APPROPRIAZIONE INDEBITA.. BOOMERANG
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Asset russi per sostenere Kiev, l’Italia tra i Paesi più a rischio di ritorsioni da parte di Mosca. Che può confiscare 15 miliardi
Secondo il Kyiv School of Economics Institute, ricorda il Financial Times, nel 2024 le aziende occidentali detenevano almeno 127 miliardi di dollari di attivi nel Paese. Nel mirino filiali operative, dividendi e investimenti finanziari oggi bloccati in conti sotto il controllo delle autorità russe
Austria, Germania e Italia, che insieme al Belgio sono i Paesi europei con più attività in Russia, hanno sempre più timore che il Cremlino concretizzi le ritorsioni annunciate contro le aziende occidentali nel caso il Consiglio europeo concretizzi la decisione di utilizzare i depositi russi presso Euroclear per sostenere l’Ucraina. A scriverlo è il Financial Times, che individua le capitali più caute rispetto all’operazione sulla base degli asset detenuti a Mosca: in testa ci sono gli Stati Uniti con circa 35 miliardi, seguiti appunto da Austria (23), Germania (17), Italia (15), Francia (11), Svizzera (9), Ungheria (6), Gran Bretagna (4) e Paesi Bassi (4).
È bastato che la scorsa settimana l’Ue stabilisse di mantenere congelati a tempo indeterminato 210 miliardi di euro di beni sovrani russi perché Mosca parlasse di “furto di proprietà” e annunciasse una risposta durissima, inclusa la confisca dei beni occidentali ancora presenti nel Paese. Secondo il Kyiv School of Economics Institute, ricorda il Ft, nel 2024 le aziende occidentali detenevano almeno 127 miliardi di dollari di asset in Russia e il Cremlino ha già sequestrato o congelato i beni di almeno 32 società, causando perdite per almeno 57 miliardi di dollari.
Se da Bruxelles arrivasse ora un ulteriore passo in direzione del maxi prestito a Kiev finanziato con i proventi generati da quei beni, nel mirino di Mosca potrebbero finire filiali operative, dividendi e investimenti finanziari oggi bloccati in conti sotto il controllo delle autorità russe. Un’ex funzionaria della banca centrale, Alexandra Prokopenko, conferma al quotidiano finanziario che questi fondi rappresentano “uno degli assi nella manica di Mosca” e potrebbero essere rapidamente trasferiti al bilancio statale in caso di escalation. Va ricordato che un decreto firmato da Vladimir Putin a settembre ha introdotto una procedura accelerata di nazionalizzazione, pensata esplicitamente come risposta ad “atti ostili” come il congelamento degli asset russi all’estero.
L’Italia è tra gli Stati in prima linea. In Russia operano 314 aziende italiane, ha ricordato nei giorni scorsi Matteo Salvini, avvertendo che “a Bruxelles qualcuno sta scherzando col fuoco”. In prima linea c’è UniCredit, il cui amministratore delegato Andrea Orcel ha ricordato in un’audizione al Senato che circa 3,5 miliardi di euro di capitale della banca restano bloccati in Russia. Un’eventuale nazionalizzazione, ha spiegato, costituirebbe una violazione del diritto internazionale, ma lascerebbe comunque gli asset esposti a un lungo contenzioso. Il governo italiano formalmente ha sostenuto la decisione europea di congelare i beni russi, ma ha espresso preoccupazioni sui rischi legali ed economici legati al loro utilizzo diretto per finanziare l’Ucraina.
Dal canto suo il Belgio, che ospita Euroclear – il depositario che custodisce la gran parte degli asset russi congelati – chiede garanzie finanziarie e legali “illimitate” agli altri Stati membri, giudicate però irrealistiche da molte capitali. Secondo i funzionari belgi Euroclear sarebbe la prima vittima di potenziali ritorsioni, visto che circa 17 miliardi di euro di asset dei suoi clienti sono ancora immobilizzati in Russia.
Il Fatto Quotidiano
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