ALLE SPALLE DELLE PERSONE SANE...


Un metodo tipico degli inventori di malattie è quello di au- mentare il numero dei casi per i quali un farmaco può essere prescritto a un paziente. Così negli Stati Uniti, ad esempio, è stato autorizzato l'uso del Provigil, una pillola per il tratta- mento di una malattia rara, la narcolessia, caratterizzata da improvvise crisi di sonno. Per allargare la cerchia dei consu- matori, la casa produttrice Cephalon cerca di scoprire quadri clinici che si adattino al farmaco. La ditta ha sponsorizzato uno studio da cui risulta che la pillola contro la sonnolenza da essa prodotta ha effetti benefici sui bambini irrequieti. Inoltre, dopo aver controllato le condizioni di salute di diversi turni- sti, sostiene di aver scoperto una nuova malattia, 1'«insonnia del turno di notte».
«È facile inventare nuove malattie e nuove terapie», nota il «British Medicai Journal». «Molti normali processi della vi- ta come la nascita, l'invecchiamento, la sessualità, il sentirsi infelici e la morte possono essere medicalizzati»3.
L'aumento delle diagnosi nei paesi industrializzati ha as- sunto dimensioni grottesche. I medici dicono di aver indivi- duato nell'Homo sapiens l'esistenza di circa 40.000 differenti malattie, sindromi e disturbi.
Per ogni malattia c'è una pillola, e sempre più spesso per ogni nuova pillola c'è anche una nuova malattia. In inglese questo fenomeno ha già il suo nome: disease mongering, fare affari con le malattie.
Gli inventori di malattie guadagnano denaro alle spalle di persone sane alle quali fanno credere di essere malate. Anche voi che state leggendo queste pagine non vi sentite qualche volta stanchi, svogliati o di cattivo umore? Non vi capita di non riuscire a concentrarvi? O di sentirvi timidi?




Sfogliando giornali e riviste avrete certo scoperto, con un    
po' d'inquietudine, tutta una serie di malattie che potrebbe- ro colpire anche voi: che si tratti di ipertensione, di fobia nei confronti degli altri, di jet lag, di dipendenza da Internet, di colesterolemia elevata, di depressione larvata, di eccedenza di peso, di menopausa, di fibromialgia, di colon irritabile o di disfunzioni dell'erezione, vi sono associazioni mediche specializzate, gruppi di pazienti e case farmaceutiche che valendosi di campagne pubblicitarie martellanti richiamano l'attenzione dell'opinione pubblica su disturbi che vengono presentati come gravi e che sono curati troppo poco.
Nel 1998 ha fatto per la prima volta la sua comparsa la sindrome di Sissi in un'inserzione pubblicata dalla multina- zionale farmaceutica Smith Kline Beecham (che nel frattem- po è diventata Glaxo Smith Kline). Secondo l'azienda i pa- zienti che soffrono di tale sindrome sono depressi e in certi casi devono essere curati con psicofarmaci. Essi tuttavia con il loro modo di presentarsi particolarmente brioso e ottimi- stico dissimulerebbero lo stato di prostrazione patologico da cui sono affetti. La sindrome deriverebbe il suo nome da quello dell'imperatrice Elisabetta («Sissi»), visto che lei personificava quel tipo di paziente come un archetipo. Da allora il termine ha conquistato i media ed è stato reso popolare da alcuni psichiatri: pare che in Germania vi siano tre milioni di persone che soffrono della sindrome di Sissi.
Nel maggio del 2003, alcuni professori del policlinico uni- versitario di Mùnster hanno scoperto che la malattia non era altro che un'invenzione dell'industria. L'analisi da essi com- piuta sulla scorta della letteratura specializzata ha dimostra- to che il quadro clinico relativo a quella malattia non poteva essere provato scientificamente. È risultato invece che la costante presenza sui media della sindrome di Sissi 


(va segnalato al riguardo un lavoro divulgativo molto reclamizzato sull'argomento) andava fatta risalire alla Wedopress, un ufficio di pubbliche relazioni di Oberursel incaricato dalla Glaxo Smith Kline di far conoscere al pubblico la nuova ma- lattia. La stessa Wedopress si vanta di aver «fatto un gran cancan per presentare la sindrome di Sissi sui media come una "nuova" depressione».




«È da furbi, ma anche piuttosto meschino, convincere le persone di essere affette da una malattia di cui neppure sospettavano l'esistenza», commenta Jacques Leibowitch, me- dico dell'ospedale Raymond Poincaré, situato nei dintorni di Parigi5.
Gli inventori di malattie traggono grande vantaggio dal fatto che in realtà dispongono del monopolio delle infor- mazioni nel campo dell'educazione sanitaria. Un collabora- tore dell'agenzia di pubbliche relazioni Ogilvy Healthcare di Düsseldorf, ritiene che «una quantità che va dal 70 all'80%» di tutti gli articoli e studi pubblicati sui media riguardanti argomenti di medicina, debba essere fatto risalire a pubbliche relazioni finalizzate. A volte coloro che orientano l'opinione pubblica si avvalgono per le loro campagne dell'appoggio dichiarato di «partner» quali giornali e canali televisivi. Il più delle volte però agiscono nell'om- bra. Il secondo capitolo di questo volume spiega come certe campagne di disease-awareness lungamente studiate consentano l'introduzione, nella vita di tutti i giorni, di determinati quadri clinici, e insinuino quindi nella gente la paura di specifiche malattie. 
tratto da Gli inventori di malattie Di Jorg Blech








Gli inventori delle malattie
Gli inventori delle malattie
Come ci hanno convinti di essere malati
Jorg Blech

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