"I BUONI"

Certo, da qui al 10 maggio prossimo, quando Giuseppe Culicchia e Goffredo Fofi lo presenteranno al Salone del libro di Torino, ci sarebbe tutto il tempo per curare e anestetizzare la ferita. Ma il problema de "I Buoni", il nuovo romanzo di Luca Rastello che Chiarelettere manda nelle librerie venerdì prossimo, è che entra come una lama affilata nella colomba tutta glassa e canditi della sinistra catto-chic. Con una storia scandalosa e personaggi ben riconoscibili non solo a Torino, la città dov'è ambientato.


La protagonista è una ragazza di nome Aza, che arriva dall'Est europeo e finisce in una Onlus delle più conosciute e apprezzate in Italia. Ad accoglierla trova don Silvano, un mezzo santo con il maglione consumato e lo sguardo dolente, vicino ai poveri e agli emarginati, ma anche al Palazzo, ai politici, ai magistrati e alle rockstar più in voga.
Tra i due si instaura un rapporto "complicato" e altro è bene non anticipare, se non che la storia narra anche di ingiustizie e illegalità commesse da personaggi insospettabili. Per questo in una certa Torino i pettegolezzi, e le ansie, sono già ai massimi livelli.
Le copie-staffetta del romanzo di Rastello stanno turbando il dolce trantran di varie redazioni, specie quelle di "sinistra", anche perché l'autore è un giornalista di Repubblica e ha una lunga esperienza personale nel mondo del volontariato.
Insomma, non sarà facile maneggiare il romanzo politicamente scorretto di uno che non è certo intestabile alla famigerata "Macchina del fango". L'unica maniera, forse, sarà quella di far finta di niente e continuare a domandarsi chi diavolo sarà mai questo Don Silvano. Fonte

Là dove ogni ottica classista è stata rimossa, là dove il concetto di lotta di classe è stato abolito, là dove ormai regnano soltanto carità cristiana, legalitarismo e denuncia dell’ingiustizia senza ricorso all’unità e alla rivolta degli oppressi… là può serenamente regnare l’empietà. Nella sua forma peggiore e nell’ipocrisia più assoluta.
In questa piaga purulenta Luca Rastello ficca il dito. E lo gira. E fa male.
Lo scandalo per lui è reale e doloroso.
Il peccato e il male esistono.
Il Male assoluto travestito da Bene assoluto.
Lo Spirito che si fa carne. Corrotta.
E come un antico cataro urla la sua denuncia.
E’ un urlo assordante e allo stesso tempo pacato quello di Luca.
La rivolta che sgorga dal cuore di chi non vuole levarsi al di sopra, ma che, umanamente si accolla la sua parte di responsabilità.
Ma rigira il dito nella piaga, Luca.
E fa urlare. I potenti.
Giornalisti dal nome altisonante.
Inquisitori incanutiti e irranciditi nella caccia di colpe là dove, spesso, non ci sono.
Critici che non vogliono la critica dell’esistente.
Uomini che vogliono soltanto i “nomi”.
Che nei fatti narrati sanno riconoscere i nomi, ma non la sostanza.
Perché la sostanza fa paura, soprattutto quando attraverso la letteratura si avvicina alla verità.
Anche quando la verità dovrebbe rimanere inconfessabile.
Oppure rimanere custodita dallo sguardo dei servitori del dis/ordine.
Sempre, “c’è un poliziotto che guarda”.
Anche se il traditore non è soltanto uno e non è il nome famoso che tutti vogliono individuare.
No, il tradimento è di tutta una società, di tutto un ambiente fasullo e perbenista.
Fatto di riviste patinate e di giornali ben informati.
Costruito sul nulla delle buone intenzioni.
Che come sempre lastricano la strada per l’inferno.
Abbiamo bisogno di rimandare la lotta, Adrian, ma abbiamo bisogno anche di fingere di combattere, e di amare la lotta. Abbiamo bisogno di concedere a noi stessi ancora un brandello di questa vita che in fondo non ci impegna, di tenere un francobollo di orizzonte al fondo delle nostre giornate senza cuore. Ed è don Silvano che ce lo permette: lui garantisce che farà il lavoro al posto nostro. Tutti lo amano, i potenti, i belli, i celebri, e la suora che trema sotto il suo sguardo. Tutti sono orgogliosi di essere suoi amici. Perché lui cavalca con le insegne del bene. [...] E’ l’eroe di questo tempo, è la consolazione. Combatte lui la battaglia che noi non abbiamo tempo di combattere: non vincerai mai con lui, e neppure gli toglierai la maschera. Ci sarà una suora a impedirtelo, un politico, un cantante famoso e un ragazzo pieno di ideali. Lui è il polmone artificiale che li fa respirare anche quando l’aria è carica di acido e gas velenoso. [...] Noi siamo l’acqua in cui cresce la pianta, amico mio: lo difenderemo fino alla morte, pieni di gratitudine per il velo che mette tra noi e il mondo. Lascialo stare, don Silvano. Lui si nutre del disperato bisogno di conciliazione che nasce dalle nostre vite in cattività. Lui è la forma del mondo com’è.
Tu, perché lo servi?” “Perché io sono come loro. Mi credi migliore?” (pag. 191) Fonte


foto da
http://visioglob.blogspot.it/2011/07/monte-marcello-la-spezia-giugno-2011.html
http://altrarealta.blogspot.it/

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