L'AMORE DELLA MADRE MEGLIO DI ASETTICHE INCUBATRICI


Ciò che non può fare una macchina ,può farlo l'amore della madre una forza una energia non misurabile ma tangibile, nella maggioranza degli ospedali il trattamento dei nati prematuri è costituito da TIN terapia intensiva prenatale che significa passare del tempo in una incubatrice completamente separato dalla madre .
IvanoAntarRaja


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A Sidney, in Australia, una mamma con la forza del suo amore e della sua determinazione ha restituito alla vita il suo neonato prematuro diagnosticato morto dai medici. La notizia viene data il 27 agosto del 2011 dal dailymail. Da questo giornale apprendiamo che Kate Ogg ha partorito due gemelli prematuri dopo 27 settimane di gestazione; dei due la femmina sopravvive al parto, mentre per il maschio tutti gli sforzi dei medici sembrano inutili e viene dichiarato morto.

Ma l'amore di una madre è una potenza sovrumana che niente può fermare, nemmeno la morte (in questo caso presunta, ma al momento data per certa dai medici); l'istinto e l'amore hanno portato mamma Kate ha stringere al suo petto quel minuscolo fagottino, gli ha tolto il lenzuolo che lo copriva e l'ha baciato, accarezzato, coccolato per due ore, fin quando si è verificata la sua incredibile "resurrezione". Un evento che pare incredibile per i medici, ma forse non tanto incredibile per la madre che forse col suo sesto senso materno ha sentito di dovere fare quello che ha fatto, restituendo alla vita il suo bimbo, che alla fine si ritrova a respirare beato sul petto di sua madre.

Qui di seguito il racconto della madre durante la trasmissione Today Tonight, citata poi dal Daily Mail (traduzione tratta dal sitohttp://donna.fanpage.it):
“Il medico mi chiese, dopo il parto, se avevamo già dato un nome a nostro figlio. Io gli dissi che si chiamava Jamie, e lui tornò da me con il bimbo in braccio dicendomi: ‘Abbiamo perso Jamie, non ce l’ha fatta. Mi dispiace’. E’ stata la peggior sensazione che abbia mai provato, presi Jamie in braccio, lo strinsi a me. Le sue braccia e le sue gambe penzolavano dal suo corpo, non si muoveva. Io e David abbiamo iniziato a parlargli, gli abbiamo detto il suo nome e che aveva una sorella, gli abbiamo detto ciò che avremmo voluto che facesse nella sua vita. Dopo un po’, ha iniziato a muoversi, a respirare ancora. Ho pensato ‘Mio Dio, cosa succede?’, e dopo pochi secondi ha riaperto gli occhi. E’ stato un miracolo. Siamo i genitori più fortunati del mondo”.

Evidentemente, come pensa anche mamma Kate, il contatto diretto il calore del seno materno, il ritrovarsi la dove egli doveva stare dopo il parto, la vicinanza fisica della madre sono alla base del piccolo "miracolo" che forse miracolo non è.

Anche perché da diversi anni per i bambini prematuri si utilizza la "terapia del canguro" che consiste nel tenere al caldo i bimbi non in un'incubatrice, ma sul seno della mamma (o anche del papà che a turno sostituisce la mamma per darle  un po' di riposo e di libertà), avvolti in una sorta di "tasca" che regge il bimbo come succede per i cuccioli del famoso animale marsupiale. In tale maniera il bimbo viene tenuto naturalmente al caldo, stimolato dal contatto fisico, dall'odore e dalle coccole della mamma, nutrito.  
Il fatto di volere sempre preferire le macchine incubatrici al calore ed al contatto della madre credo che sia un errore che riflette la tendenza della  medicina ufficiale a delegare tutto ad asettiche macchine e a procedure standardizzate, ma in questo caso si ravvisa anche una presunzione, quella di volere arrogarsi il diritto di stabilire il confine tra la vita e la morte.



Marsupio terapia 
(Kangaroo mother care)

Si tratta di un metodo assistenziale nato in Colombia che viene adottato con i neonati di peso molto basso ed ancora in incubatrice e che consiste nel metterlo nudo sul seno materno, a diretto contatto con la cute calda della madre, per un tempo prestabilito e sotto costante controllo. In quei momenti la madre rappresenta per il neonato tutto il suo universo: il calore, la tenerezza, una grande sensazione di benessere. E' un metodo che, oltre a permettere un precoce contatto tra madre e neonato, influenza positivamente lo sviluppo neurologico e psicologico del piccolo. Quando si avvicinerà il momento della dimissione la madre potrà accudire direttamente ed in modo continuativo il proprio bambino. Questo avviene in una stanza apposita ove i genitori possono acquisire autonomia nel seguire il proprio bambino supportati comunque dal personale infermieristico.
La terapia del canguro
Un bimbo minuscolo con la pelle d'ebano è accucciato sul ventre della sua mamma, che sorride felice mentre lo avvolge in uno sgargiante marsupio. Il loro respiro è quasi all'unisono, il calore dei loro corpi si mescola e si confonde. Una scena già vista in tanti reportage dal Continente Nero, direte. Nossignori, queste immagini provengono invece da un posto molto speciale: l'ospedale di Maputo, in Mozambico, e questi piccoli fagotti sono bimbi che hanno avuto troppa fretta di venire al mondo. Una condizione, quella dei prematuri, che almeno in questo angolo d'Africa non è più drammatica grazie  ad una pediatra portoghese, Anna Grassya, che tratta i bimbi pretermine con un metodo efficacissimo, quello del canguro. Ispirata ai famosi marsupiali australiani, questa tecnica è stata scoperta nel 1978 da un gruppo di pediatri di Bogotà, in Colombia, che hanno invitato le mamme a tenere stretti a sé i loro piccoli, nudi, pelle contro pelle. In questo modo, il ritmo cardiaco e il respiro di madre e figlio si sintonizzano quasi subito, ma la cosa strabiliante è che, nella maggior parte dei casi, le condizioni del piccolo arrivano presto alla normalità. La tecnica del canguro ha dato finalmente una prospettiva alla neonatologia nei Paesi in via di sviluppo: «Sa che in questo modo la mortalità dei prematuri è stata abbattuta dal 70 al 30 per cento?», spiega la dottoressa Ornella Lincetto, che ha lavorato a questo progetto con una collega svedese e una del Mozambico proprio a Maputo. «Bisogna averle viste, certe situazioni. Nei Paesi in via di sviluppo ci sono un unico ospedale nel raggio di centinaia di chilometri, risorse umane al lumicino (un'infermiera ogni 30 neonati), due-tre incubatrici con centinaia di bimbi sottopeso in coda. E allora, che fare?», si chiede questa pediatra veneziana che oggi lavora a Ginevra come funzionaria dell' Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Il metodo del canguro funziona benissimo da più punti di vista: è efficace contro le infezioni, poco costoso e facilita la propensione di una madre all' allattamento, cosa utilissima ovunque, ma soprattutto in Africa e Sud America, dove il latte artificiale va subito in avaria a causa delle alte temperature. Fautrice convinta del metodo canguro, la dottoressa Lincetto, con il patrocinio dell'Oms, ha persino creato una mailing list internazionale di pediatri che vogliono dare il loro apporto, il network "Kangaroo Mother Care" (per informazioni rivolgersi alla sede Oms di Ginevra, ndr), e che si ritrovano in congresso con cadenza biennale (il prossimo si terrà a Giakarta dal 22 al 25 novembre 2000). Ma come si spiega tanto interesse, anche nei Paesi industrializzati, per una tecnica che si direbbe superata dagli attrezzatissimi ospedali occidentali? Ce lo spiega la dottoressa Beatrice Dalla Barba, responsabile del nido dell'ospedale pediatrico di Padova, uno dei pochi in Italia ad aver adottato, insieme alle tecniche tradizionali, quella del canguro. «Venti anni di studi hanno dimostrato che i prematuri trattati con questo metodo non solo godono di un calore, quello dei corpo materno, molto più naturale rispetto a quello dell' incubatrice, ma conquistano prima degli altri un respiro e un'ossigenazione regolare. E non è tutto: i bimbi che hanno fruito di mamme canguro sono, anche nel lungo periodo, più tranquilli e piangono meno. Qui a Padova ci sono delle stanze apposite dove le madri dei prematuri possono tenere i propri bimbi in braccio o porli in incubatrice a loro discrezione. La durata della terapia varia in base alla disponibilità della mamma e, naturalmente, alle condizioni del piccolo. Anche la postura del canguro giova: il bimbo che nasce pretermine non si è ancora completamente sviluppato, quindi non ha ancora raggiunto quella posizione raggomitolata tipica dei neonati che ormai non trovano più spazio nella pancia della mamma. Per lui è perciò più naturale stare semi-disteso in braccio. Così, a poco a poco, una tecnica nata per contrastare le carenze sanitarie nei Paesi in via di sviluppo ha preso piede anche in Inghilterra, Francia, Svezia e Italia: oltre a Padova, a Roma e a Trieste. «Il diffondersi del canguro», continua Dalla Barba «sta andando di pari passo con una tendenza che in medicina è sempre più considerata, e cioè l'umanizzazione, per quanto è possibile, delle terapie (ricordate il film Patch Adams nel quale un Robin Williams-clown regalava il sorriso a dei piccoli malati?). La pratica del canguro, infine, ha una ripercussione psicologica estremamente positiva sulla madre del bimbo nato pretermine». Maria Maggi, una "mamma canguro", sintetizza così la sua esperienza: «All' inizio avevo paura a tenere in braccio Christian, era così gracile. Temevo di fargli male e così preferivo delegare alla macchina il compito di scaldarlo, accudirlo. E, man mano che i giorni passavano, questo senso di inadeguatezza mi paralizzava sempre più, guastando i miei rari contatti col suo corpicino. Poi, la svolta: tenerlo avvolto sul mio ventre, solo con quella testina che spuntava, mi ha aiutato a diventare più disinvolta, sicura, e i nostri corpi sono riusciti finalmente a comunicare». «Sa qual è la cosa più bella?», annuncia la dottoressa Dalla Barba. «E' che sempre più papà stanno scoprendo il piacere di tenere il bimbo a contatto col proprio corpo: nel mio reparto, infatti, abbiamo avuto anche dei... papà canguro! ».
Tratto da "Gioia" 

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