Sentirsi italiano è razzismo?

L'interrogazione sembra banale, anche perché sentirsi italiano almeno sino ad oggi non costituisce ancora reato. Ma esaltare pubblicamente e con orgoglio la nostra comunità inizia a diventare una pratica quantomeno sospetta.


Il termine "Patria", ad esempio, è consigliabile soltanto in alcune ricorrenze e può essere utilizzato senza rischi esclusivamente dal personale di vertice delle nostre istituzioni.

La Patria, la terra dei padri (dal latino), rappresenta infatti un concetto di nazione, territorio, popolo, lingua, storia, cultura e tradizione comune che inquieta non poco i promotori della "massa indistinta, globalizzata".

Fuori dalle rituali celebrazioni di Stato, non esistono zone franche dove poter rivendicare la propria italianità senza correre il rischio di passare, se va bene, per nazionalista, altrimenti, per nostalgico e reazionario, od addirittura per razzista!

Oggi sembra quasi che non si possa più appartenere ad un popolo. Per i benpensanti "cannibali" e detrattori di qualsivoglia riconosciuta realtà identitaria, non vi sono dubbi, non c'è bisogno neanche dell'ausilio del "VAR", ... appartenere orgogliosamente ad una comunità è già una prima forma di razzismo!

Sostenere che la storia del mondo sia null'altro che la storia delle sue comunità, vale a poco. I nuovi persecutori della tradizione non conoscono ragioni. Sentenziano! La Patria? Una terra qualunque! Un padre ed una madre? Due persone qualunque!

Il tricolore poi, è concesso di esibirlo senza ingiuria soltanto in occasione di eventi sportivi, ma si raccomanda sempre la parsimonia.

Per una parte del Paese l'italiano ha il privilegio di esistere soltanto dinanzi al fisco, al cospetto di altri che possono "sbattersene" impunemente.

L'italiano quindi, esisterebbe dinanzi alla legge, che soltanto per Lui non ammette ignoranza, ma se osa pretendere che anche altri rispettino le regole, unica garanzia di civiltà, per i soliti benpensanti nostrani è già un volgare razzista.

Per i medesimi benpensanti il senso di appartenenza ed il rispetto delle regole: discriminano, alzano barriere, chiudono le porte all'integrazione, esaltano la razza, e sopratutto rappresentano un insormontabile ostacolo alla costituzione di una "moltitudine indistinta, globalizzata", omogenea, insapore, incolore che vive per consumare e per consumarsi senza lasciare traccia di se.

Per gli artefici del futuro "omologato", senza radici e senza memoria, il semplice dissentire, in quanto diversità di opinioni (libertà), e' già razzismo.

La diversità invece colora il mondo e lo rende meravigliosamente umano.

La scoperta scientifica che nasce dall'esigenza di una comunità diventa patrimonio del pianeta.

Altro che razzismo!

Il vero razzista è colui che non rispetta, o tenta di oscurare la cultura, la tradizione e soprattutto la MEMORIA di un popolo.

Quel popolo che gli ipocriti pongono sempre al vertice di una democrazia, ma al quale poi, non riconoscono neanche un'identità ...

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Prima di essere cattolico, prima di appartenere all'Unione Europea, prima ancora di tutto ... mi sento, con orgoglio, cittadino italiano, rispettoso di ogni nobilissima diversità.

E dichiaro, senza abiura, dinanzi all'inquisizione razziale: "che agli italiani ed all'Italia sono straordinariamente legato da un sentimento che sento addirittura travolgente in terra straniera, dove quando incontro un connazionale lo sento "fratello", figlio della mia ... nostra meravigliosa comunità".

Con l'Italia nel cuore ... Un caro saluto a tutti da Enrico Michetti.
http://altrarealta.blogspot.it/

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