stesso. Inoltre, sono un tuo discepolo, posso diventare un maestro per altri, ma con te rimarrò sempre un discepolo. Hai trasformato la mia vita, altrimenti sarei morto continuando a discutere senza necessità, sprecando il mio tempo e quello degli altri”.

Le persone che rimangono in silenzio sono state profondamente danneggiate. Per loro, non c’è altro modo se non rimanere in silenzio, perché il meccanismo si è rotto. Hanno avuto l’esperienza, ma non possedevano il veicolo adatto.
Quindi si tratta di un fenomeno molto raro: prima di tutto raggiungere l’illuminazione, poi sopravvivere a questa, infine salvare il cervello in modo da diventare un maestro. Tutto questo di­pende dal fatto di aver utilizzato il cervello prima dell’illuminazione al­me­no fino a un terzo del suo potenziale. Meno di così non sarà sufficiente.

Per questo continuo a insistere: non credere.
Dubita, pensa, indaga.

Affina l’intelligenza, almeno a un terzo del suo potenziale. Nel frattempo medita, in modo che il giorno in cui ti illuminerai potrai dire qualcosa al mondo. Sarà un tuo dovere.

L’esistenza attende milioni di anni che qualcuno si illumini e quando accade l’esistenza vuole che condivida, dif­fonda il messaggio a chi è profondamente addormentato, a qualunque costo. Non tutti si sveglieranno, ma qualcuno potrebbe udire la chiamata. Anche se si tratta soltanto di po­chi, è una ricompensa sufficiente.


Tratto da: Osho, The Path of the Mystic #23

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