“L’uomo dorme, solo la morte potrà svegliarlo”.

Un proverbio orientale afferma: “L’uomo dorme, solo la morte potrà svegliarlo”.

Sapere chi siamo, essere sé stessi, conoscere il proprio posto nel mondo ed agire in armonia con tutto questo dovrebbe essere l’obiettivo di tutti gli esseri umani ed anticamente in tutte le civiltà ogni aspetto della vita, dall’educazione, all’arte, alla religione, era finalizzato ad aiutare l’uomo su questo percorso evolutivo. Nella civiltà contemporanea tutto sembra essere orientato a rendere gli esseri umani sempre meno consapevoli e sempre più meccanici.

Come essere umano sei meccanico e tendi alla meccanicità.
Ripeti dei modelli di comportamento, se non sei nel presente, ma sempre proiettato nel domani e nelle sue preoccupazioni oppure nello ieri e nei suoi rimpianti.
Sei un individuo frazionato, in conflitto con se stesso, con mille Io e diecimila maschere.
Ti hanno insegnato a rafforzare la personalità piuttosto che ciò che vi è oltre. Non sei il padrone di te stesso, anche se credi di esserlo.
Basta osservarsi per capirlo. Cosa vuol dire essere padroni di sé stessi?
Vuol dire avere la capacità di superare le proprie paure, i propri conflitti, sviluppare una forza nuova, una nuova energia, uno stimolo alla vita.
Tu hai un potenziale vastissimo eppure ti riduci ad utilizzarne solo un’infinitesima parte.
Questo perché per usare le tue risorse non solo devi sapere come fare, ma soprattutto devi metterti a scavare per attingervi. Devi procurarti delle nuove attrezzature ed utilizzarle. Studiare nuovi progetti e cambiare il modo di pensare, mettere in discussione i tuoi schemi mentali e acquisire il coraggio di camminare verso nuovi orizzonti.

Ma non è facile riorganizzare le nostre categorie cognitive per accogliere nuove acquisizioni, soprattutto quando contrastano con la nostra esperienza diretta o con quanto ci è stato inculcato dalla nostra cultura, dalla nostra educazione, dalla nostra famiglia o dalla nostra religione.
In altre parole è molto difficile uscire dagli schemi legati tutto ciò che costituisce la nostra ‘normalità’, la nostra identità personale, la nostra fede. Il più delle volte solo dei forti traumi fisici o ‘shock’ emotivi riescono a sbalzarci fuori da questi bacini, scaraventandoci in remote ed inesplorate regioni della nostra psiche dalle quali non sempre è facile tornare indietro incolumi.
Chi fortunatamente riesce a farlo, il più delle volte non guarderà più il mondo con gli stessi occhi di prima: ormai ha aperto un varco nella barriera.

Un vero uomo o donna, è una persona che è riuscita a conoscere se stessa, il proprio potenziale evolutivo e che dopo avere combattuto contro gli ostacoli alla propria crescita sia riuscita a trovare il proprio giusto posto nel mondo. Innanzitutto per essere “vero” un uomo deve conoscere se stesso: anche se molti credono di conoscersi in realtà la conoscenza di sé è frutto di un duro lavoro e questo processo può iniziare soltanto realizzando di non conoscersi affatto. E’ necessario liberarsi dagli schemi psicologici e culturali imposti dall’esterno e che impediscono la conoscenza di sé in quanto impongono alla nostra coscienza fin dall’infanzia dei modelli a cui conformarsi.

Per conoscere bisogna iniziare ad osservare. Osservare dentro di noi attentamente ed accettare tutto ciò che si vede, come se aprissimo il cofano di un’automobile e guardassimo dentro il motore annotando ogni cosa. Quest’impresa, riferita a sé stessi, è assai più ardua di quanto sembrerebbe: infatti osservare deve andare di pari passo con accettare ciò che si vede. Dentro di noi abbiamo cose positive e negative, ma quando vediamo cose che non ci piacciono come rabbia, avidità, impotenza ecc. una parte di noi si ribella perché non vuole abbandonare la bella immagine di sé che si era creata. Eppure non possiamo arrivare a conoscerci se non accettiamo quello che siamo nella realtà.

E’ più facile vedere gli altri che noi stessi ed è per questo che lavorare su di sé in un gruppo è fondamentale: gli altri ci fanno da specchio mettendoci di fronte continuamente agli aspetti di noi stessi che non vediamo. Inoltre è fondamentale la presenza di una guida che conosca le varie fasi di questo processo e che in ogni situazione possa dare le indicazioni giuste. E’ un lavoro faticoso e anche doloroso, ma andando avanti gradualmente si afferma in noi un diverso modo di essere: cioè ricordandoci di quello che abbiamo scoperto su di noi e che abbiamo imparato ad accettare, a volte dolorosamente, nella vita cominciamo a comportarci in modo diverso quasi senza accorgercene.

Questo cambiamento non può essere ottenuto con un’azione diretta come si vorrebbe fare all’inizio, ma avviene in modo impercettibile e sempre più profondo continuando nel lavoro di osservazione-accettazione.

I CENTRI DELL’UOMO
La tesi fondamentale di Gurdjieff è che l’uomo ha una quantità sorprendente di capacità che non utilizza. Siamo strutturati in modo assai complesso ed efficiente, ma pochi di noi sanno sfruttare le risorse mentali e fisiche della propria macchina. Per fare un passo in questa direzione l’unica strada è lo studio di sé. Se iniziamo ad osservarci possiamo fare una semplice classificazione delle nostre funzioni che ci faciliterà il compito.

COME SIAMO STRUTTURATI?
Innanzi tutto noi produciamo pensieri ed emozioni. Queste due funzioni sono diverse fra loro. Spesso pensiamo una cosa, ma ne “sentiamo” un’altra, oppure prendiamo una decisione intellettuale (ad es. “Devo studiare perché domani ho un esame”) contrastata da una forza emozionale (ad es. sensazione di incapacità e paura). Oppure sappiamo razionalmente che una persona è degna di rispetto, ma in noi desta una forte antipatia.

Queste funzioni, per comodità, li chiameremo “Centri”.
Abbiamo quindi un Centro Emozionale ed un Centro Intellettuale.

Gurdjieff indica poi altre due funzioni (o Centri): la Funzione Istintiva e la Funzione Motrice.

Quella Istintiva si riferisce al lavoro interno dell’organismo (pulsazione cardiaca, respirazione, digestione, ecc.) Nella funzione istintiva non esiste un vero e proprio “apprendimento”, nel senso che è propria della macchina umana sin dalle prime ore di vita e non subisce influenze esterne coscienti. La funzione Motoria (o Centro) regola i movimenti complessi del corpo: camminare, scrivere, gesticolare ecc. La funzione Motoria si è formata con l’apprendimento e l’educazione motoria ricevuta (pensiamo al bambino che impara a camminare).

Nell’osservazione di sé è importante dividere queste 4 funzioni. Ricapitoliamole.

Nella vita ordinaria questi Centri sono tutti meccanici.
Nel senso che non siamo consapevoli del nostro respiro (Centro Istintivo) del 95% dei nostri gesti (Centro Motorio) delle nostre reazioni emozionali (Centro Emozionale) e dei nostri pensieri (Centro Intellettuale).

La meccanicità o l’automatismo di questi Centri è facilmente sperimentabile. Ad esempio difficilmente scegliamo di sederci in un modo corretto oppure difficilmente riusciamo a non cadere nell’immaginazione intellettuale o emotiva, per non parlare dell’inconsapevolezza totale delle nostre funzioni istintive.

FACCIAMO UN ESPERIMENTO
Per fare un esperimento dell’automatismo del Centro Intellettuale è sufficiente decidere di vivere nel presente, nella consapevolezza di sé per la prossima mezz’ora. E’ sufficiente cercare di essere in ogni cosa che facciamo, senza allontanarci con il pensiero e facendo cose abituali e non straordinarie.

I nostri risultati saranno interessanti….. molto probabilmente ci dimenticheremo di questo esercizio o, nei migliori dei casi, vedremo che il pensiero meccanico (o immaginazione) ci allontanerà con forza dal presente e, senza neanche rendercene conto, saremo lontanissimi mentalmente dal luogo e dalle cose che stiamo facendo. Ripetendo l’esercizio, facendo dei continui sforzi per tornare al “qui e ora”, vedremo quante volte e quanto costa, in termini di fatica, portarlo a termine. Avremo così sperimentato la schiavitù dell’automatismo mentale a cui siamo sottoposti.

ED OGGI?
La nostra società attuale favorisce la crescita di due tipi di personalità, quella razionale e quella emotiva. Ma sappiamo che nessuna delle due può efficacemente affrontare la realtà, dovendo l’essere umano creare una sintesi dei due approcci per poter reagire alla diversità delle situazioni che si presentano.
Oggi la qualità del nostro automatismo è decisamente maggiore. Mentre da una parte la nostra evoluzione tecnologica ci conduce a nuovi tepori, offrendoci (con sforzi quasi nulli) tutto quello che ci serve in tempi rapidissimi, la nostra evoluzione coscienziale dorme sonni tranquilli in un letto ancora più caldo e morbido.

Eppure, per coloro che riescono a percepirlo in qualche barlume di semi-presenza, l’Energia di Risveglio continua a scorrere ed è a disposizione di coloro che riescono (anche solo per un attimo e con grandi sforzi) ad alzarsi dal giaciglio del meccanismo inconsapevole.
Ma per alzarsi vi è la necessità di capire che si è sdraiati.

http://www.visionealchemica.com/luomo-dorme-solo-la-morte-potra-svegliarlo/
http://altrarealta.blogspot.it/

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