giovedì 13 dicembre 2012

Odio questo paese: riflessioni di un giovane italiansinfuga


Dopo mesi e mesi di introspezione, fra i vari viaggi in treno, fra la fedele puzza di orina che ti accoglie in stazione centrale tutte le mattine e fra varie letture di gente coraggiosa, di gente che stimo, sono arrivato a questa semplice, e per alcuni “ingrata” conclusione.

Ora: che io me ne volessi già andare, che io avessi scoperto già da un po’ che il mondo è troppo grande e bello per perdersene un pezzetto, che io avessi realizzato che ci sono talmente tante persone, culture diverse, luoghi da vivere ed esperienze da fare, che io

avessi da tempo realizzato che sposarsi a vent’anni, far nascere dei figli a ventiquattro e lavorare fino ai sessanta (?) per poi finire ad asserire tutti i giorni il ben noto “si tira avanti” con gli altri anziani, che io avessi realizzato da tempo che quella non è esattamente la vita che vorrei, questo era già noto. Sì.
Passare tutta la vita in un cupo paese di periferia, senza mai mettere il naso fuori dalla campana di ignoranza che ti circonda, senza mai darsi neanche la pena di sapere che là
fuori ci sono altre culture, altri valori, altre cose da imparare e vivere, no, non è la mia aspirazione nella vita.

Che io odiassi il mio paese, questo non era altrettanto noto. Era sconosciuto anche a me stesso. Fino ad oggi. A questo punto della riflessione potreste davvero pensare ch’io sia davvero un ingrato, e probabilmente ne avreste anche un po’ il diritto.

Ma:

Non è l’Italia che odio. Non il paese dei patrimoni dell’umanità, non il paese di Dante e Petrarca, non il paese della dieta mediterranea. Non quello. Quello è uno dei paesi più belli del mondo. E’ il mio paese, ed io sarò sempre e comunque un italiano.
Quello che odio è il lupo, nascosto dietro al travestimento di agnello. Quello.
Odio l’Italia dei pregiudizi, l’Italia del sistema corrotto, l’Italia derisa dal Sun in prima pagina.

L’Italia dei politici che promettono e parlano e mangiano sulla schiena dolorante di mia madre e di mio padre, sulle schiene di persone che se la passano anche peggio e gridano “Abbiamo fame”. L’Italia dei ricercatori neolaureati costretti a scappare all’estero. “Non ci sono soldi per finanziare la ricerca”, dicono.

L’Italia dei sogni chiusi nel cassetto e destinati a rimanere lì.
L’Italia della gente che incontro in treno, che non sa se riuscirà mai a vedere la pensione.
L’Italia di chi è già scappato, per garantirsi un futuro o garantirlo ai propri figli.
L’Italia di chi resta.
L’Italia del laureato che lavora come commesso o lavapiatti, raggirato dalla convinzione che “sei già fortunato ad avercelo, un lavoro. Accontentati.”
L’Italia del “L’importante è che c’è la salute” e del “e che ci possiamo fare..”.

L’Italia radicata in una mentalità vecchia di cent’anni, in preconcetti medievali, l’Italia che si è dimenticata di che cosa significhi osare, avere dei sogni, provarci, perché qualcuno gli ha detto che oramai non si può più sognare.
L’Italia unita, unita dal pregiudizio e dall’ignoranza, dalla disinformazione.
L’Italia razzista, dove nel 2011 due innocenti vengono uccisi perché macchiati della colpa d’essere senegalesi.
L’Italia che scivola sempre di più nel baratro, trascinata a fondo dalla corruzione, dalla mafia, dall’ignoranza, dalla politica, dagli italiani che conoscono solo il lamentarsi e poi continuare la loro vita senza batter ciglio.
La mia Italia. L’Italia di chi è conscio già da tempo di tutte queste cose e se le ritrova piombare addosso in una sera milanese passando di fianco ad un coro natalizio all’ingresso della stazione.
Questa è l’Italia che odio.
Non so ancora bene quale sarà il mio spazio nel mondo, ma so che è il percorso che conta. E se il mio percorso non potrà iniziare in questo paese, inizierà in un altro.
Io sono Luca, ho 19 anni, e ai miei sogni non ci rinuncio. 

fonte www.italianinfuga.com 2011-12-20