l’obiettivo é di forzare tutti ad una vaccinazione obbligatoria
Una volta capito (e speriamo che alla fine ci siano arrivati anche quelli più “gnucchi”) che tutto questo circo è stato creato ad arte con l’obiettivo di forzare tutti ad una vaccinazione obbligatoria annuale, senza la quale non potremo più esercitare la nostra professione, mandare a scuola i nostri figli o semplicemente prendere un aereo o un treno... e preso atto della totale complicità in questo sfacelo di politici corrotti, giornalisti prezzolati, medici servi e pecore obbedienti... le soluzioni che restano a noi persone “normali” ma attente ai nostri diritti costituzionali, sono poche.
La prima è combattere a testa alta, perseguendo le vie legali, democratiche, civili a nostra disposizione. Che è ciò che abbiamo fatto in questi mesi, pagando di persona subendo provvedimenti disciplinari o multe e sanzioni a vario titolo. Con risultati però vicini allo zero.
La prima è combattere a testa alta, perseguendo le vie legali, democratiche, civili a nostra disposizione. Che è ciò che abbiamo fatto in questi mesi, pagando di persona subendo provvedimenti disciplinari o multe e sanzioni a vario titolo. Con risultati però vicini allo zero.
Perché quando vinci ben quattro ricorsi al TAR contro l’obbligatorietà vaccinale, e per la trasparenza delle decisioni governative e del comitato tecnico scientifico, ma nessuna TV o quotidiano nazionale ne dà notizia, capisci che stai perdendo, e che l’unica via sarebbe quella di una rivolta di piazza non più civile, democratica o legale. Ma capisci anche che probabilmente questo è proprio ciò che vogliono, e che se ti presti al gioco anche le ultime minime riserve costituzionali (già duramente calpestate dagli assurdi DPCM natalizi) andrebbero a cadere, accelerando il processo di lesione dei nostri diritti.
La seconda via è invece quella di comportarsi come se non esistessero. Vivere giorno per giorno continuando a fare progetti, ad amare, a piantare alberi, a ristrutturare casa, a investire sui propri figli e sulle proprie conoscenze, a comprare libri, a fare corsi... e dove e quando si può abbracciandosi e guardandosi in faccia. Può essere che in questo contesto la forza di milioni di persone che non hanno più paura di vivere (e di morire), e che non perdono ore a cercare di capire tra cervellotici decreti se il 27/12 il ragazzo quindicenne potrà o meno venire a trovare i nonni, possa essere più potente di tante vittorie (di Pirro) legali.
Potremmo chiamarla la “forza dell’indifferenza”. Una forza che nasce dal non dare più valore al loro circo mediatico.
Il Bullo, il prepotente di turno, non si umilia menandolo più forte. Lo si riporta al suo misero livello restando indifferenti alle sue sciocche provocazioni. Rendendolo così ridicolo.
Noi siamo ancora vivi, loro sono già morti. Morti dentro, poiché desiderano un mondo senza vita, senza abbracci, senza sorrisi, senza amicizie, senza socialità, senza condivisione, senza amore. Se dovremo morire, moriremo. Ma a loro, di noi, non resterà nulla. Che restino con i loro amati delatori, i loro giornalisti schiavi e i loro ignobili e deliranti decretini settimanali, schiacciati dalla paura della morte. A che serve vivere se sei già morto dentro?
Noi saremo altrove, abbracciati, ad amarci intensamente e a suggere dalla vita il suo miele fino all’ultima goccia.
Come canta De André, nella “ballata dell’amore cieco” in cui una donna crudele per vanità fa suicidare colui che la ama. Ma poi, presa da sgomento, lo vede: “morir contento e innamorato, quando a lei nulla era restato: non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene”. È lo stesso sgomento che auguriamo a chi ci ha tolto affetti, vita, abbracci, gioco.
Continuiamo la nostra vita, indifferenti verso chi ci vorrebbe proni, togliendo così potere a chi se lo è indegnamente autoassegnato, con la scusa dell’emergenza, per toglierci libertà e diritti.
Non siamo soli. Siamo in tanti. Ce la faremo.
Intanto, una canzone, come un dolce meme, in questo giorno speciale continua a girarmi in testa, e fa:
La seconda via è invece quella di comportarsi come se non esistessero. Vivere giorno per giorno continuando a fare progetti, ad amare, a piantare alberi, a ristrutturare casa, a investire sui propri figli e sulle proprie conoscenze, a comprare libri, a fare corsi... e dove e quando si può abbracciandosi e guardandosi in faccia. Può essere che in questo contesto la forza di milioni di persone che non hanno più paura di vivere (e di morire), e che non perdono ore a cercare di capire tra cervellotici decreti se il 27/12 il ragazzo quindicenne potrà o meno venire a trovare i nonni, possa essere più potente di tante vittorie (di Pirro) legali.
Potremmo chiamarla la “forza dell’indifferenza”. Una forza che nasce dal non dare più valore al loro circo mediatico.
Il Bullo, il prepotente di turno, non si umilia menandolo più forte. Lo si riporta al suo misero livello restando indifferenti alle sue sciocche provocazioni. Rendendolo così ridicolo.
Noi siamo ancora vivi, loro sono già morti. Morti dentro, poiché desiderano un mondo senza vita, senza abbracci, senza sorrisi, senza amicizie, senza socialità, senza condivisione, senza amore. Se dovremo morire, moriremo. Ma a loro, di noi, non resterà nulla. Che restino con i loro amati delatori, i loro giornalisti schiavi e i loro ignobili e deliranti decretini settimanali, schiacciati dalla paura della morte. A che serve vivere se sei già morto dentro?
Noi saremo altrove, abbracciati, ad amarci intensamente e a suggere dalla vita il suo miele fino all’ultima goccia.
Come canta De André, nella “ballata dell’amore cieco” in cui una donna crudele per vanità fa suicidare colui che la ama. Ma poi, presa da sgomento, lo vede: “morir contento e innamorato, quando a lei nulla era restato: non il suo amore, non il suo bene, ma solo il sangue secco delle sue vene”. È lo stesso sgomento che auguriamo a chi ci ha tolto affetti, vita, abbracci, gioco.
Continuiamo la nostra vita, indifferenti verso chi ci vorrebbe proni, togliendo così potere a chi se lo è indegnamente autoassegnato, con la scusa dell’emergenza, per toglierci libertà e diritti.
Non siamo soli. Siamo in tanti. Ce la faremo.
Intanto, una canzone, come un dolce meme, in questo giorno speciale continua a girarmi in testa, e fa:
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