mercoledì 5 agosto 2015

le piramidi di Giza...


GIZA E LA SUA FUNZIONE

La nostra conclusione, secondo la quale le piramidi di Giza furono costruite non dai faraoni ma dagli Anunnaki, millenni prima, contraddice ovviamente le teorie tradizionali sulle piramidi. La teoria proposta dagli egittologi del XIX secolo, per la quale le piramidi, compresa quella di Giza, sarebbero state costruite dai faraoni come tombe grandiose per loro stessi, è stata da tempo confutata: in nessuna di esse, infatti, è stato mai ritrovato il corpo del faraone al quale quella piramide viene attribuita. La Grande Piramide di Giza, per esempio, veniva fatta risalire a Khufu (Cheope), la sua gemella a un successore di nome Chefra (Chefre) e la terza, più piccola, a un altro successore, Menkara (Micerino): tutti e tre questi re appartengono alla sesta dinastia. La Sfinge poi, secondo gli stessi egittologi, deve essere stata costruita da Chefre,dal momento che sorge su una strada costruitaapposta per condurre alla seconda piramide. Per un certo periodo si è creduto di aver trovato le prove, nel-la più piccola delle tre piramidi, che fosse stato davvero Menkara ad averla fatta costruire. E questo perché un certo colonnello Howard Vyse e due suoi assistenti asserirono un bel giorno di aver scoperto all'interno della piramide la tomba e i resti mummificati di quel faraone. Tuttavia - gli studiosi lo sanno ormai da tempo, ma per qualche strana ragione stentano a rendere pubblica la notizia - né la bara di legno, né i resti dello scheletro sono risultati autentici. Qualcuno - senza dubbio lo stesso colonnello Vyse e i suoi amici - avevano portato dentro la piramide una bara che risaliva a circa 2.000 anni dopo l'epoca di Menkara, e ossa ancora più recenti, di epoca cristiana, mettendo in piedi una colossale frode archeologica. Una conferma ancora maggiore delle teorie correnti riguardo all'origine delle piramidi sembrava essere venuta dalla scoperta del nome "Khufu" scritto in caratteri geroglifici all'interno della Grande Piramide: ecco, dunque, secondo l'opinione dominante, la prova che fu veramente lui a far costruire quella piramide! Nessuno ha voluto considerare il fatto che a scoprire quell'iscri-zione fosse stato, nel 1837, lo stesso colonnello Vyse con i suoi as-sistenti. Nel libro Le astronavi del Sinai abbiamo raccolto prove sufficienti a dimostrare che quell'iscrizione era un falso, una truffa perpetrata dai suoi "scopritori". Alla fine del 1983, dopo aver letto quel libro, un signore venne da me con una serie di documenti di famiglia, i quali dimostravano che il suo trisavolo, un esperto muratore di nome Humphries Brewer, fu dapprima ingaggiato da Vyse per aiutarlo ad aprirsi un varco nella piramide usando polvere da sparo, e poi, avendo egli visto con i suoi occhi la truffa, e avendo protestato, fu espulso da quella località e costretto addirittura a lasciare l'Egitto! In

Le astronavi del Sinai abbiamo dimostrato come Khufu non possa essere stato il costruttore della Grande Piramide, poiché egli stesso ne parla come di un monumento già esistente in un'iscrizione posta su una stele che fece erigere nei pressi dell'area delle piramidi; quella stessa iscrizione nomina anche la Sfinge, che si riteneva fosse stata fatta costruire dal successore di Khufu. Vi sono inoltre testimonianze iconografiche che attestano senza ombra di dubbio che i faraoni della prima dinastia - molto anteriori a Khufu e ai suoi successori conoscevano già le meraviglie di Giza. La Sfinge, infatti, è chiaramente visibile sia in raffigurazioni del viaggio del re verso l'oltretomba (fig.38a), sia in una scena che rappresenta la sua investitura a opera di «esseri antichi» arrivati in Egitto a bordo di imbarcazioni (fig.38b).

Esaminiamo ora da vicino la ben nota tavola della vitto ria del primissimo faraone, Menes, che illustra la sua for zosa unificazione dell'Egitto. Da una parte egli è raffigura to con la corona bianca del l'Alto Egitto, mentre ne scon figge i capi e conquista le loro città. L'altro lato della tavola lo raffigura (fig. 39a) con addosso la corona rossa del Basso Egitto, mentre marcia attraverso i suoi distretti. Accanto alla sua testa, sulla destra, l'artista scrisse l'epiteto "Na-Mer", acquisito dal re; sulla sinistra si vede invece la struttura più importante di questi nuovi di-stretti appena conquistati: la piramide (fig. 39b).


È opinione unanime degli studiosi che la tavola riproduca molto realisticamente luoghi, fortificazioni e nemici incontrati da Menes nella sua campagna volta a unificare Alto e Basso Egitto; l'unico simbolo che sfugge a questa altrimenti precisa ricostruzione sarebbe proprio quello della piramide: a nostro avviso tale simbolo, come tutti gli altri presenti sulla tavola, non può che significare che quella struttura esisteva già, a quell'epoca, nel Basso Egitto. Possiamo dunque concludere che tutto il complesso di Giza - piramidi e Sfinge - esisteva già quando in Egitto cominciò la monarchia; a costruirlo, perciò, non furono, e non potrebbero es-sere stati i faraoni della sesta dinastia. Le altre piramidi d'Egitto - più piccole e primitive in con-fronto alle prime, e decisamente meno stabili, tanto che alcune caddero addirittura prima di essere completate - furono co-struite, esse sì, da vari faraoni; ma non come tombe o cenotafi (monumentali tombe simboliche), bensì a emulazione degli dèi. Era infatti assodato, nell'antichità, che le piramidi di Giza e la Sfinge che le accompagna indicassero la strada verso la Scala che porta al Cielo - ovvero il porto spaziale - nella penisola del Sinai. Poiché le piramidi dovevano servire per il viaggio verso l'Oltretomba, i faraoni le adornavano con simboli adeguati, il-lustrazioni di alcune fasi del viaggio, e in molti casi coprivano addirittura le pareti con citazioni tratte dal Libro dei Morti. Anche da questo punto di vista le tre piramidi di Giza, già uniche per tipo di costruzione, dimensioni e incredibile durata nel tempo, si distinguono dalle altre per il fatto di non avere al loro in-terno alcuna iscrizione o decorazione. Sono strutture enormi, tutte d'un pezzo, che si innalzano dal terreno come due punti di riferimento al servizio non degli uomini, ma di coloro «che dal Cielo scesero in Terra». A nostro avviso fu dapprima costruita la terza piramide, come una sorta di modello in scala rispetto alle altre due. Poi, in osse-quio alla costante preferenza per punti di riferimento «doppi», vennero erette le due piramidi più grandi. In realtà la seconda è un po' più piccolo della prima, quella nota come Grande Piramide, ma a una prima occhiata sembrano tutte e due della stessa al-tezza: questo perché la seconda è costruita su una specie di piat-taforma sopraelevata rispetto al terreno, che la fa sembrare alta quanto l'altra. A parte le sue dimensioni, la Grande Piramide è unica anche per il fatto che, oltre al passaggio discendente che si trova in tut-te le altre piramidi, possiede anche un passaggio ascendente, un corridoio, due camere superiori e una serie di comparti più stretti .



La camera superiore si raggiungeva passando attraverso una complessa galleria e un'anticamera che veniva forse chiusa con una corda. Questa camera conteneva - e tuttora contiene - uno strano blocco di pietra cavo internamente, la cui forma presuppone un alto livello di tecnologia, e che risuonava come una campanella; al di sopra della camera vi è poi una serie di spazi stretti e irregolari, che offrono una grande risonanza. A che cosa serviva tutto ciò? Abbiamo riscontrato diverse analogie tra queste caratteristiche peculiari della Grande Piramide e Fanti-diluviano E.KUR ("casa che è come una montagna") di Enlil, il suo ziggurat a Nippur. Come la Grande Piramide, anch'esso si innalzava a dominare la piana circostante. Prima del Diluvio l'Ekur di Nippur conteneva il DUR.AN.KI ~ "legame Cielo-Terra" - e serviva anche come Cen-tro di controllo della missione, con le sue Tavole dei Destini, cioè le tavole con i dati orbitali. Al suo interno si trovava anche il DIR.GA, una misteriosa "camera oscura", la cui "luminosità" guidava la navetta spaziale durante l'atterraggio a Sippar. Tutto questo, però - i tanti misteri e funzioni dell'Ekur di cui si parla nel racconto di Zu - era prima del Diluvio. Quando la Mesopotamia tornò a popolarsi e Nippur fu ricostruita, la dimo-ra di Enlil e Ninlil era divenuta un grosso tempio circondato da cortili, con cancelli attraverso cui i fedeli potevano entrare. Non era più, dunque, un territorio proibito: tutte le funzioni legate al-lo spazio si erano infatti spostate altrove, come pure il porto spa-ziale stesso. Come nuovo, misterioso, e ugualmente grandioso Ekur, i testi sumerici parlano di una «casa che è come una montagna» in un luogo lontano, sotto l'egida di Ninharsag e non di Enlil. Così, l'epopea di un antico re sumerico post-diluviano di nome Etana, che fu portato in cielo, verso la dimora celeste degli Anunnaki, af-ferma che la sua ascesa cominciò non lontano dal nuovo Ekur, nel «luogo delle aquile» - non lontano, cioè, dal porto spaziale. Un accadico "Libro di Giobbe" intitolato Ludlul Bel Nimeqi ("Rendo gloria al Signore del profondo") parla delT«irresistibile demone che è uscito dall'Ekur» in una terra «al di là dell'oriz-zonte, nel Mondo Inferiore [Africa]».Questo apparente riferimento a un.Ekur lontano da Sumer ha lasciato decisamente perplessi gli studiosi che non riconoscono l'immensa antichità delle piramidi di Giza. In effetti, se si seguo-no le interpretazioni tradizionali dei testi mesopotamici, nessuno in Mesopotamia ha mai saputo dell'esistenza delle piramidi egi-zie. Nessuno dei re mesopotamici che invasero l'Egitto, nessuno dei mercanti che commerciarono con esso, nessuno dei legati che vi si recarono in visita - non uno di loro notò mai questi colossali monumenti... Possiamo ritenere credibile una cosa del genere? La nostra risposta è che i monumenti di Giza erano noti a Sumer e Akkad. Che la Grande Piramide era l'Ekur post-diluviano, del quale i testi mesopotamici parlano diffusamente.
E che antichi disegni mesopotamici raffigurano le piramidi sia durante la loro costruzione sia dopo che furono completate! In alcuni tra i più antichi reperti iconografici sumerici troviamo invece strutture completamente diverse dai consueti Ziggurat mesopotamici: alcune hanno una base quadrata e lati triangolari, che formano una piramide a lati lisci:

altre raffigurazioni mostrano una piramide finita con il simbolo del serpente che è un chiaro indizio di localizzazione legato al territorio di Enki :

Un'altra ancora raffigura la piramide munita di ali, a indicare la sua funzione legata allo spazio :


Questo soggetto si ritrova su diversi reperti e, oltre alla pira mide, mostra una serie di altri e interessanti particolari: una Sfinge accovacciata rivolta verso il Lago delle Canne; un'altra Sfinge posta dall'altra parte del Lago, che sembra così confermare gli accenni, contenuti nei testi egizi, a una se conda Sfinge, che dove va trovarsi di fronte al l'altra nella penisola del Sinai. Sia la pirami de sia la Sfinge più vi cina a essa sono vicine a un fiume, e in effetti il complesso di Giza si trova proprio
vicino al Nilo. Oltre a questo, vi è poi uno specchio d'acqua sul quale navigano dèi ornati di corna, che sembrano essere proprio quegli dèi che, secondo gli Egizi, erano arrivati da sud, attraverso il Mar Rosso. Le sorprendenti analogie tra questa raffigurazione sumerica arcaica e quella egizia arcaica sembrano davvero indicare che sia in Egitto sia a Sumer si conoscevano bene le piramidi e la Sfinge.
Persino in un particolare di poco conto, come l'inclinazione precisa della Grande Piramide - 52° - la raffigurazione sumerica pare molto accurata. A questo punto, la conclusione possibile è una sola: la Grande Piramide era ben conosciuta in Mesopotamia, non foss'altro perché era stata costruita da quegli stessi Anunnaki che avevano costruito l'Ekur originale a Nippur; e per questo anch'essa era chiamata E.KUR - "casa che è come una montagna". Come il suo predecessore, la Grande Piramide di Giza fu costruita con misteriose camere oscure ed equipaggiata con strumenti che servivano a guidare la navetta spaziale fino al porto spaziale post-diluviale nel Sinai. E per assicurarne la neutralità, la piramide fu posta sotto la supervisione di Ninharsag. Con il passare del tempo le piramidi di Giza furono incluse nella mappa di atterraggio,del nuovo porto spaziale, che aveva le cime dell'Ararat come punto focale e Gerusalemme come Centro di controllo della missione, e che guidava i veicoli spaziali fino al porto spaziale situato nella penisola del Sinai.


All'inizio, però, le piramidi dovevano servire come segnali guida,grazie solo alla loro posizione, alla forma e al modo in cui erano schierate una dopo l'altra. Come già abbiamo visto, nel loro nucleo più interno tutte le piramidi avevano la forma di piramidi a gradini - simili agli ziggurat della Mesopotamia; ma quando "gli dèi che venivano dal cielo" sperimentarono a Giza il loro modello in scala (la Terza Piramide), forse trovarono che il profilo dello ziggurat e l'ombra che esso formava sul terreno accidentato e sulle irregolari dune sabbiose era troppo confusa e imprecisa per servire come affidabile Indicatore di traiettoria.Rivestendo il nucleo a gradini in modo da ottenere una "vera"
piramide e usando del calcare bianco, che riflette bene la luce,per la copertura esterna, essi ottennero un perfetto gioco di luci e ombre, che dava un orientamento preciso.Nel 1882, mentre osservava le piramidi di Giza dal finestrino del treno, Robert Ballard si rese conto che era possibile determinare
la posizione in cui uno si trovava e la sua direzione di marcia semplicemente osservando come mutava, durante il percorso,l'allineamento tra le piramidi. Egli approfondi tale osservazione nel suo libro The Solution of thè Pyramids Problem, dimostrando anche che le piramidi erano allineate una dopo l'altra come semplici triangoli rettangoli pitagorici, i cui lati erano proporzionati fra loro nella
successione 3 : 4 : 5.



Gli esperti hanno anche osservato che l'ombra formata dalle piramidi poteva servire come un'enorme meridiana,e che la direzione e la lunghezza delle ombre indicavano sia il periodo dell'anno sia l'ora.Ancora più importante, tuttavia, era il modo in cui i profili e le ombre delle piramidi apparivano a chi le osservasse dal cielo.Come si vede da questa fotografia aerea, la forma reale delle piramidi produce delle ombre simili a frecce, che possono servire come infallibili indicatori di direzione.

 

Via via che si scopre lo stupefacente reticolato di cime naturali e artificiali che formano la mappa di atterraggio e la rete di comunicazione degli Anunnaki, viene spontaneo chiedersi se davvero esse servirono da segnali-guida solo per la loro altezza e per la loro forma; non può essere che fossero equipaggiati anche di un qualche strumento di guida?
Quando vennero scoperte le due coppie di piccole gallerie che provenivano dalle camere della Grande Piramide, si pensò che fossero servite per calare il cibo ai servi del faraone che si credeva fossero stati murati vivi nella sua tomba. Quando il gruppo di Vyse aprì la galleria settentrionale che portava alla "Camera del Re" essa si riempì subito di aria fredda e da allora le gallerie si chiamano "sfiatatoi". Ma ciò, stranamente, fu messo in dubbio da ragguardevoli studiosi in un'autorevole pubblicazione accademica {Mitteilungen des Instituts fur Orientforschung der Deutschen Akademie der Wissenschaften zu Berlin). Anche se gli ambienti accademici si sono dimostrati riluttanti ad abbandonare la teoria secondo la quale le piramidi erano delle tombe, nel Bollettino del 1964 Virginia Trimble e Alexander Badawy conclusero che gli "sfiatatoi" avevano una funzione astronomica, dal momento che erano «senza alcun dubbio inclinati fino a 1° verso le stelle circumpolari».Anche se non dubitiamo che la direzione e l'inclinazione dei condotti devono essere stati premeditati, rimaniamo però turbati dalla scoperta che una volta che l'aria era rifluita nella
"Camera del Re", all'interno della camera stessa la temperatura rimaneva costantemente sui 68° Fahrenheit, qualunque situazione meteorologica vi fosse all'esterno. Tutte queste scoperte sembrano confermare le conclusioni di E.F. Jomard (uno degli scienziati di Napoleone) il quale ipotizzò che la "Camera del Re" e il suo "sarcofago" non fossero in realtà concepiti come una sepoltura, ma come una sorta di laboratorio dove venivano messi a punto modelli standard di peso e di misura, quelli che ancora oggi hanno bisogno di stare in un ambiente a tasso stabile di temperatura e di umidità. E se, invece che di unità di misura terrestri, si fosse trattato di raffinati strumenti di navigazione spaziale, di quelli che, nel 1824, Jomard non poteva certo immaginare? Nel considerare la funzione della complessa sovrastruttura formata dalle cinque, basse camere sopra la "Camera del Re", molti credono che essa servisse a diminuire la pressione della camera.Questo risultato, però, è stato ottenuto nella "Camera della Regina"con una massa rocciosa anche più grossa posta sopra di essa, e senza una serie simile di "camere di alleggerimento".
Quando Vyse e i suoi uomini si trovarono nelle stanze, scoprirono con meraviglia che potevano udire distintamente ogni paroladetta in altre parti della piramide. Quando Flinders Petrie
(The Pyramids and thè Temple of Gizeh) esaminò con grande attenzione la " Camera del Re"
e la "cassa" di pietra che si trovava lì dentro, trovò che tutte e due erano state costruite come perfetti triangoli pitagorici. Egli calcolò che per ricavare da un blocco di pietra il sarcofago ci voleva una sega con lame di quasi tre metri e con denti a punta di diamante. Anche per formare l'incavo ci volevano dei trapani con la punta di diamante, applicati con una forza pari a due tonnellate. Come poteva essere stato fatto tutto questo? E soprattutto, a che scopo? Alzò la cassa per vedere se nascondesse una qualche apertura, ma non ce n'erano; se la si colpiva, essa emetteva un suono sordo, simile a quello di una campana, che risuonava per tutta la piramide - una caratteristica, questa, che era stata già notata da ricercatori precedenti. Ma allora, la "Camera del Re" e il suo "sarcofago" dovevano forse servire per emettere dei suoni o per diffonderli?
Anche ai giorni nostri, la strumentazione che guida i piloti durante l'attcrraggio negli aeroporti emette dei segnali elettronici che gli strumenti dell'apparecchio in avvicinamento traducono
in un ronzio se la rotta è quella giusta, o in un segnale di allarme se vi è un errore di direzione. Siamo certi, dunque, che, non appena fu possibile dopo il Diluvio, gli Anunnaki portarono sullaTerra una nuova strumentazione adatta a questo tipo di segnalazioni.

La grande Piramide viene svuotata delle sue attrezzatureI visitatori che oggi entrano nella Grande Piramide trovano passaggi e camere vuote, nicchie e angoli apparentemente senza scopo, tutto il complesso interno della costruzione sembra davvero non avere alcun significato. E così è, in effetti, fin da quando i primi uomini entrarono nella piramide. Ma non era così quando vi entrò Ninurta - attorno all'8670 a.C., secondo i nostri calcoli. Egli entrò dunque «in quel luogo radiante», come si legge nei testi sumerici, e ciò che fece dopo esservi entrato non solo cambiò la Grande Piramide dentro e fuori, ma modificò anche il corso degli avvenimenti umani.
Prima di entrare per la prima volta nella «Casa che è come una montagna», Ninurta si sarà chiesto che cosa mai avrebbe trovato all'interno: concepita da Enki/Ptah, progettata da Ra/Marduk, costruita da Geb, attrezzata da Thoth, difesa da Nergal, quali misteri poteva mai racchiudere questa struttura?
Misteri relativi alla guida nello spazio? Segreti atti a renderla una fortezza inespugnabile?
Nella liscia e apparentemente solida faccia nord della piramide, un anello girevole di pietra segnava l'ingresso, protetto da massicci blocchi di pietra posti in diagonale, proprio come soste-neva il testo in lode di Ninharsag. Un passaggio in discesa conduceva alle camere più basse, dove Ninurta vide un fossato che coloro che difendevano là piramide avevano scavato alla ricerca di acqua sotterranea.
Il suo interesse, però, si concentrò sui passaggi e sulle camere settentrionali; qui si trovavano le «pietre» magiche: minerali e cri-stalli, alcuni di origine terrestre, altri provenienti dal cielo, altri ancora mai visti prima. Essi emettevano una scia pulsante che fungeva da guida per gli astronauti e radiazioni che servivano per la difesa della struttura. Scortato da un esperto di minerali, Ninurta ispezionò la serie di «pietre» e di strumenti, fermandosi davanti a ognuno di essi e decretandone il «destino»: essere schiacciato e distrutto, essere messo da parte per riserva o essere utilizzato come strumento da qualche altra parte. Conosciamo questi «destini» e l'ordine in cui Ninurta aveva esaminato le pietre, dal testo inscritto sulle tavole 10-13 del poema epico Lugal-e.È proprio cercando di seguire e di interpretare nel modo giusto questo testo che si può arrivare a comprendere la misteriosa funzione di molti aspetti della struttura interna della piramide.
cosa poteva mai racchiudere questa struttura? Misteri relativi alla guida nello spazio? Segreti atti a renderla una fortezza inespugnabile? Nella liscia e apparentemente solida faccia nord della piramide, un anello girevole di pietra segnava l'ingresso, protetto da massicci blocchi di pietra posti in diagonale, proprio come sosteneva il testo in lode di Ninharsag. Un passaggio in discesa conduceva alle camere più basse, dove Ninurta vide un fossato che coloro che difendevano là piramide avevano scavato alla ricerca di acqua sotterranea.
Il suo interesse, però, si concentrò sui passaggi e sulle camere settentrionali; qui si trovavano le «pietre» magiche: minerali e cristalli, alcuni di origine terrestre, altri provenienti dal cielo, altri ancora mai visti prima. Essi emettevano una scia pulsante che fungeva da guida per gli astronauti e radiazioni che servivano per la difesa della struttura. Scortato da un esperto di minerali, Ninurta ispezionò la serie di «pietre» e di strumenti, fermandosi davanti a ognuno di essi e decretandone il «destino»: essere schiacciato e distrutto, essere messo da parte per riserva o essere utilizzato come strumento da qualche altra parte. Conosciamo questi «destini» e l'ordine in cui Ninurta aveva esaminato le pietre, dal testo inscritto sulle tavole 10-13 del poema epico Lugal-e.
È proprio cercando di seguire e di interpretare nel modo giusto questo testo che si può arrivare a comprendere la misteriosa funzione di molti aspetti della struttura interna della piramide.
Risalendo il passaggio ascendente, Ninurta arrivò al suo punto di congiunzione con l'imponente Grande Galleria e con un passaggio orizzontale. Egli seguì anzitutto il passaggio orizzontale e giunse a una grande camera, quella chiamata «vulva» nel poema di Ninharsag, perfettamente allineata all'asse est-ovest della pira-mide. Qui, in una nicchia della parete orientale, vi era una pietra che gettava «un'emissione che è come un leone che nessuno osa attaccare».


Era questa la Pietra SHAM ("del destino"), cuore pulsante della piramide, che emetteva una radiazione di color rosso che Ninurta riusciva a vedere nell'oscurità. Egli la riconobbe subito: era la pietra da cui, durante la battaglia, mentre egli era in volo nell'aria, erano partiti raggi che avevano cercato di catturarlo e di ucciderlo. Perciò egli ordinò che fosse portata via e completa-mente distrutta.Tornando al punto di congiunzione tra i passaggi, Ninurta si guardò attorno nella
Grande Galleria. Per quanto tutta la piramide fosse complessa ed elaborata, questa galleria era davvero particolare, talmente grandiosa da togliere il respiro. Al confronto con gli altri passaggi bassi e stretti, essa era molto alta (circa otto metri e mezzo) e fatta a piani sovrapposti, con le pareti che, a ogni piano, si facevano sempre più strette. Anche il soffitto era formato da segmenti diversi in pendenza, posti in modo tale che ciascuno si inseriva nella parete senza far pressione sul segmento sottostante. E se negli stretti passaggi non si vedeva che «una leggera luce verde», la Galleria
risplendeva invece di luci multicolori - «la sua volta è come un arcobaleno, l'oscurità finisce qui». A emettere questa luce multicolore erano ventisette paia di diversi cristalli in pietra che erano disposti a una certa distanza per tutta la lunghezza di ciascun lato della Galleria. Le pietre luminose si
trovavano all'interno di cavità intagliate con la massima precisione nelle pareti della Galleria, che erano inclinate rispetto al pavimento. Le nicchie, tagliate esattamente a misura, tenevano ferme le singole pietre dì cristallo, ciascuna delle quali emetteva una radiazione diversa, in modo da provocare, tutte insieme, un «effetto arco-baleno». Sul momento Ninurta passò noncurante davanti a esse, mentre saliva: la sua massima e immediata priorità era la Grande Camera superiore e la sua pietra pulsante.


Al di sopra della Grande Galleria, Ninurta arrivò a un grande piano dal quale si accedeva a un passaggio piuttosto basso verso un'anticamera dalla struttura particolare. Qui tre saracinesche, inserendosi in apposite scanalature delle pareti e del pavimento, chiudevano ermeticamente l'accesso alla Grande Camera: «al nemico non è aperto; soltanto a Coloro Che Vivono, a questi è aperto». Spingendo, però, certe corde, le saracinesche si alzarono, e Ninurta vi passò attraverso.
Egli si trovava ora nella camera più riservata («sacra»), dalla quale si diffondeva quella famosa «rete» (un radar?) che serviva a «sorvegliare Cielo e Terra». Il sofisticato meccanismo era rac-chiuso in una sorta di scatola di pietra tagliata a misura; posto esattamente lungo l'asse nord-sud della piramide, esso reagiva al-le vibrazioni con una risonanza simile a quella di una campana.
Il cuore del sistema era costituito dalla pietra GUG ("che de-termina la direzione"); le sue emissioni, amplificate da una serie di cinque strutture internamente cave, giungevano all'esterno attraverso due canali incrinati che arrivavano ai lati nord e sud del-la piramide. Ninurta ordinò che questa pietra fosse distrutta: «Quindi in quel giorno, Ninurta, colui che determina il fato, prese la pietra Gug dalla sua nicchia e la ruppe in mille pezzi». Poi, per assicurarsi che nessuno avrebbe mai più potuto tentare di restaurare la funzione propria della piramide, quella cioè di «de-terminare la direzione», Ninurta decise anche di togliere le tre saracinesche, i cui nomi erano SU ("verticale"), KA.SHUR.RA ("Maestosa, pura che si apre") e SAG.KAL ("pietra vigorosa che sta di fronte"). «Facendo appello a tutta la sua forza», le staccò personalmente dagli stipiti, tagliò le corde e le fece cadere pesan-temente a terra. Venne poi il turno delle pietre minerali e dei cristalli posti so-pra le rampe della Grande Galleria: Ninurta le passò in rassegna una per una decretando il loro destino. Le fratture presenti sulle tavolette d'argilla ci impediscono di conoscere tutti i ventisette loro nomi: un buon numero di essi, però, - per la precisione ventidue - si è preservato. Ninurta ordinò di schiacciare o polverizzare parecchie di esse; altre, che potevano essere utili nel nuovo Centro di controllo della missione, vennero date a Shamash; e il resto fu portato in Mesopotamia, per essere esposto nel tempio di Ninurta, a Nippur, e anche altrove come prova della grande vittoria degli dèi di Enlil su quelli di Enki .Tutto questo, dichiarò Ninurta, egli lo fece non soltanto per sé, ma anche per le generazioni future: «Che i miei discendenti non abbiano paura di te - la Grande Piramide; che abbiano finalmente la pace». Vi era infine l'ultima pietra, quella posta sulla cima della pira-mide, la pietra UL ("alta come il cielo"): «Possa la progenie della madre non vederla più», egli ordinò. E, mentre la pietra si schiantava al suolo, «che tutti si allontanino», gridò. Ed ecco, le «pietre», quelle su cui Ninurta aveva lanciato un anatema, non esistevano più. Compiuta l'impresa, i compagni di Ninurta lo esortarono ad andarsene da quel luogo di guerra e a tornarsene a casa. AN DIM DIM.MA, «Tu sei come Anu», gli cantarono; «Rallegrati di essere entrato nella casa radiante dove comincia la misurazione delle corde, nella Casa della terra che sei venuto a conoscere». Ora, però, torna alla tua dimora, dove tua moglie e tuo figlio ti attendono: «Nella città che ami, nella dimora di Nippur, possa il tuo cuore riposarsi ... possa finalmente trovare la pace». La seconda guerra della piramide era dunque finita; ma il ricordo di essa, con la sua ferocia e le sue gesta eroiche, e con la vittoria finale di Ninurta presso le piramidi di Giza, visse an-cora a lungo, tramandato da epopee e canzoni, oltre che dall'iconografia. Un sigillo cilindrico, per esempio, mostra l'Uccello Divino di Ninurta incorniciato dalla ghirlanda

alza in volo trionfante sopra le due grandi piramidi . E così la Grande Piramide, del tutto vuota e priva della sua pietra apicale, se ne sta là ancora oggi, muta testimone della sconfitta dei suoi difensori.