La Politica e l’Anti-politica. Il Vero e il Falso. E le “Regole di Beppe Grillo”.
di Sergio Di Cori Modigliani
La Politica e l’Anti-politica. Il Vero e il Falso. E le “Regole di Beppe Grillo”.
L’immaginario collettivo della nazione, teledipendente e acritico, si muove a ondate modaiole da sempre, gettandosi a capofitto, come di consueto, in quell' italianissimo guazzabuglio di pensiero unico omologato che è sempre stato il confronto/scontro tra guelfi e ghibellini.
Uscire da questo binario forzato per topi da laboratorio, rimane il primo punto fondamentale di una auspicata rivoluzione culturale che rimane tappa fondamentale per riuscire a poter cominciare a crescere come collettività di cittadini liberi.
L’intero sistema mediatico è strutturato, in Italia, in modo tale da spingere l’utente a partecipare sempre e soltanto a condizione di porsi come tifoso partigiano, per consentire dei meccanismi di identificazione facili da strutturare (e quindi manipolabili) e garantirsi così il consenso nel nome di principii astratti, teorie, bandiere, divise da indossare, che ruotano intorno alla costruzione immediata di un ghetto culturale, miope e ottuso, che esclude –in quanto ghetto- chiunque tenti, cerchi o provi una qualsivoglia forma di elaborazione, argomentazione, magari una contestazione di merito, che possano contribuire ad avviare delle riflessioni ad uso della collettività. Se oggi, novembre 2012, ci troviamo in una esasperante condizione di totale sbandamento della nazione, è dovuto in grandissima parte al trionfo di questo principio basico dell’immaginario collettivo, vero e proprio trionfo delle oligarchie che gestiscono il potere nel nostro paese; basterebbe un semplice ed elementare esempio: non c’è stata nessuna forza politica, nessun soggetto politico, nessun intellettuale, nessun economista, nessun gruppo organizzato, movimento, partito o associazione che, negli anni’90, abbia lanciato e avviato con forza, nel paese, una discussione generale con un tema facile facile da porre, come necessaria e unica domanda: “A noi italiani, e all’Italia come nazione, conviene entrare a far parte dell’euro?” Gli italiani hanno aderito all’euro e la domanda è stata posta soltanto nel giugno del 2011, con 15 anni di ritardo. Il dibattito è diventato ben presto avvilente, come sarebbe avvilente e tragicamente ridicolo se oggi gli aquilani si riunissero per discutere se è il caso o meno di attuare un piano di ristrutturazione edile e di prevenzione per evitare che venga danneggiato il centro storico, scomparso tra le macerie nel 2009.
La nuova moda è’ finita nel solito calderone guelfi/ghibellini creando due fronti “religiosi”; da una parte “morire pur di salvare l’euro”, dall’altra “moriamo se non usciamo dall’euro”. Due posizioni estreme e irrazionali, entrambe stupide e prive di significato, perché portate avanti, fondamentalmente, su basi irrazionali emotive, logiche settarie pilotate e gestite da demagoghi, furbi, furbetti e furboni di varia natura, età, genere, censo e professione, che hanno trovato il cavallo giusto da cavalcare per tirare la volata al proprio specifico padrone, partito, associazione e, strada facendo, dilettarsi nello sport in cui siamo campioni olimpionici: ottenere un vantaggio personale, anche solo per soddisfare il proprio narcisismo, sull’onda del tifo. Scoperto il nuovo sport italiota guelfo/ghibellino, poiché si tratta di una materia che implica la conoscenza tecnica di alcuni meccanismi e dispositivi economici, sono tutti diventati economisti, tutti esperti addirittura in quei complicati micro aspetti di una materia di cui a nessuno è mai importato nulla finora. Va da sé, neppure a dirlo, ciascuno con la propria teoria unica e santa, con il talk show giusto al quale partecipare, con le proprie pagine specifiche su facebook, dove non esiste confronto, se non la pura e semplice auto-referenzialità esaltata, utile a confermare la propria aderenza fideistica a quel vessillo.
E così gli italiani hanno scoperto, con qualche centinaio di anni di ritardo, che esistono le banche potenti e impietose; hanno scoperto con circa quaranta anni di ritardo che la propria classe politica è immonda; hanno scoperto con ottocento anni di ritardo che esistono le dinastie dei signori aristocratici regionali che usano il territorio, il danaro, le risorse umane, come loro esclusiva proprietà e dominio e non intendono in alcun modo che i loro patrimoni e ricchezze vengano intaccati neppure di un grammo; scoprono all’improvviso dopo sessant’anni, che la Fiat è una struttura finanziaria immorale, anti-italiana, del tutto indifferente al destino della nazione, che ha alimentato, inventato e collettivizzato l’idea base della corruzione facendone la propria bandiera, infettando l’intero sistema politico-industriale del paese; infine, cominciano poco a poco a scoprire adesso, con cinquanta anni di ritardo, (novità post-mediatica) che i guru televisivi e i colonnelli della cupola mediatica asservita, sono dei semplici funzionari e impiegati di quella classe politica immonda e di quelle banche impietose, e così via dicendo. Gli italiani vengono a scoprire adesso, nell’autunno del 2012, che il 25 aprile del 1945 è finita una guerra che l’Italia, distrutta e devastata e messa in ginocchio da vent’anni di fascismo, aveva perso; ragion per cui è stata obbligata a pagare durissime sanzioni, danni di guerra, micidiali interessi, mascherati in parte sotto “il piano Marshall” che agli italiani è stato fatto credere fosse stato un regalo degli anglo-americani per ringraziarli del fatto che l’Italia aveva dichiarato loro guerra, aveva ucciso i loro soldati e voleva impossessarsi delle loro ricchezze. E invece ce l’hanno fatta pagare, presentando il conto, genialità mediatica della classe politica italiana, mascherato da qualcosa di diverso. Gli Italiani scoprono oggi che la nazione non è sovrana, che il Vaticano non ha mai pagato né pagherà mai alcuna tassazione sui suoi beni e che sono sempre stati ingannati dai propri rappresentanti politici perché non vi è mai stata alcuna elaborazione sui fatti storici avvenuti in termini di realtà oggettiva.
Oggi, gli italiani, sembrano accorgersi di tutto ciò.
Eppure, nonostante questi vagiti di consapevolezza collettiva, gli italiani insistono e persistono nel seguitare a partecipare volontariamente allo stesso identico gioco di sempre.
Sull’onda delle nuove recenti mode, vengono usati termini come Politica e Anti-politica, ormai diventati francobolli mediatici buoni da appiccicare –in un senso o nell’altro- agli avversari membri del club, loggia, setta, associazione o movimento, diverso e/o opposto al proprio, perpetrando un gioco delle parti che serve soltanto ai rappresentanti delle oligarchie dominanti.
Politica è una parola semplice ed elementare: “scienza o arte o attività che definisce l’esercizio del bene comune nel perseguire le esigenze della collettività”. Il ”Politico” è colui/colei che “riceve dai cittadini una delega formale e legale per rappresentare le istanze, esigenze, bisogni e desideri di una intera comunità”. Fine della definizione.
Tutto ciò che esula “dall’interesse collettivo e dall’esercizio di una azione personale che va identificata come proiezione e sintesi della volontà collettiva” viene situata all’infuori della politica. E’ per l’appunto “Anti-politica”.
La confusione che oggi regna è tale per cui viene chiamata “anti-politica” una idea, una teoria, un atteggiamento, un humus. Mentre “anti-politica” ha un suo Senso Oggettivo. Lo ripeto: “tutto ciò che non riguarda la collettività bensì è riferito a singolo o singoli”.
Quindi, coloro che non si occupano della cittadinanza perché perseguono un fine soggettivo (sia individuale o gruppale) non si stanno occupando di politica, bensì di qualcosa d’altro.
Il tornaconto personale è la “non-politica”. Non si tratta né di morale né di etica. Si tratta di etimologia, di logica del Senso.
Bisogna ritornare a definire le cose con il loro nome, per ciò che esse sono.
Il solo fatto di far credere ai lettori che un quotidiano (prendo uno a caso) come “Il Foglio” si occupi di “politica” è un FALSO. Notoriamente è gestito da persone che rappresentano interessi privati, il cui obiettivo – con l’aggravante per l’intelligenza degli italiani di essere dichiarato, pubblico e documentato- consiste nel salvaguardare le rendite di posizione di specifiche famiglie e dinastie. E questo vale per tutti gli altri. Compresa la Rai che è “il regno dell’Anti-politica”.
Non è certo un caso che le discussioni, analisi, dibattiti sui risultati elettorali delle elezioni in Sicilia siano stati per lo più argomentati in maniera anti-politica.
Qui di seguito c’è il commento di un mio lettore, un siciliano per bene, che nel mio blog si firma Nino P. In maniera molto chiara ed elementare ha presentato la situazione reale elettorale siciliana:
PD: 505.922 voti nel 2008
257.274 voti nel 2012
Il calo è del -49%, pari a 248.648 voti in meno.
UDC: 337.108 voti nel 2008
207.827 voti nel 2012
Il calo è del -38%, pari a 129.281 voti.
PDL: 901.503 nel 2008
247.351 nel 2012
Il calo è del -73% in meno, pari a 654.152 voti persi.
M5S: 46.895 nel 2008
285.202 nel 2012
L’incremento è di un +512% pari a 238.607 nuovi voti conquistati.
Il PD, UDC e PDL insieme hanno perso 1.032.211 voti, solo in parte recuperati dai 5 Stelle. Mancano all'appello ben 793.504 voti.
Invece di fare polemiche sterili o trionfalismo fuori luoghi, i nostri politici dovrebbero cercare di capire come fare a recuperare la fiducia degli elettori. Lo slogan di Nello Musumeci era: io mi fido di voi.
Ebbene gli elettori, senz'altro più maturi e disincantati, hanno mostrato chiaramente che non si fidano più di loro!
Il risultato quindi equivale a una sconfitta storica dell’intera classe politica italiana (nessuno escluso, né a destra né a sinistra) e presenta come novità l’affermazione del movimento di Beppe Grillo.
Non esiste nessun altro tipo di lettura, perché “le cifre” e i “documenti oggettivi” sono, per l’appunto, politici. Qualunque affermazione contraria a questa non è utile alla collettività, è “anti-politica”, che piaccia o non piaccia.
Questo enorme preambolo era per introdurre la mia opinione sulla esternazione di reprimenda da parte di Beppe Grillo nei confronti di una candidata appena eletta che ha scelto di andare in televisione partecipando a un talk show. La persona in questione è un attivista del M5s (altrimenti non avrebbe potuto essere eletta) di conseguenza ha aderito a un programma, a un codice collettivo, a delle regole di comportamento che non sono “etiche o morali” bensì squisitamente politiche, il che è diverso. Si è quindi impegnata, a nome della collettività, ad interpretare esigenze della comunità. L’idea base di Grillo è “politica”, ovverossia ruota intorno al concetto di “gestione comune della cosa pubblica al servizio della collettività”. In Italia non esiste rete televisiva che si occupi di “politica”, perseguono tutte interessi privati. Tutte hanno aderito, pur con sfumature diverse, in maniera consociativa, al principio di promozione del concetto di “visibilità”, inteso come anticamera narcisista dell’Anti-politica. Beppe Grillo ha smascherato dall’inizio l’intera cupola mediatica televisiva italiana come “il regno dell’Anti-politica”.
In conseguenza della sua interpretazione ha stabilito il divieto per gli eletti di partecipare a dibattiti televisivi. E’ un fatto notorio.
E’ un atto politico, non è un vezzo isterico.
E’ una linea politica.
Chi aderisce ad un partito (o un movimento) ne deve condividere la linea politica. Ma bisogna saperla riconoscere e condividere (e qui si apre il mondo del “voto secondo coscienza”!)
Chi sostiene che, in questo specifico caso, Grillo sia isterico o dittatoriale, sbaglia (se è in buona fede) oppure cerca di fare il furbo manipolatore (se è in malafede).
Si tratta di POLITICA.
Il M5s, in questo momento, è l’unica realtà immune dall’Anti-politica.
Forse finirà come gli altri.
Non lo sappiamo. Non si può dire. Gli eletti meritano il credito sulla fiducia: questa è la scommessa.
Noi non possiamo che sperare rimangano Politici.
La candidata eletta che ha commesso questo atto ha compiuto un gravissimo errore dimostrando, da subito, di non essere persona rispettosa delle “regole comuni” (base della Politica).
In Politica, la severità civica è la Somma Virtù. E’ la garanzia per la collettività.
Non c’entra nulla la dittatura, anzi.
L’Italia è stata messa in ginocchio dalla ”videocrazia” gestita in totale consociativismo.
La scelta di Beppe Grillo è molto chiara e netta: ha smascherato la Grande Truffa dell’Italia: la videocrazia oppiacea delle oligarchie del privilegio.
Se uno non lo capisce, allora è meglio che non si candidi neppure nel M5s.
E, se cominciano ad andare in video pure loro, allora vuol dire che anche il movimento di Beppe Grillo sta scegliendo l’Anti-politica.
Tutti a casa a seguire i gladiatori al grande Colosseo della Vanità Narcisista, facendo il tifo per l’uno o il tifo per l’altro.
Tanto a decidere se il pollice è verso l’alto o verso il basso, sarà sempre Cesare. Perché l’ultima parola è sempre quella dell’Imperatore.
Per fare Politica, oggi, e farla come opposizione, c’è soltanto un’unica maniera e un’unica possibilità: disinnescare il meccanismo perverso che ha devastato la nazione, ovverossia sottrarsi al balletto narcisista di chi gestisce l’Anti-politica. Per chi fa politica, non comparire in televisione è, oggi, in Italia, un Atto Politico micidiale.
Chi conosce i media italiani, sa che le cose stanno esattamente così.
Tutto il resto sono chiacchiere dei cultori dell’Anti-politica.
I dati elettorali parlano chiaro e sono incontrovertibili.
I siciliani, la svegliata se la sono data.
Comunque vogliate vedere le cose, le cifre parlano chiaro.
La considero un’ottima notizia Politica.
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